John McEnroe ha cambiato pelle. Da quando non si tinge più i capelli, è diventato saggio e, da Pierino sempre dietro la lavagna, s’è seduto in cattedra. Ha messo su una scuola tennis nella sua New York e ha trovato come sponsor la banca francese BNP Paribas, a sostenere i valori che, dentro di sé, ha sempre avuto.
John avrebbe detto mai che il SuperBrat tanto odiato da Wimbledon sarebbe diventato maestro di vita e di tennis?
“Io vengo da una famiglia che mi ha dato grandi insegnamenti, fra cui anche quello di avere diversi interessi, anche nello sport. Infatti ne ho praticati tanti, dal calcio al basket, che ancora amo e seguo, prima di scegliere il tennis. Da una decina d’anni ho impiantato quest’accademia perché i giovani della mia città pratichino più discipline. Sta a noi inculcargli la voglia di continuare a giocare a tennis, e magari un giorno, chissà, un ragazzo di New York City vincerà Wimbledon, gli Us Open o magari anche il Roland Garros”.
Il tennis è sempre meno popolare negli Stati Uniti.
“Le donne hanno avuto come esempio le sorelle Williams, fra gli uomini non vinciamo uno Slam da ormai una quindicina d’anni, e perdiamo i migliori prospetti che vanno nel football e nel basket. I costi sono troppo alti, i genitori mettono troppa pressione sui figli, che non si divertono e smettono, o comunque non amano davvero quel che fanno e non si impegnano il giusto”.
Telecronista, opinionista, strano che lei non sia diventato coach.
“Chissà, un giorno, mi piacerebbe trasmettere qualcosa a un ragazzo della nuova generazione. Kyrgios mi piace, l’ho visto da vicino alla Laver Cup, anche: ha il talento, può battere chiunque, può arrivare nei “top ten”, ma non ha la continuità. Mi piacciono anche Shapovalov e Tsitsipas, che hanno un grande talento, Khachanov che picchia forte e Aliassime, che mi stupisce sempre”.
Nel suo elenco mancano i giovani americani…
“Dico due nomi: Opelka che è alto e grosso e picchia duro, ma si muove anche bene, e Tiafoe, che deve ancora evolversi”.
Potrebbero tutti imparare da Nadal, che ha l’attitudine ideale di un atleta.
“Rafa ha un mix di fisico e tecnica davvero unici, non so dove trovi tutta quell’energia, ha delle qualità eccezionali che ammiro tantissimo. Questi suoi dodici titoli al Roland Garros sono l’impresa più grande dello sport di sempre, di tutti gli sport: già vincere un paio di volte lo stesso Slam è una prestazione gigantesca, riuscirci dodici volte è semplicemente pazzesco. La sua qualità maggiore è la mentalità, alla quale devono ispirarsi le giovani generazioni. Devono lavorare sul loro tennis, ma soprattutto su questa capacità mentale di Nadal di darsi ogni volta la possibilità di vincere, quella che lui cita continuamente: la passione. Quella che gli permette di giocare con un’intensità che non avevo mai visto su un campo di tennis. Anche perché nessuno forse lavora tanto quanto lui in allenamento. E così è un grandissimo atleta, come lo era Bjorn Borg, il mio grande rivale negli anni 80”.
Anche Borg stroncava spesso gli avversari di fisico e di testa.
“Le due cose spesso vanno insieme. Per me Thiem ha perso nel primo set, quando aveva preso il break e l’ha restituito subito, quando ha avuto un’altra palla break e non l’ha trasformata e poi è stato travolto fino alla fine del set. E quindi ancora, dopo che ha fatto un altro grande sforzo per prendersi il secondo set, gli sono mancate le gambe e la fiducia. Mi spiace per lui, per due set ha tenuto botta. Così come era stato bravo a reagire dopo aver avuto il match in pugno contro Djokovic, sul 5-3 40-15 del quinto set ed aver giocato quattro dei peggiori punti mai visti”.
La colpa è di Federer, Nadal e Djokovic che sono troppo forti?
“Negli ultimi dieci anni abbiamo visto i tre più forti della storia del tennis. Dopo aver sepolto l’attuale generazione rischiano di seppellire anche la prossima. Speriamo invece che siano un punto di riferimento per i giovani, come per me è stato il mio idolo Rod Laver”.
Così, magari avremo un’altra rivalità al vertice, tipo Borg-McEnroe o Federer-Nadal.
““Fedal” è stata la più grande rivalità dello sport, con due personaggi così diversi che più diversi non si può, il bianco e il nero, addirittura uno che suda così tanto che deve cambiarsi continuamente la maglietta e l’altro che non suda mai. Roger deve ringraziare Rafa: se avesse continuare a dominare il tennis non sarebbe diventato così simpatico come da quando ha perso contro il rivale. Anche se i veri tifosi dell’uno odiano sinceramente l’altro. Noi, cinque anni fa, pensavamo che questa favola fosse finita, invece è rinata a Melbourne due anni fa, a Parigi ne abbiamo visto un’altra puntata, forse l’ultima. Chissà”.