L ’Italia che ci piace, l’Italia che lotta, l’Italia che sprinta e supera il traguardo olimpico, ma soprattutto dei propri limiti, un attimo prima dell’avversario. Così si rinnova il miracolo dello sport, sempre semplice e capace di unire. Così, a PyeongChang, l’Italia che lavora, quella che si allena, quella che soffre e lotta, quella che merita il rispetto degli avversari più forti, regala l’oro e, pochi minuti dopo, l’argento al medagliere azzurro ai Giochi Olimpici invernali. Così Arianna Fontana e Federico Pellegrino ci hanno fatto impazzire, migliorando nel come e nel quanto Dominik Windisch, bronzo domenica nella Sprint di biathlon.
Ary arriva fino al Paradiso
Grande, sempre più grande, sempre di più: così piccola (1.64 per 63 chili), così bionda, così azzurra, così sempre stretta fra agilissime e tenacissime saette orientali, così incredibilmente in equilibrio precario fra rettilinei lottatissimi e curve strettissime, Arianna Fontana sfreccia più veloce di tutte in una finale indimenticabile nei suoi 500 metri short track e conquista un fantastico oro, il primo personale dopo una argento e quattro bronzi, il primo dell’Italia all’Olimpiade di PyeongChang, il numero 116 degli azzurri ai Giochi invernali. La spunta la straordinaria Ary, resistendo col coltello fra i denti alla pressione delle avversarie che l’incalzano come cani da caccia all’inseguimento della volpe, sprintando e precedendo sul traguardo di appena 22 centimetri la sempre più scomposta e disperata Choi. Che, fresca di record olimpico, voleva regalare un oro alla sua Corea. Ma, nella veemenza dei suoi 19 anni, va oltre e perde anche l’argento, squalificata, lasciando il secondo posto all’olandese Yara Van Kerkhof ed il bronzo alla canadese Elise Boutin.
Per la 27enne di Sodrio, portabandiera a PyeongChang, già campionessa europea 2008, 2009, 2011, 2012, 2013 e 2017, argento 2006 e 2010, bronzo 2014, che ai Mondiali di Mosca 2015 aveva conquistato una medaglia in tutte le discipline (oro 1500, bronzo 500 e 1000 e staffetta), può aumentare la collezione di medaglie a PyeongChang. A partire dalla staffetta dopo la promozione in finale ottenuta sabato con Martina Valcepina, Lucia Peretti e Cecilia Maffei. Forte che della voglia di riscatto della Volpecina, eliminata nei quarti per 27/1000 proprio dalla Choi.
Fra gli uomini, ripescato grazie alla squalifica di Bykanov, nei 1000 metri, Yuri Confortola supera il primo turno.
Chicco è diventato grande
C’era bisogno di una "volata alla Pellegrino" per battere in volata il russo Bolshunov, ci voleva una spaccata e un arrivo al fotofinish, ci voleva una “spaccata” finale - abbinata alla spinta del bastoncino, assolutamente perfetta -, per guadagnare quei due centesimi di secondo e strappare l’argento nella Sprint a tecnica classica. Dietro l’ultimo mostro norvegese, Johannes Klaebo. E il valdostano ha piazzato la sua zampata, da campione del mondo della libera nella sprint classica, campione di tattica e di tecnica. Che, alla vigilia confidava in una “Gara dura e piena di sorprese”. Per domare Klaebo e gli altri vichinghi. Temendo però la gara individuale nel passo che predilige meno: nel segno dell’alternanza rispetto a un anno fa ai Mondiali e a 4 anni fa a Sochi. Dimentico che, “sui binari” ha pure vinto nella stagione (2016) quando è diventato il primo non scandinavo a conquistare la coppa del Mondo di specialità, e due Mondiali fa a Falun ha chiuso la volata al quinto posto. Questo argento, forse inatteso, lo carica a mille per la team sprint: “Io e Noeckler siamo vice campioni del mondo, non possiamo nasconderci. Alla staffetta ci credo anche se mancano i risultati a dimostrarlo: abbiamo un bel gruppo, compatto, l’intesa c’è, in quattro daremo più del massimo”. C’è anche l’esperienza: “Quattro anni fa non ero pronto fisicamente. Arrivai a Soichi, con 4.-5 podi, tutto era nuovo, e sentivo che se andava male potevo rifarmi in Corea. A 28 anni, ho una grande occasione e questa Olimpiade la devo sfruttare".
