M entre il Paese dibatte furiosamente; mentre il sindaco di Milano, il governatore del Veneto e il presidente del CONI tentano di convincere la sindaca di Torino Appendino a rientrare nella candidatura a tre con Milano e Cortina che tanto piace al comitato olimpico internazionale; gli sportivi del mondo stanno a guardare. Riuscirà l’Italia a festeggiare i 70 anni dalla prima olimpiade invernale ospitata a Cortina D’Ampezzo a casa propria? Sarà il tempo, ormai non più molto, a dirlo.
C’è chi rimpiange, e probabilmente a ragione, quel tempo in cui, al contrario, la prima gara di un’Olimpiade, la vera medaglia d’oro, era aggiudicarsene l’ospitalità. La prima Olimpiade invernale italiana, per esempio - ma anche la prima tout-court nel nostro Paese - fu frutto di un lavoro immenso i cui frutti maturarono con notevole ma incolpevole ritardo.
L'occasione mancata, l'occasione ritrovata
E' il 1939 quando Cortina sbaraglia Oslo e Montreal per l’organizzazione dei giochi del 1944, ma è la guerra a far saltare tutto, così si deve ricominciare da capo. Nel ’48 si svolgono a St. Moritz: la Svizzera è rimasta fuori dal conflitto mondiale e il posto sembra a ben ragione più sicuro. Cortina ci riprova per quelle del ’52 ma fu battuta da Oslo. Nel ’49 il CIO si riunisce a Roma e, approfittando della votazione in casa, Cortina ce la fa: dodici anni dopo quei giochi saltati per la guerra si aggiudica le Olimpiadi invernali.
Ma non sarebbe mai successo senza l’impegno di una vita del conte Alberto Bonacossa, un nome che ai più non dirà niente, ma che fu uno dei più importanti atleti di discipline invernali nella storia del nostro Paese. Bonacossa proviene da una famiglia nobile milanese ed è stato tra i primi a praticare in Italia il pattinaggio artistico, disciplina in cui è stato dal 1914 al 1928 campione nazionale. Per tre anni ha detenuto anche il titolo della specialità a coppie, con la moglie Marisa, a sua volta campionessa nazionale individuale dal 1920 al 1928.
E' sempre lui, dentro il CIO dal ’25, a presentare ufficialmente davanti al consesso olimpico la candidatura di Cortina, la sua località dolomitica preferita, per organizzare i Giochi del 1944. Nel 1949 è sempre lui l’artefice del successo, ma il destino beffardo lo priva della possibilità di vedere coronati i suoi sforzi: muore il 30 gennaio del 1953, tre anni prima che i 'suoi' giochi arrivino finalmente a Cortina.
La tv fa la storia, per colpa di un cavo
Sono dei giochi invernali storici, non solo perché i primi italiani, ma anche perché i primi trasmessi dalla televisione. Televisione che chiaramente non godeva dei prodigi della tecnologia attuale, così rimane leggendaria la corsa di Guido Caroli, pattinatore scelto come ultimo tedoforo, sul ghiaccio dello stadio costruito ad hoc per quei Giochi, interrotta da una rovinosa caduta proprio a causa di un cavo che serviva alla trasmissione della cerimonia. Più tardi c’è chi dirà che quello fu il primo inchino dello sport al mondo dei media.
Sport che però, grazie alla tv, entra nelle case degli italiani due anni dopo l’esordio delle telecamere al mondiale di calcio in Svizzera. Gli atleti cominciano ad assurgere allo status di veri idoli (molti di loro, chiusi i giochi, verranno ingaggiati dal cinema) e persino i comici ne propongono le imitazioni durante gli avanspettacoli televisivi dell’epoca. La tv che muove i primi passi verso il proprio inevitabile destino.
L'incoscienza di Zeno
La nostra star più attesa è Zeno Colò, campionissimo di sci alpino, dovrebbe essere lui a pronunciare il giuramento per gli azzurri, ma viene squalificato per professionismo quando presta il suo nome per la reclame di una nota marca di scarponi e giacche da sci. La Federazione Italiana Sport Invernali lo squalifica da qualsiasi futura gara internazionale; il paese vibra di proteste per questa scelta scellerata, lui tenta invano di essere riabilitato in tempo. Col tempo la FISI si sarebbe ricreduta, ma un pelino in ritardo: quando viene revocata la squalifica è il 1989 e Colò ha 69 anni. Ma anche questo contribuisce a consegnare quelle Olimpiadi invernali alla storia, perché quel giuramento viene pronunciato dalla sciatrice Giuliana Minuzzo: la prima donna nella storia dei Giochi.
Non sono gare irripetibili per la compagine azzurra, che riesce a portare a casa appena un oro, quello nel bob a due conquistato a sorpresa da Lamberto Dalla Costa e Giacomo Luigi Conti. Un oro comunque molto importante: già prima della gara infatti si sa che nei giochi successivi, quelli di Squaw Valley in California, il bob a quattro, per ragioni prettamente economiche, sarebbe stato escluso dalla competizione.
Tutti a tifare Austria
Anche per quanto riguarda lo sci, quelli di Cortina sono giochi impossibili da dimenticare, con Zeno Colò fuori infatti, anche gli italiani prendono a tifare per Anton Engelbert Sailer, detto Toni, portabandiera austriaco, soprannominato anche "Der schwarze Blitz aus Kitz" (il lampo nero di Kitzbühel), atleta dalle doti fisiche impressionanti e che proprio a Cortina riesce nella straordinaria impresa di aggiudicarsi l’oro in tutte e tre le gare di sci alpino in un'unica rassegna olimpica: discesa libera, slalom gigante e slalom speciale. Nella storia dello sci ci riusciranno solo in due.
Leggendaria la sua vittoria nella discesa libera: la pista delle Tofane è un incubo di ghiaccio levigato con pochissima neve e spazzato dal vento. Molti atleti decidono di non provare nemmeno a scendere, solo in venti hanno il coraggio di affrontare la gara, ne arriveranno giù in piedi solo nove. Anche per questo il sesto posto di Gino Burrini viene salutato come una performance d'eccezione.
Alla fine a trionfare è l’URSS con 16 medaglie, seguita da Austria e Finlandia. I Paesi partecipanti sono stati appena 32. Per l’Italia, arrivata ottava, è comunque un trionfo che serve da apripista alla designazione dei giochi estivi di Roma del 1960, che senza quelli invernali di Cortina probabilmente non sarebbero mai arrivati.