Carlo ed Enrico Vanzina, figli di Steno e protagonisti del cinema italiano degli ultimi 40 anni, fanno a Viva l'Italia, format in diretta web dell'Agi, un confronto tra il Paese raccontato dal padre e quello dei loro film. Poi avanzano (motivandolo) un paragone tra Totò e il re del box office italiano, Checco Zalone. "Papà ha inventato l'Italia di Totò - spiega Enrico -. Ma esiste ancora: se vai negli uffici, nei treni, in vacanza, c'è sempre quella stessa Italia, quella del 'non sa chi sono iò, del posto fisso". Non a caso, gli fa eco il fratello Carlo, "il più grande successo italiano di tutti i tempi, 'Quo vado?', parla del mito del posto fisso. Inoltre il protagonista è Checco Zalone e lui è il Totò di oggi. Gliel'ho detto dal primo film - spiega il regista - ha quella forza comunicativa che va dal bambino fino alla nonna, aggrega tutti. Parla di cose semplici e l'italiano ci si riconosce. è quasi liberatorio".
Totò,Celentano e Zalone sono 'i re degli ignoranti'
Enrico Vanzina fa poi un'analisi storica creando una sorta di filo rosso che unisce più generazioni di attori: "Se guardiamo dal dopoguerra ad oggi, ci sono tre personaggi molto diversi tra loro che però hanno avuto i maggiori successi del cinema: Totò, Adriano Celentano e Checco Zalone. Non si assomigliano - racconta Carlo - ma hanno in comune il fatto di essere i 're degli ignorantì. Gli ignoranti mettono a nudo le contraddizioni e le ingiustizie del mondo che li circonda e questo, evidentemente, piace moltissimo al cinema".
Enrico: "La commedia non morirà, ma mancano nuovi registi"
La commedia non morirà mai, parola di Enrico Vanzina. Lo sceneggiatore interviene sulla infinita polemica legata alla crisi del genere cinematografico che ha fatto la fortuna del nostro Paese e di cui il padre (Steno) è stato uno dei massimi esponenti. "La commedia non morirà mai perchè l'unico momento in cui ci riappropriamo della nostra identità nazionale è quando si parla e si ride con la nostra lingua - spiega -. Stiamo in un cinema globalizzato ed è difficile competere con un film di genere come può essere un film d'amore o un poliziesco. La commedia, invece, è l'unico momento in cui tutti si sentono di nuovo italiani. Il problema - aggiunge - è che adesso tutti i registi fanno le commedie, anche chi per anni ha fatto altri generi di film, per cui oggi c'è una confusione terribile: di vere commedie ce ne sono poche".
Perché si parla di crisi della commedia, dunque? Secondo Enrico Vanzina il motivo è che "nel corso degli anni sono arrivate delle generazioni che hanno portato uno sguardo sulla società più giovane, con degli attori più giovani che raccontavano il Paese. Oggi, forse per un pregiudizio o perché è stato detto, male, che bisognava fare i film per i festival, la commedia è stata considerata un genere minore. E così - conclude - oggi ci troviamo a non avere alcun giovane che ci racconta l'Italia. Non c'è un nuovo Verdone, un nuovo Nuti, un nuovo Troisi, il nuovo Moretti. E questo è un problema".
In tanti anni da protagonisti, i fratelli Vanzina hanno un rimpianto? Se il regista Carlo parla di un David di Donatello che "non ce l'hanno ancora dato anche se ogni tanto ci promettono quello alla carriera", Enrico fa nomi e cognomi: Paolo Genovese. "Siamo stati molto fortunati e nel cinema abbiamo avuto addirittura tre vite, quindi di invidie non ce ne sono per niente - spiega - ma una cosa mi dispiace di non averla inventata io ed è il soggetto di 'Perfetti sconosciutì, perchè quello è veramente un grande film e una grande commedia. Paolo (Genovese, ndr) è stato molto bravo e gliel'ho sempre detto: quando ti capita una cosa così, ti cambia la vita".
Carlo Vanzina, "sindaco Raggi? Non ha fatto nulla"
"Virginia Raggi non mi è simpatica, innanzitutto perché non è venuta alla mostra (di Steno alla Galleria Nazionale d'Arte moderna, ndr) di un grande romano che ha fatto 'Un americano a Roma'. Già questo dovrebbe bastare". Carlo Vanzina, rispondendo a una domanda del direttore dell'Agi, Riccardo Luna, sul sindaco della Capitale, non fa il diplomatico. Dopo la battuta iniziale, il regista aggiunge: "L'invito ovviamente vale ancora, ma tanto lei si defila come ha fatto con Malagò senza farsi trovare - aggiunge ricordando il mancato incontro tra la prima cittadina e il presidente del Coni per parlare della candidatura della città alle Olimpiadi del 2024 -. Ovviamente se facesse bene mi starebbe molto simpatica, ma visto che non fa nulla. In questo momento non sta facendo nulla... Speriamo che mi smentisca coi fatti".
Più diplomatico Enrico che, dopo un "no comment" iniziale, spiega che "fare il sindaco a Roma è molto difficile e lei ha tutte le attenuanti del caso: si trova in un momento in cui l'Italia va malissimo e Roma, anche per colpa dei sindaci precedenti, sta messa molto male". Poi aggiunge: "Forse dovrebbe essere un pò più simpatica con noi romani che amiamo molto la nostra città".
"Far giocare Totti 4 minuti è umiliante"
I fratelli Vanzina in diretta web a Viva lì'Italia tirano fuori anche la loro fede calcistica giallorossa e il loro amore per Francesco Totti ("non si discute neppure un secondo", dice Enrico). Il numero 10 della Roma, che quest'anno ha 40 anni e sembra avviato verso l'addio al calcio, a giudizio dei 'tifosi' Vanzina è maltrattato dall'allenatore. "Non lo fanno giocare o lo fanno giocare per pochissimi minuti - spiega Carlo Vanzina - ed è umiliante: farlo scendere in campo per 4 minuti con l'Atalanta è quasi un'umiliazione che gli dai e in questo non capisco Spalletti... a un campione come lui". Sull'eventualità di un ritiro a fine stagione, il regista parla col cuore: "Secondo me nelle gambe ancora almeno un quarto d'ora decisivo da giocare in alcune partire ce l'ha e un altro anno lo potrebbe fare".
Il fratello Enrico ritiene invece che Totti possa giocare ai suoi livelli anche per un tempo superiore, ma "sul suo futuro decide lui perché nessuno meglio d Francesco Totti conosce Francesco Totti, sa i suoi limiti e le sue potenzialità. E' il mio idolo assoluto - aggiunge - e lo amerò per tutta la vita". Sull'eventualità che il Capitano possa approdare al cinema dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Carlo Vanzina è scettico: "Ha un senso dell'umorismo quasi involontario e a Sanremo è stato strepitoso - spiega - ma fare l'attore è un'altra cosa e non credo neppure che a lui interessi".