AGI - Le violenze e le minacce subite dai calciatori nella stagione 2021/2022, hanno riguardato nella maggioranza dei casi, l'85%, quelli professionistici, in particolare la Serie A che con quasi 7 casi su 10 (68%), è il campionato dove i calciatori sono finiti maggiormente nel mirino degli ultras. I calciatori più bersagliati sono stati quelli stranieri e di colore e i casi ricollegabili al razzismo risultano la netta maggioranza.
È quanto emerge dal report 'Calciatori sotto tiro dell'Associazione Italiana Calciatori presentato oggi a Roma alla presenza del ministro per lo sport Andrea Abodi, che evidenzia 121 casi in cui i calciatori sono stati fatti oggetto di offese, minacce e intimidazioni.
Nei campionati dilettantistici, il picco di violenze si registra nei campionati di Eccellenza e Terza categoria. In questi contesti, i calciatori più bersagliati sono stati quelli stranieri e di colore e i casi ricollegabili al razzismo risultano la netta maggioranza. Il presidente della FIGC Gabriele Gravina ha sottolineato che sono stati, inoltre, 151 gli arbitri aggrediti nei campi di calcio, soprattutto nei settori giovanili, e di questi 8 erano donne.
"In questa fase post pandemica le modalità di aggressione verbale sono aumentate - ha detto il presidente della FIGC Gabriele Gravina - questo richiede interventi mirati, una reazione immediata da parte del nostro mondo federale e di tutte le istituzioni. Servono sanzioni più efficaci e stringenti possibile. Non possiamo pensare solo ad una misura cautelare di qualche ora, il Daspo è efficace ma deve essere ancora più punitivo in tema di espulsione di questi soggetti dal calcio".
Dal report emerge che i calciatori sono stati presi di mira principalmente come singoli (83%).
Soprattutto dentro gli stadi (60%). Dentro gli stadi i calciatori sono stati offesi, intimiditi e minacciati ricorrendo principalmente a cori (36%) e insulti verbali (22%). I social network si confermano strumento per esercitare odio e violenza verbale e psicologica, ma anche circostanziate intimidazioni (9%). Dagli "auguri" di morte o di incurabili malattie alle minacce a famigliari. I calciatori di colore sono il primo bersaglio dei casi di razzismo (39%).
Ma anche i calciatori dei Balcani (11%) o dell'America Latina (8%). Per i calciatori italiani, spesso l'insulto è legato alla provenienza dalle regioni meridionali. Nel 64% dei casi sono i tifosi avversari a rendersi autori degli atti. Eppure in un caso su 3 sono tifosi "amici".
Se si guarda alla distribuzione geografica dei casi, la Lombardia (26%) è la Regione ed il Nord (49%) l'area geografica che risultano più a rischio. Segue la Campania con Veneto e Lazio (12%).
È una situazione preoccupante" - ha esordito il Presidente AIC Umberto Calcagno - "perchè se è vero che i dati possono essere interpretati diversamente, ma abbiamo oggi una tendenza, soprattutto sulla tipologia delle minacce, che ci deve far riflettere: sono aumentate le aggressioni verso i singoli e verso il settore professionistico apicale, e un "fuoco amico" che ha nuove modalità rispetto al passato. A volte noi calciatori per primi reputiamo normali certe dinamiche che invece normali non sono e non possono essere. Abbiamo inserito norme federali precise dando importanti segnali di sistema, ma dobbiamo fare molto di più, dobbiamo fare un salto di prospettiva: partiremo con un progetto che andrà nelle scuole cercando di trasmettere una cultura sportiva differente e riqualificare la figura del calciatore agli occhi dell'opinione pubblica".
"Quello che stiamo analizzando oggi" - ha commentato il Ministro per lo Sport Andrea Abodi - "è un grido di allarme perchè ciò che avviene oggi non crea il giusto clima per gli atleti del futuro. Raccogliamo ciò che seminiamo e in certi ambiti sportivi abbiamo atteggiamenti che hanno conseguenze gravi e denotano sempre di più una mancanza formativa di educazione. Il tema della violenza va analizzato nel presente, ma deve anche tracciare nuove traiettorie educative per il futuro. Se oggi abbiamo genitori più aggressivi dei figli sui campi di calcio dobbiamo farci delle domande. Va fatto un patto tra le istituzioni e andare tutti nella stessa direzione, andando oltre i dati e le statistiche, partendo dal vertice, e fare scelte di coerenza e di civiltà, tutti uniti, dando esempi diversi".