AGI - Circa un quarto d’ora dopo il successo del ventiduenne Felix Auger Aliassime a Malaga, vittoria che ha portato il Canada a vincere per la prima volta nella storia la Coppa Davis un suo coetaneo connazionale, Alphonso Davies, stava ascoltando l’inno nazionale a Doha, in Qatar.
Schierato in campo al fianco dei suoi compagni, pronto a iniziare il match contro la Croazia, finalista sconfitta dalla Francia nell’ultimo Mondiale.
Felix ha 22 anni ed è figlio di un padre togolese che scappò dall’Africa nel ’96 per accasarsi nel Quebec. Quattro anni dopo i genitori di Alphonso, Debeah e Victoria, fuggirono dalla Liberia dove era in corso una guerra civile: non il posto migliore dove far nascere e crescere un bambino.
Il paese che aveva dato i natali a George Weah, pochi mesi prima nominato miglior giocatore africano di sempre, riforniva di armi la Sierra Leone in cambio di diamanti clandestini estratti dalle miniere da bambini-soldato. Debeah e Victoria riuscirono a raggiungere il campo profughi di Buduburam, vicino ad Accra, in Ghana. Lì nacque il giovane Alphonso e ci restò per cinque anni. Da lì ha tratto quei valori che lo hanno portato ieri a segnare il primo gol canadese della storia in un Mondiale di calcio.
Dopo varie vicissitudini la famiglia Davis ha poi messo radici a Edmonton nello stato dell’Alberta dove la gente si entusiasma soprattutto per l’hockey ghiaccio.
Ma il soccer trovava sempre più spazio e il governo locale decise di istituire un fondo per la diffusione di questo sport nelle scuole. Un progetto cui il giovane Alphonso, in possesso di una fisicità impressionante, potè partecipare perché l’accesso era gratuito.
Se così non fosse stato il Bayern Monaco non avrebbe potuto mettere sotto contratto un ragazzo che avrebbe vinto quattro titoli della Bundesliga, una Champions, un titolo mondiale per Club, una Supercoppa europea e due coppe di Germania.
E non ci sarebbe stato un ragazzo capace di segnare un gol alla Croazia dopo un minuto di gioco, giusto quindici minuti dopo che un altro ragazzo figlio di un immigrato e di una canadese aveva consegnato al Paese della foglia d’acero la prima coppa Davis (una vocale in meno rispetto a Davies) della sua storia. Ma soprattutto non ci sarebbe stato un giovane calciatore capace di twittare così prima dell’inizio del Mondiale: “Un ragazzo nato in un campo profughi non poteva pensare di farcela: invece eccoci, siamo ai Mondiali. Non permettere a nessuno di dire che i tuoi sogni non realizzabili: continua a sognare. E continua e costruire”.