Chloe, generazione Instagram
Un altro millennial d’oro all’Olimpiade, ad appena 17 anni. Com’è giusto che sia nello snowboard, la specialità più giovane dello sci olimpico, la più scanzonata e casual. Dopo il record di precocità slopestyle olimpico di Red Gerard, quello halfpipe di Chloe Kim, dopo saltella e discese, salti e acrobazie per aria, su una pista quasi classica, il su e giù in una conca, con avvitamenti e contorcimenti. Ma la ragazzina dai capelli tinti di biondo ha qualcosa in più di “Red”, classico teenager Usa. La californiana di Torrance è figlia della globalizzazione ed è figlia della generazione Instagram con 200mila followers che si stanno moltiplicando di ora in ora dopo la sua gara d’oro. Nella prima run, è l'unica a superare i 90, in 93.75, e nell’ultima, quand’è è già sicura dell’oro, dà tutto lo stesso ed arriva a 98.25. Davanti alla cinese Liu Jiayu con 89.75 - prima snowboarder cinese in medaglia ai Giochi - e all’altra statunitense Arielle Gold, 85.75.
Sogno americano
Nel 1982, a 26 anni, papà Jong Jin Kim emigrò dalla Corea, sbarcò a Los Angeles con un capitale di 800 dollari e un dizionario inglese-coreano: “Era il paese dei sogni, un mondo completamente diverso. Dopo aver preso un’auto, una stecca di sigarette e una settimana in albergo, mi rimasero in tasca 100 dollari”. Ha fatto di tutto, dal lavapiatti al venditore di hamburger, da cassiere a titolare di un negozietto, da studente part time (di notte lavorava per mantenersi agli studi) a ingegnere. Ora il papà e la nonna sudcoreana di Chloe applaudono sul posto la campionessa di casa, insieme ai tanti “cuginetti” che tifano spassionatamente per lei. Nessuna sorpresa. La ragazzina terribile colorita e colorata, piena di sorrisi e di “You know”, a 4 anni già stupiva sulla prima tavola sulla neve, a 15 è diventata la più giovane di sempre ad effettuare un back-to-back 1080s, tre rotazioni complete, l’esercizio più difficile del suo sport, a 16 è stata la prima americana a vincere un oro alle Olimpiadi invernali giovanili. E ha collezionato quattro successi agli X Games.
Un gelato, due testimoni
Chloe è spontanea come una bambina-precoce: “Non sento farfalle nello stomaco prima della gara, anzi, prima di buttarmi giù, ho sempre belle sensazioni, dentro, se non ce l’ho mi preoccupo davvero. Vuol dire che ho fame, e ora ho appetito: a colazione, non ho finito tutto il panino…”. Durante la gara ha twittato che desiderava un gelato, diventando sempre più un’eroina del web, ed è stata ovviamente accontentata. Chloe è un po’ coreana e un po’ americana, ma il problema è degli altri, e sicuramente non dello show business che l’ha già sposata alla grande sul ricco mercato di tutt’e due le culture: “Corea, Stati Uniti? Non ho mai sentito il peso delle due culture, mi viene naturale, le ho dentro di me, posso rappresentare tutt’e due i paesi. Sono una ragazza americana di Los Angeles con la faccia da asiatica, i miei genitori sono coreani. Ho visitato tante volte la Corea, ma mi sento un po’ persa, parlo bene la lingua, non in pubblico, magari manco di rispetto a qualcuno con espressioni non appropriate”. Da coreana, come Kim Sun, adora i tteokbokki (pasticci di riso piccante) e, prima delle gare, si carica con la musica rap di CL, la star pop Lee Chae-rin. Da americana, Chloe Kim s’è ribellata alla durezza di papà e ai trasferimenti in auto di cinque ore e mezza da La Palma a Mammoth per l’allenamento. Spiega l’uno: “L’ho spinta un po’ troppo, vederla andare all’olimpiade in Corea era il mio sogno. Quant’abbiamo lottato a 14 anni!”. Spiega l’altra: “E’ stato un incubo, io volevo stare coi miei amici e invece avevo 65 esercizi da preparare… Mi ha convinta che adoro stupire la gente, essere al centro dell’attenzione, per farmi notare mi butterei anche da un ponte…”.
Hirschner sfata il tabù oro
Il vento non s’è fermato, ma il programma olimpico di sci alpino doveva andare avanti lo stesso. La combinata maschile che rischiava di essere cancellata, s’è disputata con folate di neve che disturbavano e minacciavano i poveri atleti. “Neve bastarda”, il commento italianissimo, dell’azzurro Christof Innerhofer (14°). Re Marcel Hirscher doveva sfatare il tabù dell’oro olimpico, dopo 120 podi in coppa del Mondo (55 vittorie), 6 coppe del Mondo generali consecutive (ed è prossimo alla settima), 6 ori mondiali e l’argento olimpico in slalom. Favorito dall’abbassamento della partenza della discesa con addolcimento del tracciato, il fenomeno austriaco ha piazzato una grande prova in gigante, beffando in 2’0652 la coppia francese Pinturault-Muffat.
