“Una coppia fa goal giocando per la prima volta insieme in uno Slam! Ci siamo godute ogni momento”. Instagram festeggia un altro momento inedito, difficile da immaginare appena qualche anno fa nella storia delle libertà gay. Alison van Uytvanck e Greet Minnen sono belle, nei loro intensi sguardi d’amore, e sono bellissime nello spirito di pioniere di una tandem di atlete dichiaratamente omosessuali nel tabellone principale di Wimbledon, paladine di un coraggio che i colleghi maschi ancora non possiedono.
Le due ragazze belghe vivono da tre anni una vita di coppia anche fuori dal campo da tennis, e quindi rinnovano le sfide individuali delle campionesse Billie Jean King e Martina Navratilova nel 1981, e poi solo molto più tardi di Amelie Mauresmo nel 1999. Ridando coraggio alle tante, altre, chiacchierate, anche evidenti, colleghe dalle medesime passioni, che si sono però sempre negate la libertà di manifestarsi con un outing liberatorio.
Di più: Alison & Greet vogliono scuotere i tennisti gay uomini, fra i quali l’unico caso ufficiale è stato quello di Brian Vahaly, che comunque si è dichiarato solo nel 2017, un decennio dopo il ritiro. “Vorremmo vedere più gente venire avanti e dire: “Va bene”. Penso che la gente avrebbe più fiducia. Gli uomini l’apprezzerebbero, molti seguirebbero a ruota, e la cosa diventerebbe più facile per tutti”, ha suggerito Van Uytvanck dopo il successo di primo turno sulle inglesi Katie Swann e Freya Christie. “Ci devono essere per forza dei tennisti uomini gay tuttora in attività sul Tour. Anche se capisco che se fossi un uomo sarebbe più difficile venir fuori, per via degli stereotipi su questo tema”.
Ci vuole coraggio, ancora oggi, per fronteggiare i troppi luoghi comuni sul tema. Alison “la rossa” già l’anno scorso a Wimbledon aveva dato uno strappo all’etichetta dopo il match di singolare vinto contro l’allora campionessa uscente, Garbine Muguruza, quand’aveva festeggiando baciando sulla bocca la compagna in tribuna. E quest’anno nel tabellone di singolare dei Championship competono altre due gay dichiarate, come la svedese Johanna Larsson e l’olandese Richel Hogenkamp. “Le donne fanno coming out più facilmente degli uomini, spero che siamo da esempio, un modello da seguire in questa delicata dichiarazione, e che le cose vadano sempre meglio negli anni. Così che tutti possano parlarne liberamente”.
Vahaly aveva parlato di “omofobia molto importante nella cultura degli spogliatoi maschili”, giustificando così il suo doloroso silenzio. La Minnen mette: “Certamente non ci facciamo notare se ci troviamo in Egitto o in qualche posto così, e non camminiamo tenendoci per la mano. Ma la reazione anche degli sponsor è stato più positiva che negativa, perché rappresentiamo qualcosa di diverso”.
E sicuramente fra gli uomini il fattore-sponsor, e quindi la perdita di una importante fonte di denaro, rappresenta un freno importante per il coming out. Tanto che il sudafricano Kevin Anderson, finalista l’anno scorso a Wimbledon e vice presidente dell’Atp Tour Council, aveva espresso la speranza che il coming out di qualche collega “aprisse le porte agli altri con un gesto coraggioso”. Ammettendo però che, al momento, un atleta gay uomo “deve portare un marchio pesante”.
E così fra qualche sussurro e pesanti silenzi, i casi acclamati di tennisti gay restano unici e lontani nel tempo. Era omosessuale il tedesco Gottfried von Cramm, finalista per tre anni di fila a Wimbledon nel 1935-1937. Lo era il mitico statunitense Bill Tilden, campione di tre Wimbledon e di tre Us Open negli anni 20-30, ma anche protagonista dell’incredibile finale dei Championships 1927, persa contro Henri Cochet avanti 6-2 6-2 5-1 30-0 e servizio. Ecco, questa caratteristica di molti atleti gay di essere particolarmente sensibili e lunatici, di accusare più violentemente di altri gli alti e bassi delle emozioni, è un altro fattore che frena molto il coming out. Per evitare facili commenti su certe “particolari debolezze”.
Soltanto nel 2015, il tennista ucraino Sergiy Stakhovsky aveva dichiarato, in una intervista per il sito XSport.ua, che nella top 100 del tennis maschile non ci sono gay, al contrario di quanto secondo lui accadeva sul Wta Tour. “Almeno la metà delle giocatrici sono lesbiche. Di sicuro non manderei mia figlia a giocare a tennis“. In quattro anni le tenniste donne hanno fatto passi da gigante, lasciando indietro i colleghi uomini. Molto indietro. E hanno superato quisquilie come una sconfitta passeggera come quella di Van Uytvanck e Minnen nel secondo turno di Wimbledon contro le cinesi di Taipei, Chan-Chan. Vuoi mettere con l’ennesima vittoria che hanno colto le due ragazze belghe nella guerra per la liberazione dei gay?