AGI - Diceva Confucio che le grandi vele prendono grande vento: e dato che Jannik Sinner appartiene di sicuro alla categoria delle vele extra large era inevitabile che prima o poi finisse nella tempesta. Vivendo la prima fase di difficoltà sportiva e comunicativa da quando, nell'estate scorsa iniziò l'ascesa che lo avrebbe portato a diventare nella primavera successiva il numero 1 al mondo. In questi giorni Sinner è a Cincinnati dove il 16 agosto festeggerà il 23 compleanno.
Sta aspettando di conoscere il nome del suo avversario che uscirà dal confronto fra l'olandese Griekspoor e l'americano Alex Michelsen. Non che punti molto in alto: "Il mio corpo non è pronto come vorrei, ma non lo è soprattutto lo stato mentale - ha spiegato dopo la sconfitta con Rublev a Montreal - i miracoli non si possono fare, spero di essere pronto per Cincinnati ma penso di poterlo essere per gli Us Open, uno dei miei obiettivi stagionali".
Gli Us Open prenderanno il via il 26 agosto, tra meno di due settimane. E il punto è che fino ad oggi l'estate di Jannik è stata quella tempesta di vento che prima o poi doveva arrivare e della quale si era già avuta una corposa avvisaglia l'anno scorso; quando Jannik diede forfait poco prima della sessione di Davis a Bologna. L'accusa allora fu di scarso attaccamento alla maglia azzurra. Quelle accuse si dispersero poi nel nulla tre mesi dopo quando Sinner trascinò letteralmente l'Italia alla conquista dell'Insalatiera.
Ma l'erba cattiva è dura a morire ed ecco che quello stesso sospetto è riemerso quando il nostro ha annunciato che non avrebbe preso parte ai Giochi di Parigi perché affetto da tonsillite, e ha poi preso ulteriormente corpo quando, pochi giorni dopo, Jannik è volato in Canada per giocare a Montreal e difendere i 1000 punti conquistati l'anno scorso. Rimediando una sconfitta difficile da digerire soprattutto per quelli che hanno mal accettato che il numero 1 al mondo (in stagione è sempre arrivato ai quarti di qualunque torneo giocato, ha vinto l'Australian Open e altri 3 titoli) sia uscito da Parigi e da Wimbledon perdendo in cinque set contro Alcaraz e Medvedev.
Il suo primato mondiale ha iniziato, agli occhi di osservatori non proprio attenti, ad assumere i connotati della casualità. In più il suo fisico che ciclicamente accusa problemi e fastidi e che necessita di una cura quasi maniacale, dopo la tonsillite è calato di rendimento e a Montreal Jannik, fra un esercizio di stretching per l'anca e l'altro, ha perso proprio contro quel Rublev che in stagione (anche minato dalla depressione) aveva sì e no vinto qualche partita. E subito dopo si è assistito anche ad un cambiamento di tono, seppur lieve, nelle parole di Jannik: quando, in risposta, ad una domanda sul forfait olimpico ha risposto: "Non mi interessa tanto cosa dice la gente".
Tempo fa John McEnroe, in un'intervista, predisse che Sinner avrebbe avuto seri problemi a reggere la pressione che si stava posando sulle sue spalle dopo i suoi exploit. Di sicuro c'è che l'altoatesino ora quella pressione la avverte e il saperci fare i conti rappresenta un ulteriore step che dovrà compiere per proseguire il cammino di crescita. Chi lo gestisce ("il mio team" che cita in ogni conferenza stampa) sa bene che se in Italia la memoria dei successi dura lo spazio di un attimo, quella delle polemiche svanisce ancora prima: se Sinner a Cincinnati farà meglio che a Montreal e si presenterà allo Us Open (lo Slam che più si addice al suo gioco) con tutte le carte in regola per arrivare in fondo, la prima estate di difficoltà scomparirà nel nulla, come una palla break cancellata con un ace.