Sedici anni di sogni d’oro
Anche Mikael Kingsbury doveva togliersi la scimmia dalla spalla, dopo l’amnesia di quattro anni fa a Sochi, quand’arrivò all’ultima manche con in pugno la medaglia più preziosa delle Gobbe nell’amato Freestyle, ma si dovette accontentare di un amarissimo argento, beffato dal più esperto connazionale Alexandre Bilodeau. Faceva sogni d’oro dai 9 anni, quand’aveva visto alla tv il finlandese Janne Lahtela trionfare a Salt Lake City 2002. Aveva preso un foglio di carta, ci aveva disegnato i cinque cerchi olimpici, ci aveva scritto “Vincerò”, e se l’era attaccato sul soffitto esattamente sopra il letto. Così, da allora, si è svegliato tutte le mattine con quel messaggio.
Mai sazio, mai rasserenato, malgrado 48 vittorie-record di coppa del Mondo, di cui 13 di fila, malgrado fosse arrivato a PyeongChang da indiscusso numero 1 del mondo, malgrado fosse stra-favorito per l’oro, il bel ragazzo del Quebec aveva in mente solo e soltanto la lezione di quattro anni fa, e continuava a stendersi periodicamente sul famoso lettino a parlare col preparatore mentale assoldato ad hoc. “Niente è garantito, ancor meno nello sport e nel mio sport”. Tanto lavoro, tanta attenzione, che sembrava essersi dissolte, comunque: “ero super nervoso. Avevo tanta pressione sulle spalle e sono orgoglioso di come l’ho gestita. Non ero mai stato così nervoso in tutto la mia vita ma, una volta che ho agganciato gli occhiali, mi sono concentrato solo sul lavoro da fare”. E così, quando finalmente s’è liberato dell’impegno che aveva preso con sé stesso, dopo aver colmato l’attesa che durava dall’esordio pro a 17 anni fino ai 25 di oggi, ha urlato al mondo: “Pensodi averlo fatto molto ma molto forte. Dopo aver superato il traguardo mi sono detto: “O mio Dio, penso che ce l’ho fatta”. Quell’86.63 era inarrivabile. E ho urlato e urlato”. Poi ha abbracciato i genitori che erano in lacrime anche loro: ”Ho realizzato il mio sogno, ho vissuto questo momento migliaia di volte nella mia testa ed ora finalmente è il miglior giorno della mia vita. Ho vinto tante coppe del Mondo, ma vincere questo… E’ una notte ogni quattro anni e io ce l’ho fatta. Per il resto della vita sarò campione olimpico".
Nuovo format, vecchi campioni
Il Curling è uno di quegli sport che ha sposato da PyeongChang 2018 la filosofia del Cio delle squadre miste, uomo-donna insieme. Ma non ha inventato niente di nuovo, se a vincere l'oro sono stati ancora due canadesi ben noti all’Olimpiade, Kaitlyn Laes e John Morris che hanno battuto la Svizzera anche in finale, per 10-3, dopo il 6-2 nel round robin. Morris aveva vinto l’Olimpiade di Sochi 2014. Così il Canada può puntare alo storico tris in tutte le specialità, e Kaitlyn si può sentire meno in colpa verso il fidanzato: “Prima del match contro la Finlandia il mio ragazzo, Stephan vigore è finalmente arrivato dalla Norvegia dove gioca nel campionato pro di hockey. Povero: martedì sera ha giocato, alle 2 si è mosso da Lillehammer per raggiungere l’aeroporto e prendere il volo delle 6 del mattino Oslo-Parigi, per cui praticamente non ha dormito, da Parigi ha poi raggiunto Seul, ma il volo prima ha accumulato molto ritardo e poi è stato cancellato. Così, l’hanno messo in un hotel per farlo ripartire la mattina dopo, peccato che fosse un’ora e mezza dall’aeroporto, e il volo era alle 7. Quindi, non è riuscito di nuovo a dormire granché, è arrivato a Seul dopo 11 ore di volo w poi ha preso il treno per arrivare a PyeongChang”. Un amore d’oro.
Domani, finalmente sci alpino donne?
Forse il vento dirà requie anche allo sci alpino femminile, concedendo lo slalom alle azzurre Costanza, Irene Cartoni e Moegg, ma soprattutto all’attesa star dello sci alpino, Mikaela Shiffrin, campione del mondo in slalom e 6 vittorie di fila nella specialità, favorita per 5 podi e candidata ad almeno 3 ori. Lo snowboard chiama ancora, e il mitico Shaun White, due volte olimpionico, a Torino 2006 e Vancouver 2010, cerca il riscatto dopo il quarto posto a Sochi 2014. A dispetto di infortuni a raffica, dei 31 anni e della clamorosa rinuncia agli X Games che ha vinto 8 volte-record. Nell’hockey è l’ora degli Stati Uniti, per la prima volta dal 1994 senza gli assi della Nhl. Primi fuochi di combinata nordica (salto più cross country), coi tedeschi favoriti: Johannes Rydzek, 4 ori agli ultimi Mondiali, ed Eric Frenzel, campione uscente.