AGI - Inutile girarci intorno: fra Carlos Alcaraz e Lorenzo Musetti attualmente ci sono molte categorie di differenza. Il problema è che ci sono anche con qualunque altro giocatore che oggi batta i campi del circuito. Tanto che la vera domanda non è se il murciano vincerà a Parigi: la sensazione è che solo un Djokovic in formato extra lusso, cioè una versione analoga e forse superiore a quella della seconda parte dell'anno scorso, avrà qualche possibilità di arginarne lo strapotere.
La vera domanda è quanti Slam Alcaraz vincerà, e quanto ci metterà a far apparire obsoleti i pareri di chi riteneva che i 22 titoli major di Nadal e Djokovic avrebbero rappresentato un limite irraggiungibile forse fino alla fine del secolo.
Musetti oggi ha messo in campo tantissimo, con ampi sprazzi del suo talento. Ma una partita si gioca in due e contro il mostruoso Alcaraz più di questo (appena sette game in tre set, vinti dallo spagnolo 6/3-6/2-6/2) non si poteva fare. Nessuno ci sarebbe riuscito: tanto per dirne una, sui dropshot perfetti di Musetti, Alcaraz arrivava senza neanche sforzarsi troppo, piazzando in tranquillità dei vincenti sulla riga di fondo.
I punti forti dello spagnolo, per quanto questa espressione sia imprecisa perché comporterebbe l'esistenza di punti deboli, stanno nella parte bassa del corpo, in quella centrale e soprattutto in quella superiore, cioè nella testa. Le gambe di Carlos sono esplosive e in grado di mantenere questa esplosività fino alla fine dei match. I suoi tempi di reazione sullo scatto sono degni di un centometrista.
Braccia e soprattutto mani rendono omaggio alla tradizione più antica del tennis: Alcaraz padroneggia i colpi di tocco e a volo come un tennista educato a giocare da quando questo sport ha visto la luce e fino all'avvento dei combattenti da fondo campo. E una tenuta psicologica perfino spaventevole gli permette di non valutare mai come concluso ogni singolo scambio, di optare per scelte rischiose (il serve&volley, addirittura) magari in circostanze di punteggio complicate.
In più non ha ancora smarrito la dimensione del gioco e del divertimento. Ha detto a fine match: "Quando sono in campo cerco di conquistare tutti i punti ma anche di divertire e dare soddisfazione a chi mi sta guardando". E si vede: è come se Carlos avvertisse dentro di sé la responsabilità di tenere fede all'alto livello di spettacolo che ormai gli appassionati si aspettano da lui: e non vuole deludere le aspettative.
Lorenzo Musetti può guardare al futuro con immutata fiducia: semplicemente ciò che lui sa fare in questo momento non è sufficiente per battere il n. 1 al mondo. E visto che Musetti sa fare in campo molte più cose del 99 per cento dei suoi colleghi tennisti questo dà la dimensione di quale sia la scala di valori nel tennis contemporaneo.
Nessun essere umano è sempre al meglio: ci saranno giorni in cui Alcaraz avrà mal di pancia, un pensiero negativo oppure penserà ad altro: saranno quelli i giorni in cui tutti gli altri potranno provare a batterlo nei tornei dello Slam (tranne Wimbledon dove quest'anno si applicherà a conoscere meglio lo strano mondo dell'erba). Forse solo quelli. Se ne accorgerà il vincitore dell'ottavo di finale fra Tsitsipas e Ofner che dovrà affrontarlo nei quarti.