AGI - Di successi e soddisfazioni calcistiche non si vede l'ombra ormai da decenni. Eppure, al Torino, basta ben poco per infiammare l'ambiente e regalare entusiasmo al tifoso granata ormai disilluso.
È sufficiente, ad esempio, esporre per una giornata alcuni cimeli appartenuti al Grande Torino, come le Coppe di quattro dei cinque scudetti vinti consecutivamente e il piatto d'argento, trovato intatto tra i rottami di Superga, dono del Benfica in occasione della gara amichevole a Lisbona del 3 maggio 1949.
L'occasione per mostrare al pubblico queste chicche che sanno di storia e di leggenda (l'ultima volta era successo nel 2006 in occasione del centenario dalla fondazione del club granata) è stata una mostra fotografica curata da Cinzia Botto delle Biblioteche Civiche Torinesi che, a cinque anni dall'inaugurazione del Filadelfia (25 maggio 2017), racconta la storia di questo impianto sportivo che per i tifosi del Toro è una specie di tempio laico.
La speranza è che nel giro di poco tempo, soldi e burocrazia permettendo, tutti i cimeli, custoditi con amore al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata grazie all'impegno e alla passione dei volontari dell’Associazione Memoria Storica Granata e ospitati nei locali di Villa Claretta a Grugliasco dal 2008, siano trasferiti al Museo del Filadelfia, la vera casa di tutti quelli che amano il Torino.
Che lo stadio Filadelfia sia stato un impianto inespugnabile lo certificano le statistiche dell'epoca. Per sei anni, interrotti dai due del conflitto mondiale, e per un totale di 88 gare consecutive, il Torino non conoscerà in casa la parola sconfitta.
Dal 17 gennaio 1943, stagione che si chiuderà con il primo dei cinque scudetti di seguito vinti dal Torino che ancora doveva definirsi Grande (mancavano Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Rigamonti e Castigliano che sarebbero approdati alla corte del presidente Ferruccio Novo solo due anni dopo) e fino al 6 novembre 1949, il primo campionato dopo Superga, i granata concederanno agli avversari appena dieci punti, l'equivalente di altrettanti pareggi. Insomma, non ce n'era davvero per nessuno.
Ecco alcuni numeri per dare un'idea. Campionato 1942-43: 15 partite casalinghe, 10 vittorie, 2 pareggi (con Lazio e Vicenza) e 3 sconfitte (con il Livorno al Filadelfia dell'11 ottobre 1942 e poi, allo stadio Mussolini, divenuto succesivamente Comunale, con Milano e l'Ambrosiana, l'ultima prima del grande 'filotto' di risultati positivi, datata 17 gennaio 1943). E ancora. Campionato 1945-46: 20 partite, 18 vittorie e 2 pareggi (Brescia e Modena). Campionato 1946-47: 19 partite, 15 vittorie e 4 pareggi (Triestina, Sampdoria, Juventus e Modena). Campionato 1947-48: 20 partite, 19 vittorie e 1 pareggio (Juventus). Campionato 1948-49: 19 partite (comprese le tre disputate dai ragazzi dopo la tragedia di Superga), 18 vittorie e 1 pareggio (Triestina). L'imbattibilità, dopo 3 vittorie e un pareggio (Pro Patria), cade alla quinta gara interna del torneo 1949-50 contro la Juventus il 6 novembre '49.
In mezzo, tantissime imprese, a cominciare dal 10-0 (ancora oggi record imbattuto in Italia) inflitto all'Alessandria (2 maggio 1948) con 4 reti segnate tra l'81' e l'88'. C'è poi un 9-1 (28 luglio 1946) con cui fu liquidata la Pro Livorno con quattro reti messe a segno nel giro di otto minuti tra la fine del primo tempo e l'inizio del secondo.
Oppure un 6-0 al Vicenza (20 aprile 1947) passato agli annali per una tripletta di Mazzola firmata nel giro di 120 secondi (29', 30' e 31'). E ancora, un 4-3 alla Lazio che fino al 24' del primo tempo vinceva clamorosamente sullo 0-3 (30 maggio 1948), o un 4-0 al Novara, pratica chiusa dal Torino tra il 32' e il 40' del primo tempo (3 aprile 1949).
Il Filadelfia, non a caso, era chiamato la Fossa dei Leoni. Chi scendeva in campo sentiva letteralmente il fiato sul collo dei tifosi che solo una recinzione metallica divideva dal terreno di gioco. Un contesto ambientale che da solo bastava per mettere a disagio le squadre avversarie.
E quando il Torino incappava in quelle rare giornate di abulia e appariva al pubblico un po' troppo svogliato, ci pensava il ferroviere Oreste Bolmida a dare la carica. Bolmida, capostazione a Porta Nuova, andava al Filadelfia con la tromba che usava per far partire i treni. E dalla tribuna, ogni tanto, partiva un suono di quella tromba a risvegliare dal torpore Mazzola e i suoi che a quel punto cominciavano a giocare sul serio.
Anche quella tromba figura tra i tantissimi cimeli della storia del club custoditi nel Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata. Quanto ci vorrà perchè questi meravigliosi ricordi trovino la definitiva collocazione nella loro casa?