È un’Italia nuova, perché firma il primo oro della storia azzurra ai Giochi Invernali nello short track e nello snowboard, due discipline giovani e frizzanti, lontane dai nostri canoni tradizionali. È un’Italia vecchia, perché lo centra con le donne - i pilastri della nostra società matriarcale - due donne giovani e forti, come Arianna Fontana e Michela Moioli. È un’Italia bella, seria, pulita, onesta, volitiva e forte, quella che emerge da PyeongChang, Corea del Sud, e ci restituisce qualche sorriso e tanto orgoglio di appartenenza. Insieme alle sei medaglie ai Giochi.
Bidibodibu, Bidibodibu
Alzi la mano chi non ha mai saltato, libero, leggero e felice, a piedi uniti sul letto dei genitori, cantando Bidibodibu. I ragazzini che saltano in cielo leggeri di peso e di pensieri sulle tavole della neve fanno lo stesso Carosello, ma lo chiamano Snowboard cross, che è meno complicato e pericoloso di Slopstyle e Half Pipe. Ed è appassionante, con quella volata insistita, giù a capofitto verso valle, fra braccia e gambe che si intrecciano in pochi centimetri, alla disperata ricerca della linea e dell’equilibrio ideali, con corpi che si contorcono e compensano situazioni impossibili, prima e dopo un salto vertiginoso ed una ricaduta ancor più azzardata. La filosofia è talmente lineare che i tecnici si sono ribellati dopo la prova maschile, con 11 infortuni su 40 concorrenti e l’austriaco Markus Schairer che è finito in ospedale per la frattura della quinta vertebra cervicale, ma non in pericolo di danni permanenti. Ed hanno ottenuto la cancellazione di alcuni salti, ma soprattutto l’ufficiale bocciatura della spettacolarizzazione voluto da mamma tv e dagli Usa.
Perché il bello di questa gara sta nei sorpassi, nei recuperi, nelle rimonte, nel ritmo velocissimo e nelle variazioni continue. Solo così brilla fulgidissimo il talento di Michela Moioli, 22enne di Alzano Lombardo che, quattro anni fa, nella finale di Giochi di Sochi si ruppe i legamenti del crociato del ginocchio sinistro e finì in lacrime, sesta, con un viaggio obbligato dal chirurgo al rientro in Italia. Stavolta, non soffre nelle qualificazioni e in tutte le fasi della gara - uno sprint dietro l’altro - non arriva alla finale con la lingua di fuori, da miracolata, non rischia, non piange di rabbia e di dolore. Anzi, si presenta all’ultimo cancelletto di partenza dopo aver evitato con perizia ed attenzione ogni contatto pericoloso, ogni gomito sporgente, ogni possibile sgambetto, e così sfrutta al meglio i salti, guadagna ogni volta quel mezzo metro in più, allunga, si stacca via via dal mucchio selvaggio e infine sfreccia nettamente prima, sotto il traguardo. Anche in finale, conquistando l’oro con 33 centesimi di vantaggio - che nello snowboard cross è visibilmente un ampio margine - sulla 16enne Julia Pereira Mabileu, il futuro, e con 44 su Eva Samkova, oro 4 anni fa.
“Noi donne abbiamo una marcia in più”
Con quattro successi stagionali in sette gare, la bergamasca è la capolista anche in coppa del Mondo e, secondo Sports Illustrated, la rivista sportiva più famosa, era anche la favorita di PyeongChang, anche in virtù della sua grinta: “Eravamo candidate in tante, ma se le mie avversarie hanno il coltello tra i denti, io ne ho due». Era favorita anche quattro anni fa, appena 17enne, dopo aver vinto la pre-olimpica: «Ma stavolta è stato diverso, quella era la mia prima Olimpiade, qui in Corea mi sono sentita subito più tranquilla, m sembrava quasi di andare incontro a una gara normale. Sì, c’era un po’ di pressione in più, ma c’era anche serenità, non tensione”. C’era consapevolezza, c’era eccitazione, c’era una grande voglia: “Dopo essermi rotta il ginocchio quattro anni fa a Sochi, ho sempre detto che questa era come una scalata di una montagna e adesso che sono in cima dico che ne è valsa la pena.
