AGI - “I fattori ambientali e la passione sono gli stessi di allora, ma rispetto ai miei tempi il Napoli è molto più abituato ad abitare le zone alte della classifica e più attrezzato per evitare certe ‘trappole’: credo proprio che questa volta ci siano tutte le condizioni per aprire un ciclo”.
Ottavio Bianchi, 79 anni, l’allenatore del primo scudetto della storia partenopea, confessa all’AGI tutta la sua gioia per il nuovo titolo azzurro (“a Napoli ho vissuto anni indimenticabili, aldilà del fatto sportivo, e sono legatissimo alla città”) e ‘scommette’ anche sul futuro prossimo del club: se nell’87 molto era legato al genio di Maradona, che due anni dopo avrebbe fruttato anche una coppa Uefa, dietro al successo di oggi c’è una società forte in tutte le sue componenti, in campo e fuori.
“Lo ammetto – dice Bianchi, nel cui palmares figurano tra le altre le panchine di Roma e Inter – la contemporanea rinuncia a giocatori come Koulibaly, Mertens e Insigne mi lasciava perplesso ma sono bastate poche giornate per capire che il ‘nuovo’ Napoli valeva anche più del vecchio. E alla fine, quello che mi ha veramente sorpreso non è stata l’affermazione in sé, quanto lo sviluppo del campionato, dominato sotto tutti i punti di vista, dall’inizio alla fine: il gioco espresso, la continuità, l’armonia, la superiorità dimostrata anche le poche volte in cui non sono arrivati punti, tutto contribuisce a fare di questa un’annata assolutamente straordinaria, segnata da una superiorità schiacciante che alla fine, paradossalmente, ha finito con l’oscurare anche le lacune di rendimento di avversari che hanno giocato un po’ al ‘ciapa no’. Ma non c’è mai stata davvero gara: una corsa di testa dal primo all’ultimo chilometro, nello stile di Eddy Merckx”.
Dopo la prima parte di stagione, molti pensavano che il dopo mondiale avrebbe potuto cambiare le carte in tavola “ma alla fine anche questa anomalia si è risolta in un vantaggio per Spalletti e i suoi: in Italia e all’estero, i club i cui giocatori sono arrivati almeno in semifinale in Qatar hanno pagato dazio accusando cali vistosi mentre il Napoli aveva solo cinque giocatori convocati, per di più in nazionali che prevedibilmente non avrebbero fatto molta strada. E Spalletti è stato bravissimo a sfruttare la lunga pausa per fare una preparazione mirata”.
La società? Il mister? I giocatori? Di chi sono i meriti più grandi? “Non c’è un migliore – risponde senza esitazioni il tecnico bresciano -, sarebbe sbagliato fare classifiche, quando si vince e si vince così il merito è di tutti, dal presidente al magazziniere. De Laurentiis e Giuntoli (l’uomo mercato, l’ingegnere” delle quattro promozioni del Carpi dalla D alla A, ndr) hanno fatto un lavoro mirabile, sostituendo quelli che sembravano giocatori insostituibili con altri noti solo agli addetti ai lavori e consegnando a Spalletti una rosa di primissimo ordine. Il resto lo ha fatto lui, un tecnico che ho sempre stimato moltissimo: mi fanno sorridere quelli che lo dipingevano come un eterno secondo. I giocatori? Bravi, alcuni bravissimi ma quello che conta è sempre il collettivo: le qualità del singolo contano ma solo se messe al servizio della squadra”.
‘Costretto’ a fare dei nomi, Bianchi spende una parola a parte per due sorprese e una conferma. “Personalmente non li conoscevo, ma Kvaratskhelia e Kim sono stati incredibili – dice l’ex centrocampista - Il georgiano ha tutto, corsa, dribbling, tiro, mentre il coreano non ha caso ha conquistato subito la simpatia e l’apprezzamento dei napoletani che hanno un debole per i giocatori estrosi, certo, ma sanno anche apprezzare il lavoro oscuro di chi si mette al servizio degli altri”.
Copertina d’obbligo per il nigeriano Osimhen: “continua a migliorarsi giorno dopo giorno: si è dimostrato capace di interpretare il ruolo in modo non statico ma moderno, senza aspettare la palla e muovendosi in tutte le zone del campo”.
In una stagione destinata a restare indimenticabile, resta la piccola macchia dell’eliminazione da parte di un’italiana in Champions “ma senza togliere meriti al Milan, che ha interpretato al meglio il doppio scontro, il Napoli è arrivato ai quarti in momento particolare, quando alcuni giocatori non erano al meglio ed altri non erano disponibili. Ma ci sarà modo di riprovarci l’anno prossimo”.