Marco Cecchinato, come si sente l’ultimo castigatore di Novak Djokovic negli Slam?
“Vedendo quello che fatto poi, tornando la macchina da guerra di qualche anno fa, mi sento ancor più orgoglioso del risultato di Parigi. Perché ora lui è il vero numero 1 del mondo, e sapere che l’ho battuto mi dà molta fiducia per andare avanti negli allenamenti e nella stagione, all’inseguimento dei miei obiettivi. Che non dico per scaramanzia”.
Già a Parigi il Djokovic che ha battuto Cecchinato era in crescita, era molto migliore di quello d’inizio stagione.
“E questo aumenta la mia sensazione. Se riguardiamo il suo comportamento già nel secondo set, quando gli ho salvato tre set-point, e poi anche dopo il 6-1 che mi ha dato al terzo, quand’era andato avanti 5-2, prima che lo raggiungessi e lo portassi al tie-break… Non sbagliava più una palla, ogni punto era un vincente, gli ho annullato altre tre set point per evitare il quinto set… Il suo livello era molto molto alto”.
Dopo quella sconfitta contro il 72 del mondo italiano, Nole è scappato con la moglie sul Mount Saint Victoire, che ha ispirato Cezanne…
“Sì, ha letto anch’io che ha avuto bisogno di risettarsi. Mi ha molto colpito il suo comportamento, subito e anche poi. Invece di dire che aveva giocato male, ha detto pubblicamente: “Il mio avversario ha meritato, ha giocato meglio di me”. E, da quel momento, ha ricominciato ad essere la macchina da guerra che conoscevamo. E’ davvero da prendere a esempio”.
Invece Cecchinato, dopo aver vinto il torneo di Umago sull’amata terra rossa, s’è fermato.
“Cinque sconfitte al primo turno, quattro sul cemento, e anche quella sulla terra di Amburgo”.
Però non sono mai state sconfitte nette, e sono venute contro avversari spesso più forti.
“Penso di essermela sempre giocata. Con Monfils ad Amburgo, ho perso al terzo, con Tiafoe a Toronto c’è stato un tie-break, a Cincinnati con Mannarino, che sul cemento è un signor giocatore, ho giocato due tie-break e al terzo set avuto match point, con Struff a Winston Salem ho perso, ma anche lui sul cemento non è male, e con Benneteau, al suo ultimo torneo della carriera, agli Us Open, ho lottato e poi lui ha perso solo al quinto contro Struff”.
Ma che cosa le manca esattamente sul cemento, a parte la abitudine alla superficie?
”Mi manca soprattutto un po’ di fiducia, ma mi sto avvicinando, lo so, lo sento. Anche se a me piace palleggiare, trovare il mio ritmo con tanti scambi, infatti vado sempre meglio con l’andare del match, già dalla fine del primo set o all’inizio del secondo, cosa che sulla terra è abituale, mentre sul cemento gli scambi sono di meno. E c’è anche il rimbalzo diverso, più basso, rispetto alla terra”.
La vita di Marco Cecchinato è cambiata da numero 72 a 22 del mondo, entra di diritto in tutti i tornei, guadagna di più.
“Sì, lo confesso, lo stile di vita è un po’ cambiato, per via del livello economico, ma lo staff è rimasto quello, si è solo un po’ affiancato Ljubicic al mio manager. Ma le motivazioni sono sempre alte e vanno oltre l’ingresso fra i primi 20 del mondo che è molto vicino”.
Il cemento lo accompagnerà fino alla fine dell’anno e sarà peggio di quello all’aperto.
“Ormai queste superfici sono molto più vicine, non si dica più sul ghiaccio, non è più solo servizio e risposta. Poi dovremo valutare bene dove fare la preparazione invernale: la chiave di questa mia importantissima stagione è venuta proprio dal lavoro da “10” che ho fatto ad Alicante. E io anche l’anno prossimo voglio vivere un’altra grande stagione”.
Tutte le piste portano a Bordighera, dove Riccardo Piatti ha appena impiantato la sua Accademy ed accoglie alcuni dei più forti tennisti, da Djokovic a Berdych, da Dimitrov a Coric. Ljubicic, il figlioccio di Piatti, è il manager anche di Berdych e Coric, ma è pure l'allenatore di Federer, e risiede come lui a Montecarlo. Dove Cecchinato potrebbe sbarcare.