AGI - In certi momenti, avrebbe detto il compianto Pierangelo Bertoli, si deve solo applaudire. Davanti a ciò che Jannik Sinner e Carlos Alacaraz hanno messo in mostra nel quarto di finale di Flushing Meadows non si può fare altro.
Se lo spagnolo ha vinto è stato per aver meglio gestito alcuni momenti singoli del match: del resto quando si gioca al meglio dei cinque set è questo ciò che succede. Ma Sinner, che abbina i quarti a New York a quelli di Wimbledon, esce dal confronto con una consapevolezza se vogliamo nuova e definitivamente priva di dubbi: il futuro prossimo sarà suo.
Dopo una partita epica e più di 5 ore di gioco, Carlos Alcaraz è in semifinale agli US Open. Un applauso infinito al nostro Jannik Sinner, davvero immenso #Alcaraz | #Sinner | #USOpen | #EurosportTENNIS pic.twitter.com/tpsrIcUY3Q
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“Tutto si è giocato su alcuni punti chiave: alcuni li ha vinti lui e altri io. Nel quinto set sono stato in vantaggio di un break è vero: ma non sono riuscito a trovare il modo di chiudere la partita. Questa, nella mia graduatoria delle sconfitte pesanti, sta piuttosto in alto…sarà dura da mandare giù. Ma poi mi lascerò da parte la delusione e ripartirò da tutte le indicazioni positive che questo match mi ha dato”. Così Jannik ha commentato il suo match storico, facendo capire che sa benissimo di poter vincere titoli dello Slam e che il confronto con Carlos sarà “IL” duello che terrà banco nei prossimi anni, ricevendo l’eredità di Tilden-Budge, Borg-McEnroe, Agassi-Sampras. Federer-Nadal.
The point of the tournament brought to you by @carlosalcaraz pic.twitter.com/ylewLwrqxu
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Detto questo ci si deve porre la domanda delle cento racchette e provare a dare una risposta. Dove deve migliorare Jannik per non perdere partite come quella di NY e diventare lui il numero uno del mondo? Sempre in atteggiamento di ossequio per quanto ha fatto sull’Arthur Ashe, proviamo a dare una risposta.
Tenuta mentale
Quando si va a servire per il match e si perde il servizio sparando fuori un rovescio nemmeno complicato dopo aver tenuto in campo a velocità siderale qualunque tipo di pallina che Alcaraz gli avesse offerto fino ad allora significa che Jannik deve ancora interiorizzare del tutto i mefistofelici segreti dei tornei dello Slam. Dove la perfidia è che quel singolo colpo pesa e conta più (e come tale va giocato nel cervello) di un tie-break come quello del terzo set in cui Sinner ha giocato ad un livello talmente debordante da apparire di un’epoca in cui l’intero tennis deve ancora entrare. Tempo e lavoro (il coach Darren Cahill serve proprio a questo: lui che ha dovuto lavorare sulla sua di mente per uscire dalla depressione) daranno a breve i risultati voluti.
Seconda di servizio
Da quando, prima di Wimbledon, è iniziato il sodalizio del coaching Cahill-Vagnozzi, Jannik ha modificato la meccanica del suo servizio. Ora utilizza di più il polso grazie ad un’impugnatura più “larga” e prendendo l’energia necessaria a colpire la palla molto in basso per accentuare l’effetto frusta. Sulla prima palla l’effetto è visibile: Jannik serve più forte e con maggior costanza. Sulla seconda, meno: in alcune occasioni si libera della palla come volesse iniziare subito lo scambio invece di pensare che quella seconda può rivelarsi un’arma. Dovrà comprendere che quella palla “po’ esse piuma o po’ esse fero” come avrebbe detto Mario Brega nei panni del camionista in “Bianco Rosso e Verdone”.
Programmazione
Guardando alla prossima stagione Jannik dovrà pensare a se stesso come un super top player. E pensare all’intera annata di conseguenza. Contano gli Slam, le Finals e in subordine i tornei 1000. Tutto il resto sta o dovrà stare sotto. Il ragazzo prodigio che gioca per conquistare punti e visibilità è definitivamente passato agli archivi.
Sportsmanship as impressive as the match that preceded it. pic.twitter.com/qDczONaUc4
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Gioco a rete
Djokovic a tutt’oggi gioca a rete meno bene di quanto è arrivato a fare Jannik dopo pochi mesi di cura Cahill. Quel terreno continua a essere per lui un’area minata dove si avventura con sprezzo del pericolo ma i cambiamenti rispetto ad un anno fa sono sensibili. La percentuale di errori è calata e di molto. Se proprio si vuole cercate il pelo nell’uovo allora si dica che Jannik potrà lavorare sui colpi a volo di approccio in modo da mettersi in condizione di giocare volèe decisive più comode. Pratica che in tre Slam su quattro potrebbe essergli molto utile.
Il ventunenne Jannik che da lunedì dovrebbe salire all’undicesimo posto del ranking mondiale è vicinissimo a raggiungere questa sapienza. E, come ogni Jedi che si rispetti, utilizzerà la immeritatissima sconfitta di New York per compiere l’ultimo passo verso il trono del mondo.