Aggiornato alle ore 17,00 del 13 luglio 2019.
Per arrivare al vertice, Simona Halep ha sacrificato molto, moltissimo, più di molti altri. Forse è l’unica che ha sacrificato addirittura parte del proprio corpo. Da promettente tennista junior, campionessa del Roland Garros under18, si è infatti sottoposta alla riduzione del seno, davvero ingombrante a17 anni, che la disturbava nella corsa e nei colpi, soprattutto nel rovescio a due mani. Portava una 34DD. “Soprattutto mi disturbava per il peso, mi ostacolava nella velocità e non mi faceva sentire a mio agio quando giocavo. Ma in realtà le mie tette non mi piacevano nemmeno nella vita di tutti i giorni. E sarei ricorsa al chirurgo anche se non fossi stata un’atleta”.
Dal 2009, una volta scesa di quantità, a una misura più confortevole, Simona ha cominciato la scalata nel tennis pro. Nel 2013, la svolta, con la conquista di sei titoli Wta e l’ingresso nelle “top 10”, quindi nel 2014 l’assalto ai tornei dello Slam, coi primi quarti agli Australian Open, la finale al Roland Garros (persa contro Sharapova) e le semifinali agli Us Open. Un paio d’anni d’assestamento al vertice, un’altra finale persa, sempre al Roland Garros nel 2017 (contro Ostapenko daun et e un break avanti…), e ancora agli Australian Open 2018 (contro Wiozniacki).
Quindi un’altra svolta con un altro intervento medico, stavolta dallo psicologo: “Pensavo troppo, mi creavo mille problemi”. E il primo trionfo nei Majors al Roland Garros dell’anno scorso (contro Stephens). Con coach, Wim Fissette, che l’applaudiva: “All’epoca non la conoscevo, ma ho visto alcune foto e penso che ha preso la decisione giusta. Notevole dimostrazione anche di personalità perché molti l’hanno riconosciuta per anni solo per quell’operazione, ma poi lei ha cominciato a vincere, ed è salita al numero 1 del mondo”.
Simona Halep al Roland Garros nel 2008 (Foto PIERRE VERDY / AFP)
Nessuno, per, avrebbe scommesso su di lei alla vigilia della finale di questo Wimbledon che sembrava già quasi nelle mani di Serena Williams, così come il titolo Slam numero 24 per eguagliare il record di Margaret Smith Court. Invece, come già contro Roberta Vinci, un’altra piccoletta terribile dal gran braccio e cervello tennistico nelle semifinali degli Us Open 2015, e poi nelle finali di Australian Open e Roland Garros 2016 e in quelle di Wimbledon e Us Open dell’anno scorso, Serena si è fatta sorprendere dalle avversarie, dai nervi, dal pronostico. Con la decisiva partecipazione di una condizione fisica mai all’altezza.
Vuoi per il supo fisico non propriamente atletico, vuoi per la difficile post-gravidanza, dopo aver dato alla luce la primogenita, sito dopo aver firmato l’ultimo Major agli Australian Open 2017.
Anche stavolta, la famosa afroamericana è partita tardissimo dai blocchi, ha reagito più d’orgoglio e di rabbia che di gambe, e soltanto quando s’è trovata 0-4 dopo appena 13 minuti, infilata dalle mille banderillas della romena. Soffriva per qualsiasi scatto, sparava solo a mille qualsiasi palla le arrivasse a tiro, cercava soluzioni immediate, ma incazzava il 6-2 in 26 minuti. E, malgrado un “Com’on” impressionante che ha urlato al cielo, ha subito e subito la velocità della sua avversaria, ha accusato il primo break del 3-2, il secondo del 5-2 e s’è arresa con un altro 6-2 dopo 56 minuti.
Contro la eccitatissima Simona, che ha commesso appena 3 errori gratuiti a fronte di 55 punti (a 29). E poi ha divertito il Centre Court con la sua passione per la duchessa di Cambridge, Kate, presente nel Royal Box, insieme alla Duchessa di Sussex: “Non sapevo che avrei avuto l’onore anche di parlare con i reali, dopo”. Ha raccontato un retroscena: “Prima del torneo avevo detto ai colleghi che l’idea di diventare socia onoraria a vita del Club sarebbe stata una motivazione in più per vivere il torneo”.
Ha ringraziato i genitori (papà Stere e mamma Stania) e il suo gruppo, compresa la manager Virginia Ruzici, ex campionessa del Roland Garros, e Ion Tiriac, ex tennista pro anche lui, oggi l’uomo più ricco di Romania: “Senza di voi non sarei quella che sono oggi”. E ha rivelato: “Avevo 0 anni quando ho promesso a mia madre che un giorno avrei vinto questo trofeo”.
Chi ha detto che i sogni non si realizzano? Dalla piccola Costanza a Parigi a Londra, la piccola Halep (1.68), veloce testa e di piedi, ce l’ha fatta.