Nessuna sigla sindacale dei taxi ha risposto all'invito di "apertura al dialogo" da parte di Uber Italia. L'incontro è stato disertato. Mentre davanti al centro congressi di via Frentani c'erano una trentina di tassisti che aspettavano l'eventuale arrivo di sindacalisti "per chiedergli cosa hanno da dire ad Uber", il top manager della multinazionale era in attesa. Ha aspettato un'ora prima di dare l'ufficialità del "non avvenuto incontro". "Speravo che qualcuno scegliesse di venire per provare ad aprire un dialogo", ha spiegato il general manager di Uber Italia Carlo Tursi, "volevamo ascoltare in modo più diretto le loro istanze, idee e preoccupazioni. Restiamo comunque aperti al dialogo e speriamo che ci siano altre occasioni".
Una settimana fa Tursi ha inviato una mail "a oltre venti sigle sindacali dei tassisti per invitarli all'incontro - racconta il numero uno di Uber Italia - ma non ho ricevuto alcuna risposta. Se non indiretta, e negativa, tramite mezzi stampa. Ed è un peccato perché eravamo pronti a un confronto civile e onesto, e lo siamo ancora. Aspettiamo fiduciosi la prossima occasione".
Dieci giorni fa l'Antitrust ha chiesto una riforma complessiva del settore della mobilità non di linea, regolato da una legge "ormai vecchia di 25 anni" (legge n.21 del 15 gennaio 1962). E per questo ha inviato al Parlamento e al Governo una segnalazione in cui in sostanza si chiede di equiparare taxi e Ncc, e di dare una regolamentazione minima anche a Uber. Che martedì andrà al Mit con una "proposta concreta", due giorni prima dello sciopero nazionale di 14 ore proclamato dalla maggioranza delle sigle sindacali dei taxi, che avrà presumibilmente una massiccia adesione
"Alcuni spunti interessanti già tracciati dall'Antitrust, nella visione di una mobilità che possa andare ad allargare l'offerta e i servizi per i consumatori". Una visione "frutto dell'esperienza internazionale di Uber che opera in 500 città del mondo - tra cui Milano e Roma - e in 70 Paesi", ha spiegato Tursi a Vista
L'obiettivo è quello di migliorare la mobilità non solo nelle grandi città, ma anche a beneficio dei piccoli centri, che attualmente sono poco serviti o serviti male. Gli italiani sono un popolo di viaggiatori - osserva - e quando girano il mondo sono abituati a servizi che offrono tante opzioni. Le forme di mobilità abilitate dalle nuove tecnologie sono tante e continueranno a crescere. Il mercato va in questa direzione".
Tursi cita poi uno studio dell'università di Oxford sulla mobilità a New York che "mostra come alla fine il giro d'affari del settore taxi con l'arrivo di Uber sia rimasto immutato. A cambiare nel complesso - dice Tursi - è stato il numero di clienti e di autisti indipendenti. Con benefici per gli utenti e per i lavoratori". Certo in Italia c'è il problema delle licenze, che secondo il top manager "non è un problema irrisolvibile". E spiega: "Si può pensare a dei meccanismi-ponte che prevedano forme di compensazione economica. Delle misure di transizione che vadano a ricompensare i tassisti delle perdite subite. In alcune città del mondo ha funzionato - conclude - ed è un modello ripetibile".
Agenzia Vista/Alexander Jakhnagiev - Agi