AGI - “Ho un bel ricordo di Fidel Castro perché incitava i cubani a fare sport e a competere nel mondo. Era un presidente sempre presente a cui piaceva moltissimo lo sport, con la sua idea di società sociale mi ha permesso di diventare un atleta di livello mondiale”. Javier Sotomayor, mito dell’atletica leggera, ricorda in un’intervista in esclusiva con l’AGI la figura di Fidel Castro.
Nella sua amata Cuba, lui è ancora oggi il ‘Re dei cieli’: la misura di 2,45 metri è ancora oggi, trent’anni dopo averla saltata, il record del mondo del salto in alto.
Era il pomeriggio del 27 luglio del 1993 quando nella città spagnola di Salamanca, ‘Soto’ valicò l’asticella posta un centimetro più alta di una porta da calcio. Un’impresa leggendaria per un atleta che ancora oggi è tanto osannato nel mondo e sull’isola caraibica.
Quel primato è il quarto più longevo tra gli uomini di una gara olimpica dell’atletica mondiale. Il fuoriclasse cubano dal 4 marzo 1989 è detentore anche del primato indoor con 2,43. Da Udine, dove è stato testimonial dell’‘Udin Jump Development’, evento di salto in alto ideato dal suo grande amico, il compianto Alessandro Talotti, Sotomayor dice, “tutti i trionfi ottenuti dagli atleti cubani sono frutto della motivazione del comandante che ha sempre avuto a cuore lo sport e gli atleti”.
Molti i momenti tra Javier e il Líder Máximo
Resterà per sempre indelebile quello dell’agosto del 1991 quando Javier venne premiato da Fidel Castro allo stadio Panamericano a L’Avana del Este sotto la gigantografia del ‘Comandante’ Che Guevara: il suo pupillo aveva vinto i Giochi Panamericani (tre successi totali in carriera). Parlando dell’Isla Grande di oggi, la leggenda del salto in alto afferma, “Cuba è rimasta sempre la stessa con le sue bellezze ma anche con i suoi grandi problemi, in particolare quelli economici”.
Sotomayor, 55 anni che vive tra Guadalajara a nord di Madrid e Cuba dove nel quartiere Miramare della capitale gestisce un locale del nome evocativo, ‘2.45’ (i numeri del record), ricordando il primato dice, “sono molto contento ed orgoglioso dei due primati fatti a Salamanca, il 2,43 del 1988 e il 2,45 di 30 anni fa”.
Nella bacheca di Javier – è ‘volato’ 21 volte oltre i 2,40 metri – brillano l’oro olimpico di Barcellona 1992 e l’argento di Sydney 2000, i due ori mondiali outdoor e i quattro indoor, e i dodici cubani che porta sempre nel cuore (tra il 1986 ed il 2001, anno del ritiro).
Alla domanda quale atleta riuscirà a battere i suoi primati, Javier risponde, “sono molto fiero che i miei record resistono ancora dopo tanti anni ma qualcuno prima o poi dovrà anche batterli ma è difficile fare un nome, non saprei, Barshin si era avvicinato molto (2,43 nel 2014, ndr)”. Alla quinta edizione dell’‘‘Udin Jump Development’, ha fatto l’esordio internazionale Jaxier Sotomayor, suo figlio. “Lui ha soli 15 anni ed è troppo presto per fare previsioni ma Udine si è comportato abbastanza bene saltando 1,96”, dice il padre-allenatore.
Javier Sotomayor nella sua ventennale carriera ha gareggiato in tre Olimpiadi mentre a due non poté gareggiare causa il boicottaggio, Los Angeles 1984 (i Paesi comunisti ‘restituirono’ la decisione presa dal blocco occidentale per Mosca ’80) e Seoul 1988.
“Mi dispiace molto non aver potuto partecipare, non per mia volontà, sia chiaro, ma per decisioni politiche – ricorda il grande campione parlando con l’AGI dal ‘PalaBernes’ di Udine –. Quelli di Seoul erano Giochi della normalità ma Cuba si era unita alla Corea del Nord, contraria che le Olimpiadi si svolgessero nell’altra parte della Corea”. Parlando dell’atletica leggera mondiale di oggi, Sotomayor afferma, “anche se mancano personaggi come me o Bolt, c’è sempre qualcuno che viene seguito in maniera particolare, i grandi atleti ci saranno sempre”.