AGI - La protesta silenziosa dei giocatori titolari e delle riserve del Napoli che si sono inginocchiati prima della partita contro l'Atalanta ha rispolverato il rito del 'taking the knee' contro il razzismo. Stavolta il gesto, fatto significativamente mentre risuonava l'inno della Serie A, voleva essere di solidarietà con Juan Jesus dopo l'assoluzione di Francesco Acerbi per le presunte offese razziste che avrebbe rivolto al difensore brasiliano. Anche il pubblico dello stadio Maradona è stato coinvolto con lo speaker che ha invitato a urlare 'No al razzismo' mentre in precedenza l'attore Marco D'Amore, affiancato dal baby-attaccante azzurro del 2009 Mohamed Mane Siek, aveva letto un manifesto contro le discriminazioni avvertendo che "non è piu' tempo della noncuranza": "Napoli, fai sentire la tua voce senza paura. Diciamo no al razzismo".
L'inginocchiamento si ispira alla protesta del quarterback afroamericano dei San Francisco 49ers Colin Kaepernick che nel 2016 durante l'esecuzione dell'inno americano aveva espresso in questo modo la sua solidarietà al movimento 'Black Lives Matter', le vite nere valgono. Pochi giorni prima era morta una donna afroamericana investita da un'auto a Charlottesville mentre manifestava contro i suprematisti bianchi.
"Take a knee", ingino'cchiati, è poi diventato lo slogan per un gesto compiuto da decine di giocatori nel football americano come nella Nba. Dal 2020 l'inginocchiamento è stato adottato anche nel calcio, da giocatori di club e nazionali. In particolare l'Inghilterra lo ha trasformato in un rituale prima di ogni partita, comprese quelle dei mondiali in Qatar del 2022.
Nelle stesse ore Carlo Ancelotti è tornato sullo sfogo di Vinicius, l'attaccante brasiliano del Real Madrid preso di mira dai razzisti che si è commosso mentre denunciava le offese a cui viene regolarmente sottoposto: "È una questione molto importante per lui e dobbiamo prenderla sul serio. Non ha senso dare valore a quello che dicono gli altri di lui, parlano tanto per dare aria alla bocca".