AGI - A questo punto, con la favola natalizia del ritorno sulla panchina del Cagliari, anche l'altro romano Claudio Ranieri si meriterebbe un docufilm come quello dedicato a Carlo Mazzone. Ranieri il testaccino, Mazzone il trasteverino, due tecnici nati nel cuore della capitale, a poche centinaia di metri in linea d'aria l'uno dall'altro, ma che hanno interpretato la romanità in due modi differenti. Più sanguigno, più immediato, più trilussesco Sor Magara; più indiretto, più introspettivo, più moraviano Sor Claudio anche se è più opportuno chiamarlo Sir Claudio, considerata la Premier che ha conquistato con il Leicester raggiungendo in un colpo solo il punto più alto della sua carriera e pure il risultato più importante ottenuto da una coach italiano all'estero.
A Carletto Mazzone Amazon Prime ha dedicato 'Come un padre' che ha sublimato lo stile dell'allenatore-papà di cui probabilmente è stato l'ultimo esponente. Ma pure vita e carriera di Ranieri meriterebbero una serie, tanto più oggi quando, a 70 anni, Claudio ha deciso di accettare una panchina di serie B, nel dichiarato tentativo di far uscire i sardi dallo shock della retrocessione che ancora non hanno superato.
Quella stessa panchina da cui Ranieri iniziò, nell'88, la sua carriera di allenatore trascinando la squadra ad una doppia promozione dalla C a alla A. Una sorta di chiusura del cerchio per un uomo che ha saputo costruire attorno a sè, dovunque abbia lavorato, un'aura di positività e di stile che non è cosi' facile da trovare nella storia degli allenatori, e non solo italiani.
Ranieri non è un falso buono (alla Messi per capirci) e nemmeno un sergente di ferro, definizione che fu incarnata in modo perfetto da Eugenio Bersellini. è una bellissima anomalia che ha sempre avuto dentro di sè una dimensione british ben prima che il british entrasse nella sua vita; quando cioè, nel 2000, subentro' a Gianluca Vialli sulla panchina del Chelsea. Uno stile che gli permise, all'epoca, di resistere senza nemmeno troppa fatica ai tabloid inglesi che lo tacciavano di essere "Tinkerman", indeciso, a causa dei frequenti cambiamenti di schema e formazione che applicava ai Blues. Un approccio cui pose fine, dopo quattro anni e due semifinali pesanti (una di FA Cup e una di Champions) solo con l'ondata decisionista di Roman Abramovich. Ma l'italian coach in London si sarebbe preso la più incredibile delle rivincite undici anni dopo, firmando una di quelle imprese sportive che restano nell'immaginario e nella storia: accettando l'offerta del Leicester di prendere le redini della squadra con l'obiettivo di raggiungere una serena salvezza e arrivando invece a conquistare il titolo della Premier. Non sempre nello sport c'è bisogno di avere un palmarès ricco di stelle per poter sostenere di aver illuminato un pezzo di vita: a volte basta un singolo successo, tanto volte perfino un successo mancato.
Quel titolo ha rappresentato per Ranieri una fonte di luce destinata a non esaurirsi mai e che ha rappresentato un cambio di direzione totale nella considerazione che gli inglesi avevano per i pensatori di gioco italiani. Allenatore (fra i tanti club) a Valencia a a Madrid sponda Atletico, al Fulham, al Watford in tempi recentissimi: adorato a Roma dove ha lavorato in due distinti periodi e dove, nella semifinale di Conference League pochi mesi fa proprio contro il suo Leicester è stato salutato dall'Olimpico strapieno con un'ovazione che ha celebrato non solo il suo essere radicato nell'universo giallorosso ma pure il suo modo di essere allenatore nell'universo calcio. Solo alla Juve Ranieri, a ben vedere, non è riuscito a costruire un microcosmo all'interno del quale esprimersi. Nel 2009 subì l'onta dell'esonero a due giornate dalla fine (gli subentrò Ciro Ferrara, autore poi di una breve e infruttuosa stagione juventina). Un amore non sbocciato inversamente proporzionale a quello invece sbocciatissimo con la Sampdoria. Un amore interrotto per motivi squisitamente economici che i tifosi blucerchiati non hanno mai smesso di augurarsi che riprendesse vigore, per dare al club una speranza di evitare la retrocessione in B. Ma per Claudio ha contato, accettando Cagliari, il desiderio di tornare dove tutto è iniziato. Una bellissima storia italiana, la sua. Perfino natalizia, si potrebbe dire.