L a musica è partita con Wagner, non Richard, il celebre musicista tedesco che volle morire a Venezia, ma Hubert, detto "il macellaio" per i suoi modi rudi. Prima bronzo, da giocatore, agli Europei del 1967 e quindi oro, da allenatore, ai mitici Mondiali del 1974 e all’Olimpiade del 1976 (sempre davanti all’odiata Urss…). Poi, mentre alcuni dei suoi assi emigravano anche nel campionato italiano, da Lasko a Skorek a Wojtowicz, la pallavolo polacca ci ha messo quarant’anni ad esaltare la sua passione e la sua storia.
Ed è cresciuta, è cresciuta, nel post-comunismo, s’è liberata dei confini, ha attinto dai tecnici stranieri, s’è arricchita ed è riesplosa, inarrestabile: seconda ai Mondiali 2006, prima agli Europei 2009, seconda alla coppa del mondo 2011, prima nella World League 2012, e quindi finalmente prima ai Mondiali 2014 e 2018. Scalzando fisicamente il Brasile, campione 2002-2006-2010, che aveva preso il posto della generazione dei fenomeni azzurri, 1990-1994-1998.
Quali sono i punti di forza della nazionale polacca?
Tutti e insieme nessuno, nel senso che il ct Vital Heynen, bronzo iridato quattro anni fa con la Germania e semifinalista col Belgio agli Europei 2017, gestisce al meglio una squadra senza punti deboli che non dipende da un solo giocatore o da una arma letale. Anzi, se è vero che l’opposto Bartosz Kurek e lo schiacciatore Michal Kubiak hanno trent’anni e magari non saranno più competitivi ai Giochi di Tokyo 2020, la Polonia ha un serbatoio di giovani che mette paura. A cominciare dall’altro “martello” Artur Szalpuk, 23enne del PGE Skra Belchatow.
“Che quand’è arrivato da noi non giocava e che io ho fatto giocare tutto l’anno, così è uscito bello pronto per i Mondiali”, rivela Andrea Anastasi, uno dei benefattori della pallavolo biancorossa. Perché, dopo quella spagnola e quella italiana, dal 2011 al 2013, ha allenato la nazionale di Varsavia portandola alla prima, storica, World League, e da cinque stagioni è alla guida della panchina di Danzica. Per soldi, certo, ma anche perché ammaliato da quel sistema: “La pallavolo è il secondo sport nazionale dopo il calcio, si gioca praticamente tutta la settimana, perché, come nella Nba le squadre si scelgono il giorno della partita in base alla convenienze locali, di sponsor e tv”.
Gli sponsor portano almeno un milione di euro per rimpinguare il budget di 3-4 milioni delle società d'eccellenza, e purtroppo Danzica l’ha appena perso e quindi ha dovuto ridimensionare le ambizioni, anche se il pienone nel palasport da 11mila spettatori è comunque assicurato. Perché esiste un forte senso d’appartenenza alla società, con tre stranieri al massimo per formazione (alcune ne hanno anche meno) e l’invito specifico dei presidenti di far giocare i giovani in prima squadra. “Io ho due campioni mondiali juniores che, ad appena 21 anni, sono già alla seconda stagione da titolari, e questo vuol dire tantissimo”, racconta sempre Anastasi. “A differenza di altri campionati dove i giovani non trovano spazio e non fanno esperienza”.
La "contaminazione" parla italiano
La “contaminazione”, come la chiama Anastasi, in Polonia, è positiva, piace, perché è regolata: "Negli ultimi dieci anni, il movimento pallavolistico polacco ha acquisito tante idee nuove dai tecnici stranieri sia in nazionale che nei club. E la perfetta organizzazione e la sintonia fra Federazione e Lega, che prendono tutte le decisioni insieme, fanno sì che tutto vada nella direzione migliore". La contaminazione parla soprattutto italiano. “L’anno scorso eravamo in sette ad allenare i sedici club polacchi, ora siamo scesi a cinque, ma siamo comunque parecchi.
Non è un problema di soldi, anche altri campionati pagano il giusto, a cominciare da quello italiano, ma in Polonia il livello di organizzazione è molto alto e aiuta a lavorare”, suggerisce Ferdi De Giorgi, che allena la Jastrzębski Węgiel ed stato un po’ il pioniere nella PlusLiga insieme ad Anastasi, segnando la strada per Piazza, Gardini, Santilli, Serniotti e Zanini. Insomma, a guardar bene, siamo stati noi a far più grande la Polonia. "In Polonia hanno un grande movimento e un bel campionato, anche se il nostro, il prossim’anno, sarà il più forte del mondo. Ma dovremo ragionare a un progetto come nella femminile per salvaguardare i giovani in chiave nazionale. Magari limitando a tre gli stranieri che possono essere in campo nello stesso momento".