AGI - Ad accompagnare il fischio d'inizio di uno dei campionati mondiali più controversi della storia del calcio è stato l'inno scelto per Qatar 2022, "Hayya Hayya" - Better together, "insieme è meglio" -, trovata discografica con intento d'integrazione. Un loop da discoteca il cui testo omette di citare il gioco che dovrebbe celebrare, limitandosi a un invito a ballare "otto notti su sette".
A cantare il raggaeton da stadio la qatariota Aisha, con il nigeriano Davido e la statunitense d'origine afroamericana Trinidad Cardona.
Hayya Hayya (Better Together) is the first single of the multi-song FIFA World Cup Qatar 2022™ Official Soundtrack.
— Zara (@zarazettirazr) November 21, 2022
Artists: Trinidad Cardona, Davido and Aisha.#FIFAWorldCupQatar pic.twitter.com/jK4iuuxcav
Quasi un tentativo di liquidare in una canzone tutte le istanze di inclusione etnica, religiosa e di genere che il Paese ospitante è accusato di disattendere, tanto da diventare un caso di coscienza non tanto per la Fifa quanto per il mondo dell'arte, uso a prendere le distanze da posizioni intransigenti. Come ha fatto Dua Lipa, smentendo ogni coinvolgimento sul palco del mondiale, proprio a causa dello scarso rispetto del Qatar per i diritti umani e civili, specie verso donne e comunità Lgbtq+.
Prima del "Waka Waka" cantato da Shakira con sottofondo di vuvuzelas per Sudafrica 2010, e prima di "La Copa de la Vida" con cui Ricky Martin si rivelò reale vincitore di Francia '98 (più che il gol di Zidane in finale, a riassumere l'intero campionato fu il verso "Un dos tre un pasito pa'lante, Maria"); prima della storpiatura di "Seven Nations Army" che ha occupato la memoria collettiva per la vittoria italiana ai Mondiali del 2006 (l'insensato e irresistibile refrain "Poooo-po-po-popoooo"), prima di tutto, il concetto stesso di inno del Mondiale è nato in Italia.
Perché c'è un prima e un dopo Italia '90. Prima e dopo le "notti magiche" di "Un'estate italiana".
Prodotto in inglese con il titolo "To be Number One", l'inno fu affidato alla riscrittura e all'interpretazione di Gianna Nannini - che era la rocker di "I maschi" - e del cantautore di "Sono solo canzonette" Edoardo Bennato dal tre volte premio Oscar Giorgio Moroder, compositore e producer a cui si devono la colonna sonora di Flashdance ("What a feeling"), Top Gun ("Take my breath away") e La Storia Infinita.
Moroder ha meritato la consacrazione in un brano-biografia dedicatogli dai Daft Punk: intervista su sintetizzatore che recita "my name is Giovanni Giorgio, but everybody calls me Giorgio". Quelle del '90 furono davvero "notti magiche", e lo furono molto oltre la partita di semifinale persa contro l'Argentina di Diego Maradona che chiuse il mondiale per l'Italia.
Erano gli anni in cui i dischi si vendevano: e quello di Bennato e Nannini fu il più venduto in Italia e Svizzera e il secondo in Germania.
Le consistenti royalties vennero devolute ad Amnesty International, ma "l'estate italiana" torna in classifica ogni volta che la Nazionale tocca un pallone con il suo "Non è una favola e dagli spogliatoi escono i ragazzi, e siamo noi".
Un testo che viene ancora insegnato nei corsi d'italiano agli stranieri, e che celebra l'amore, sì, ma per un'unità nazionale sportiva, la sola che metta davvero tutti d'accordo.
La Nazionale italiana, almeno questa volta, manca. E chissà che non sia un bene non giocare nel campionato delle polemiche ambientali e umanitarie. Ben altre notti, queste: notti d'oriente e neanche troppo stellate.