N on è un caso che l’Assemblea della federazione mondiale del tennis si tenga negli Stati Uniti e per di più ad Orlando, la sede di Disneyword, la patria del paradiso del divertimento. E’ anche la patria del presidente della Itf, David Haggerty, che, nel settembre 2015 ha preso il posto dell’italiano Francesco Ricci Bitti mettendo al primo punto del suo programma la modifica delle regole e la tradizione del tennis. Così, d’accordo con la presidentessa della fortissima federtennis Usa, Katrina Adams, al grido di “cambiare è bello e moderno”, nel nome della tv e quindi degli inserzionisti e del dio dollaro, sta dando l’ultima spallata per sradicare, il 16 agosto, il pilastro del tennis, la Coppa Davis. Cioé la sfida mondiale per nazioni che resiste gagliardamente dal 1900 e che mister Haggerty intende modificare radicalmente dall’anno prossimo. Perciò, giovedì, chiederà ai due terzi delle 147 nazioni rappresentate di varare il famigerato Progetto ITF2024, ed è fortemente probabile che alla fine si garantirà il 66,66% dei voti degli aventi diritto, cioé 306 preferenze su 456.
I grandi del passato sono contrari
La nuova Itf se ne infischia delle opinioni della base, e anche della sdegnata protesta di tutti i grandi campioni del passato. Che, come Manuel Santana, si sono espressi dichiaratamente contro il progetto. Perché, anche se non è spinta da alcun assillo finanziario, ha in ballo un ulteriore business di 3 miliardi di dollari da spalmare nei prossimi 25 anni grazie all’accordo con Kosmos, il gruppo di investimenti legato al calciatore spagnolo Gerard Piqué. E, in cambio di questa montagna di soldi, baratta volentieri la storia del tennis, trasformando la competizione a squadre maschile più antica e prestigiosa con la promessa di spingere i migliori giocatori a parteciparvi con regolarità, grazie all’ennesimo bonus e alla lusinga di un impegno ridotto.
Il montepremi di quasi 23 milioni di euro (15,3 per le squadre e 7,6 per le federazioni) è troppo stimolante per non suggerire un compromesso al primo progetto. Che prevedeva la disputa della Coppa in un solo fine settimana, a novembre, e in sede unica, abbandonando la formula vincente di quattro week-end, spalmati su tutto l’anno e, soprattutto, nel mondo intero, offrendo anche ai più piccoli paesi di ospitare in casa le gare e di promuovere il tennis nel modo più diretto.
Torneo in due fasi
Con la nuova proposta, la Davis si terrebbe così in due fasi. Per salvare il criterio di selezione capillare e di globalità della competizione, ci sarebbe un turno preliminare con 24 squadre, a febbraio, con la formula tradizionale (incontri alternati, una volta in casa, la volta successiva in trasferta), con le nazioni vincitrici ammesse alle finali e quelle perdenti chiamate a competere nei Gruppi di zona, come adesso. Con, però, sfide di due giorni e non tre e con match al meglio dei tre e non dei cinque set. Si qualificherebbero ai quarti le vincenti dei sei gironi all’italiana più le due migliori seconde classificate (basandosi sui set e i game vinti), quelle che al 17esimo e 18esimo posto retrocederebbero direttamente nei Gruppi di Zona, mentre le 12 dal sedicesimo al quinto posto disputerebbero il turno preliminare di qualificazione l’anno successivo. Quindi, le Finali a 18 squadre vedrebbero la partecipazione delle dodici qualificate dal turno preliminare di febbraio, delle quattro semifinaliste dell’anno precedente più due selezioni invitate come wild card. Sarebbero divise in sei gironi da tre all’italiana, seguiti da quarti di finale, semifinali e finale, con due singolari e un doppio, da disputare in due giorni.
Ragioni esclusivamente economiche
La matrice strettamente finanziaria del progetto è talmente marchiana e talmente “made in Usa” che un affarista come Larry Ellison, fondatore del gruppo Oracle, si è appena impegnato ufficialmente a supportare i progetti di riforma della Davis con investimenti diretti, pur di garantirsi che, dopo le prime due edizioni della gara in Europa (probabilmente a Lille, in Francia), il suo torneo di Indian Wells diventi sede della fase finale. E, purtroppo, nazioni ospiti dei tornei dello Slam, come Inghilterra e Francia, si sono schierate a favore delle fantomatiche Finali di coppa Davis. A dispetto della lettera negativa di Tennis Europe (ex Eta), l’associazione delle 50 federazioni europee, guidata dal russo Vladimir Dmitriev. E del no ufficiale di Tennis Australia.
Tante perplessità
Le perplessità sono tante. Il dio denaro giustifica la modifica di una gara classica dello sport, che si differenzia da tutte le altre e caratterizza il tennis stesso? Con le wild card, cioé gli inviti degli organizzatori che andrebbero sicuramente a promuovere d’ufficio i campioni, non si intacca ulteriormente lo spirito dello sport nel segno del gigantismo e delle super-star a discapito dell’ideale olimpico della partecipazione, della qualificazione e anche della sorpresa che caratterizzano in particolare la Davis? Così facendo non si snaturano il valore e il carattere della competizione trasformandola da motivo di orgoglio in una gara come le altre? Con la Davis attuale non è detto che i migliori siano presenti alle finali, mentre con la proposta Itf molti sarebbero schierati d’ufficio: in quali condizioni ci arriverebbero, però, e con quale spirito dopo l’ingolfatissimo e durissimo ottobre, coi due Masters 1000 di Shanghai e Parigi-Bercy, sempre più caratterizzati dalle rinunce? Povero tennis, diventa roba da Micky Mouse…