L o skateboard è il cavallo di Troia per abbattere l’età minima di partecipazione alle Olimpiadi. Che già non esiste, perché il Comitato internazionale olimpico (Cio) non fissa limiti assoluti, ma lascia libertà di decisione alle singole federazioni. E forse invece sarebbe il caso che, finalmente, intervenisse per evitare che si rischi di andare alla deriva. Con la complicità di medici e genitori, sotto la spesso irresistibile spinta di ottenere facili guadagni.
Molti dei praticanti della tavola con le ruote non conoscono la furbata di Ulisse per espugnare l’imprendibile città sulla costa egea della Turchia: hanno genitori troppo giovani per raccontargliela, e praticano uno sport talmente nuovo e lontano dalla storia dei Giochi Olimpici da riscriverla, col loro esordio l’anno prossimo, a Tokyo.
Di più: quelli che volano, si arrampicano, cadono, si rialzano, sugli skate sono sempre più giovani. Hanno addirittura 10 anni, come la spagnola Daniela Terol. Che, sul sito web del Cio, dichiara candidamente: “Spero di partecipare all’Olimpiade in Giappone”.
Le fa eco la connazionale giapponese, Sky Brown, fiera testimone di “Skateistan”, il manifesto per rafforzare i bambini e i giovani attraverso l’educazione e lo skateboard: “Non mi farò mai intimidire dalla mia età”.
Ma come possono puntare ai Giochi bambini di addirittura 10 anni, quando alcune federazioni, come la ginnastica, sono già corse ai ripari abbassando l’età minima di partecipazione a 16 anni? (compiuti o al massimo da compiere nell’anno olimpico).
La motivazione degli skaters è quantomeno discutibile: il limite è istituito per proteggere gli atleti degli infortuni, ma se sono abbastanza abili da qualificarsi ai Giochi, sono anche in grado di gestire i rischi del loro sport, proprio come chiunque altro.
“È un mondo a parte, completamente diverso da tutti gli altri, tanto che le regole se le sono fatte proprio i ragazzi di strada. È uno sport che non è contro gli altri, ma dove ognuno va alla ricerca dei propri limiti. Noi imponiamo il casco, che qualcuno non avrebbe voluto. Ma, è vero, ci sono talenti straordinari di dieci anni che sono più bravi di atleti di venti. Io stesso che ho un’estrazione diversa mi sono dovuto ricredere, anche se capisco le perplessità della giovane età dei protagonisti e per il fatto che da così giovani già pratichino uno sport con questa intensità”, sottolinea Sabatino Aracu, il presidente della FISR, Federazione italiana degli sport rotellistici.
I pericoli ci sono eccome. Il sito web Board Blazers enuncia le prescrizioni dell’Accademia Pediatrica Americana (AAP): i bambini sotto i cinque anni non dovrebbero mai correre su uno skateboard, dai sei ai dieci, hanno bisogno di un supervisore, di un adulto o di un adolescente affidabile.
Perché, in caso di incidente, si fanno male seriamente, e più spesso alla testa, in quanto hanno un alto centro di gravità, meno sviluppo e povero e scarso senso dell’equilibrio. Per cui hanno reazioni più lente e meno coordinazione degli adulti, oltre a prendere più rischi, perché ancor incapaci di valutare esattamente il pericolo.
Ma questo non li distoglie da questo sport. Anzi. Lo ravviva, lo nutre, crea dei miti viventi. Dai record di precocità di Sky Brown e Brighton Zeuner, a quelli di di Jagger Eaton, alle istigazioni al professionismo di Tyshawn Jones: “Facevo skate a 12-13 anni nel Bronx e la mia vita è cambiata perché quando vuoi davvero qualcosa, devi esserci davvero, devi allenarti ogni giorno, devi assicurarti di essere bravo e non farlo solo per farlo, devi davvero amare quello che fai”.
Per la cronaca, il più giovane partecipante alle Olimpiadi fu il greco Dimitrios Loundras che, a 10 anni, ai primi Giochi estivi, ad Atene 1896, si aggiudicò il bronzo nella ginnastica (parallele). Ne aveva 11 l’inglese Cecilia Colledge, ottava nel pattinaggio di figure a Lake Placid 1932 (poi prese l’argento nel 1936). Ne aveva 12 il francese Alain Giletti, nel pattinaggio di figure ai Giochi del 1952.
L’Italia nel 1928 schierò tre ginnasti bambini: l’undicenne Luigina Giavotti e le dodicenni Ines Vercesi e Carla Marangoni. Così aveva appena 12 anni la danese Inge Sorensen, bronzo nei 200 rana nel 1936. Molti sono stati poi i tredicenni sul podio olimpico. Ma forse è stata la quattordicenne Dominique Moceanu a far più scalpore, nel 1966, con l’oro a squadre con la formidabile nazionale Usa di ginnastica, “le Magnifiche Sette”. Ora lo skateboard minaccia di abbattere tutti i record.