La vita insegna che quando tocchi il fondo bisogna sempre trovare forze e motivazioni per risalire. È giorni che guardo le medaglie vinte da altri atleti, e mi dico: “Ne voglio una anch’io”. Ho visto vincere Arianna Fontana: le donne sono donne, abbiamo una marcia in più. E poi mi immaginavo la gara, mi immaginavo di essere in testa, sapevo che dovevo reggere grandi impatti in ricaduta, mi sentivo pronta, anche se sicuramente qualcuno da fuori si sarà preoccupato per quanto volavo lungo. E in gara mi ripetevo: “Sei avanti, stavolta non molli, vai avanti che ce la fai…. Non dimenticherò mai quei momenti. Ora voglio la coppa del Mondo e il prossimo anno i Mondiali”. Stavolta c’è la maturità, fisica, grazie al preparatore atletico Matteo Artina (che divide con l’altra bergamasca Sofia Goggia), col quale ha risolto i problemi di peso mettendo su i muscoli per difendersi dalle “sportellate”, e mentale, come sottolinea il DT azzurro Cesare Pisoni: “E’ la più forte di testa, è unica per come surfa sulla tavola con leggerezza. Questo oro è per tutti gli snowboarder club che trovano talenti come Michi”.
Shiffrin ko: fu vero virus?
Lo slalom speciale è semplicemente la sua gara, eppure, dopo l’oro in gigante, la sensazionale Mikaela Shiffrin non sale nemmeno sul podio della gara fra i paletti stretti dove difendeva il titolo di 4 anni fa a Sochi. Prima del via l’hanno vista dare di stomaco sulla neve, dopo il quarto posto, ha rivelato alla NBC: “E’ un virus, più che i nervi”. Del resto i casi di infezione a Pyeongchang sono arrivati a 244, compresi due atleti svizzeri, i primi dei Giochi, dopo tanti volontari. “E’ stato bello batterla, per una volta, dopo che lei l’ha fatto tante volte con me”, lo spontaneo commento della medaglia d’oro, la svedese Frida Hansdotter (davanti Holdener e Gallhuber).
Mayer-Mayer, 30 anni dopo
Matthias Mayer conquista l’oro in SuperG a PyeongChang, trent’anni dopo l’argento di papà Helmut a Calgary (“Ho sempre visto la medaglia in salotto quando ero bambino, bello che adesso ho anche la mia”), aggiungendolo a quello nella libera di 4 anni fa a Sochi e cancellando la brutta caduta nello slalom di combinata (“Ho fatto un sacco di lavoro con i fisioterapisti, ho ancora un bel segno blu2), quando aveva travolto anche alcuni addetti di pista. Così l’Austria rialza un po’ la testa, interrompendo il dominio di due decenni della Norvegia. Secondo Feuz (Svi), terzo Jansrud (Nor), oro a Sochi. Paris ancora miglior azzurro: 7°.
Cologna, oro un po’ italiano…
E tre: terzo oro individuale nella 15 chilometri di fondo di Dario Cologna, dopo Vancouver 2010 e Sochi 2014 (dove ha vinto anche l’oro nella 30 km skiathlon). In 33 minuti 43.9 secondi, precede di 18.3 secondi Krueger e Spitsov. Il 32enne è nato quasi al confine fra Svizzera ed Italia, a Santa Maria Val Müstair, cantone dei Grigioni, da papà Remo, di Tubre, e mamma Christine Platzer, di Stelvio, in provincia di Bolzano. Il cognome è di origine trentina: nonno Emilio era di Castelfondo in Val di Non. All’alba del 2000, Dario avrebbe potuto gareggiare per l’Italia, ma la Federsci svizzera lo ha convinto più di quella italiana.
