AGI - Chissà cosa avrebbe risposto Nick Kyrgios. Probabilmente il campione australiano avrebbe suggerito alla donna che ha urlato “Fai schifo!” alla Osaka durante il secondo game del primo set, di guardarsi allo specchio. Nel migliore dei casi. Uno che invece, se colto nella giornata sbagliata, avrebbe anche potuto chiedere alla signora in questione di scendere in campo per un confronto a quattr’occhi è il francese Benoit Paire non certo un campione di equilibrio psicologico.
Naomi Osaka invece, a Indian Wells, quando ha sentito che l’apprezzamento assai poco nobile era rivolto a lei e non alla sua avversaria, la russa Kudermetova, si è sciolta come neve al sole. Ha perso il primo set a zero e i fantasmi che popolano il suo profondo e che già l’anno scorso l’avevano portata a crollare a Roland Garros, prima con l’ammissione di non riuscire a reggere la tensione del confronto con i giornalisti, poi con la confessione di essere vittima di una sindrome depressiva e la conseguente sospensione dell’attività, si sono ripresentati, per niente indeboliti.
Una campionessa come lei non merita questo trattamento #Osaka | #IndianWells | #EurosportTENNIShttps://t.co/Cst2b4rlUb
— Eurosport IT (@Eurosport_IT) March 13, 2022
Dopo aver chiesto all’arbitro, al cambio di campo sul 3-0, di prendere il microfono e fare una dichiarazione pubblica (permesso non concesso) Naomi ha faticato trattenere le lacrime mentre giocava. Prima di lasciarle uscire, liberatorie, a fine match. E’ chiaro che i problemi di rapporto con sé stessa e con coloro i quali la guardano e la giudicano emersi l’anno scorso sono stati solo tamponati, non scomparsi. È forse la prima volta nella storia del tennis che una fragilità interiore viene offerta al pubblico più volte e in modo così evidente.
A proposito di lacrime vengono sempre in mente quelle di Jana Novotna che dopo aver perso la finale di Wimbledon, nel ’93 scoppiò in un pianto disperato sulla spalla comprensiva della Duchessa di Kent; ma in quel caso (e in altri analoghi ma senza nobildonna a fare da nonna amorevole) si trattava di una delusione derivante dal risultato sportivo. Naomi sembra invece vittima di una personalità non del tutto strutturata, certo non in grado di reggere senza scossoni, ora che è scivolata al numero 78 del ranking mondiale, il ruolo di ex giocatrice di tennis più forte del pianeta che punta a riprendersi il trono.
Nel dopomatch la giapponese americanizzata ha rivelato di aver ripensato agli insulti che il pubblico di Indian Wells (California del deserto, certo più vicina all’ex governatore Schwarzenegger che non a Joni Mitchell o altri musicisti della West Coast anni ’70) riservò in modo assai più pesante alla sorelle Williams nel 2001, quando fu annunciato pochi minuti prima dell’inizio della semifinale fra le due sorelle che la partita non sarebbe giocata causa forfait di Venus. La quale, per la cronaca si era davvero infortunata al ginocchio durante il quarto contro la Davenport. I presenti, privati dello show, ritennero che il forfait fosse frutto di un accordo fra le sisters: fischiarono e insultarono con espressioni razziste Richard e Venus in tribuna. Le due sorelle tornarono a giocare a Indian Wells solo 15 anni dopo.
La fragilità della Osaka è un dato di cui avere il massimo rispetto, anche se c’è stato chi ha osservato che il suo comportamento è stato eccessivamente egoriferito rispetto al momento storico attuale: aveva contro una giocatrice russa, tra l’altro. E di certo Naomi non è donna impermeabile rispetto al mondo reale, non tennistico, in cui vive, come ha dimostrato peraltro col suo esplicito appoggio al movimento Black Lives Matter.
Ma nessuno può capire cosa si agita davvero nell’animo umano, specie in quello di interpreti di uno sport, il tennis, che ormai porta all’estremo lo sforzo da esprimere nel raggiungimento di un risultato. E non si tratta certo di un caso isolato: nella stessa giornata di ieri la giovane Amanda Anisimova, già semifinalista a Roland Garros due anni fa e abbandonata in tronco l’altro ieri dal suo (ex) nuovo coach Darren Cahill dopo una sola settimana di lavoro, ha giocato due set contro Leyla Fernandez. Dopo aver vinto il primo set e mancato quattro matchpoint nel secondo, Amanda ha preso cappello e se ne è andata negli spogliatoi, rinunciando al terzo set, senza nemmeno attendere il supervisor o l’intervento dello staff medico. Adducendo come motivo un malessere improvviso.
Se pensiamo pure ad un top player maschio come Alex Zverev che si è beccato due mesi di squalifica (con sospensione) per aver preso a racchettate il seggiolone dell’arbitro con l’arbitro seduto sopra, non sarà che il tennis è sull’orlo di una crisi di nervi?