Viva Winnie the pooh
Primo dopo il corto, mezzo oro in tasca. Sorprende, il campione olimpico e mondiale uscente, il 23enne giapponese Yuzuru Hanyu, che chiude la prima parte della gara di singolo di pattinaggio artistico, con 111.68 punti, più di 4 sullo spagnolo Javier Fernandez, col quale curiosamente divide l’allenatore, Brian Orser, e 7 sull’altro nipponico Shoma Uno e sul cinese Jin Boyang. Perché, per una lesione ai legamenti della caviglia destra, ha saltato la preparazione alla vigilia dei Giochi, e non gareggiava da quattro, eppure ha migliorato di 10 punti rispetto a quattro anni fa (con due quadrupli e un triplo axel) e ora punta legittimamente ad emulare lo statunitense Dick Button che bissò l’oro nel 1948 e nel 1952. Fa ancor più scalpore per l’ovazione del pubblico, pieno di giapponesi, ma anche di sinceri ed appassionati amanti della disciplina. Che gli regala dagli spalti una pioggia di Winnie the Pooh, sommergendo la pista. Il Cio ha infatti vietato a Hanyu di portarsi a bordo pista il noto portafortuna (“E’ rimasto nella mia stanza al villaggio, sono sicuro che ha tifato per me”), ma i tifosi gli sono stati vicini lo stesso. Innervosendo ulteriormente il favorito alla vigilia, il 18enne Usa Nathan Chen che, costretto a ritardare l’esercizio finché non sgombrassero la pista, ha concluso la prova solo al 17° posto. Male anche l’altro statunitense, Adam Rippon, 7°, uno dei gay dichiarati dei Giochi.
“I bulli mi chiedono scusa”
Con il bronzo nelle coppie, il 33enne canadese Eric Radford è il primo gay dichiarato ad aggiudicarsi una medaglia ai Giochi invernali, dopo il coming out a Sochi 2014. “Ho ricevuto tanti messaggi veramente toccanti anche da tanti che non hanno il coraggio di dichiararsi ma che mi hanno detto di averli davvero ispirati e di averli aiutati ad accettarsi di più. Se guardo alla mia storia, quando crescevo da pattinatore sul ghiaccio nel mio piccolo paese di patiti di hockey a Balmertown, sul Lago Rosso, di appena 4100 abitanti… E’ stata dura. Non solo perché non venivo accettato dagli altri, ma perché per tanto tempo non accettavo me stesso. Ripensandoci, se avessi avuto un esempio come me, sarebbe stato più facile. Sarei voluto essere 26 anni avanti rispetto a me stesso, ma il vento è cambiato, adesso ci sono alcuni di quelli che mi hanno bullizzato che mi chiedono scusa, mi dicono che all’epoca erano giovani e stupidi. E’ una bella rivincita: in fondo non significa niente, ma è bello avere il loro rispetto, e sapere che persone con le quali sei cresciuto sono finalmente maturate e hanno imparato”. Il tuffatore Greg Louganis, 4 volte oro olimpico, ha fatto coming out solo 8 anni dopo Seul’88, il pattinatore su ghiaccio Brian Boitano, oro a Calgary '88, l’ha fatto solo a Sochi 2014. Secondo, “Outsports”, a PyeongChang ci sono 14 atleti gay dichiarati, 7 più di quattro anni fa a Sochi.
Miniera “made in Germany”
Quello in staffetta era l’oro più sicuro della Germania che domina da sempre lo slittino, ma fa comunque sensazione il terzo successo olimpico della stessa nazione in quattro prove di Pyeongchang. Dopo il singolo donne di Natalie Geisenberger e del doppio uomini di Tobias Wendl e Tobias Arlt, con sei medaglie complessive (anche un argento e due bronzi).
Pallavolo sulla neve?
La Federazione mondiale di pallavolo (FIVB) e quella europea (CEV) hanno radunato alcuni noti giocatori di beach volley a Casa Austria per una partitella sulla neve. L’esibizione dei brasiliani Emanuel e Giba, del serbo Vladimir Grbic, del cinese Chen Xue, degli austriaci Stefanie Schwaiger e Nikolas Berger, e del sudcoreano Kim Yeon-koung potrebbe preludere all’ingresso nel programma olimpico invernale.
Skeleton bollente
Impressionante oro Skeleton del beniamino di casa, il sud coreano, Yun Sungbin, 4 discese dominate, 2 record della pista, 3 minuti 20.55 secondi finali con l’enorme distacco di 1”63 sul russo Nikita Tregubov (3° Parsons). Fuori dal podio il dominatore del decennio, il lettone Martins Dukurs, che crolla come a Sochi e a Vancouver. Le donne si danno ora battaglia con la campionessa olimpica Lizzy Yarnold al rientro dopo problemi fisici vari. Ary Fontana torna nei 1500 short track con la Valpecina, mentre nei 1000 uomini Confortola cerca un po’ di gloria. Nell’hockey si rinnova il derby Usa-Russia. Occasione di riscatto nella mass start di Biathlon per Wierer e Vittozzi. SuperG donne con Goggia, Brignone, Fanchini e Bassino che puntano al podio.