AGI - "Se giocassi ai prossimi Internazionali di tennis d'Italia scenderei in campo con una maglietta giallo-azzurra, i colori dell'Ucraina".
Lo ha detto Adriano Panatta a margine della conferenza stampa di presentazione della docuserie 'Una squadra' (al cinema dal 2 al 4 maggio e dal 14 maggio su Sky) dedicata alla storia del team azzurro che vinse la Davis nel '76.
"Allora, nella finale contro il Cile io e Bertolucci mandammo un messaggio politico giocando il doppio con la maglietta rossa, ma nessuno se ne accorse e nessuno ne ha parlato per interi decenni".
Secondo il campione, contrario al boicottaggio dei tennisti russi e bielorussi a Wimbledon, "al Foro Italico, più che manifestazioni pro-Ucraina decisi dall'organizzazione sarebbero più utili messaggi personali dei vari tennisti, come ad esempio la maglietta. È una questione di sensibilità personale".
La docuserie sul team della Coppa Davis '76
Una grande storia sportiva, certo, ma soprattutto una vicenda umana che va oltre il tennis, con cinque personaggi da commedia all'italiana, Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti, Tonino Zugarelli e capitan Nicola Pietrangeli che più diversi tra loro non si può.
'Una squadra' è la docuserie con cui il produttore Domenico Procacci - spinto dalla sua insana passione tennistica (non a caso ha prodotto anche 'La profezia dell'armadillo' il film in cui Panatta spiegava la magia del "pof", il suono dei colpi sulle corde della racchetta) si è messo dietro la macchina da presa - celebra l'unico team riuscito a portare la Coppa Davis in Italia.
Nel 1976, in una finale contro il Cile (e ce ne sono state anche altre tre) preceduta da un dilaniante dibattito politico sull'opportunità di andare a giocare contro la squadra di Pinochet che somiglia a quello contemporaneo sull'esclusione dei tennisti russi e bielorussi.
Presentata oggi a Roma, con tutti i protagonisti presenti tranne Pietrangeli, bloccato a casa da un incidente domestico, la serie in sei episodi scritta da Procacci con Sandro Veronesi, Lucio Biancatelli e Giogio' Franchini sara' al cinema (con un estratto degli episodi e grande spazio alla finale in Cile) dal 2 al 4 maggio e quindi su Sky Documentaries dal 14 maggio (con i primi due episodi trasmessi anche su Sky sport Uno domenica 15 maggio, subito dopo la finale degli Internazionali d'Italia).
"Abbiamo parlato più come uomini che come tennisti. Eravamo quattro ragazzi che giocavano benino a tennis, con pregi, difetti e contraddizioni, in questa serie escono fuori le nostre cinque personalità" ha spiegato Panatta in conferenza stampa, felice di aver ritrovato grazie alla serie il rapporto con i colleghi.
Come Bertolucci che quando Procacci lo ha chiamato, ha raccontato, pensava "fosse uno scherzo telefonico, mi sembrava strano che dopo tanti anni senza che ci fosse mai stato un decennale, un ventennale, un trentennale, si celebrasse la nostra vittoria. Ne sono grato perché le nostre vite si sono divise anche geograficamente e Procacci ci ha riuniti".
Il produttore-regista inizialmente avrebbe voluto puntare esclusivamente sulla vittoria in Cile ("mai celebrata abbastanza") ma poi ha virato, intervistando i cinque singolarmente sul racconto delle psicologie dei giocatori, sui rapporti tra loro.
Due coppie che quasi non si parlavano, Panatta e Bertolucci da una parte, Barazzutti e Zugarelli dall'altra (stesso schieramento anche oggi in conferenza stampa, con Procacci tra i due nuclei) e su quelli con Pietrangeli, "spesso l'antagonista perché una storia che non ha conflitti non è una bella storia da raccontare" ha chiarito Procacci, sottolineando però che la differenza di vedute non ha mai intaccato "la stima reciproca".
E quindi, accanto al racconto sportivo sugli anni d'oro, quelli dal 1976 al 1980 (quando il dream team raggiunse la finale di Coppa Davis quattro volte, vincendo solo nel '76 contro il Cile e perdendo contro Australia, Usa e Cecoslovacchia) e a quello, dettagliatissimo, sulla battaglia politica che precedette la trasferta cilena e sulle magliette rosse anti Pinochet che Panatta impose a Bertolucci ma il cui messaggio politico non fu colto neanche dalla stampa, conquista quello sui tipi umani.
Da una parte i gaudenti Panatta e Bertolucci, il primo bello come il sole e circondato da donne ("troppe e alla fine qualcuna si serviva di me per arrivare a lui" racconta Bertolucci) coppia di doppio che a un certo punto condivise anche un appartamentino al quartiere Fleming di Roma dove organizzavano feste memorabili con la banda di Arbore, dall'altra gli austeri Barazzutti e Zugarelli, che anche negli spogliatoi si tenevano lontani.
Si ride con il racconto di Bertolucci sulla tappa gaudente a Copacabana decisa da Panatta dopo un'esibizione, seguita da viaggio in Concorde fino a Parigi per andare a trovare due ragazze mentre Barazzutti, contrarissimo a quella botta di vita, se ne tornava in Italia in economy su un normale volo di linea.
E sono scene che non si vedranno più anche quelle di Barcellona, quando al termine di un match di Davis, contestato dai tifosi spagnoli a suon di cuscini lanciati in campo, Panatta si lanciò sugli spalti per punire a suon di cazzotti uno spettatore che aveva esagerato.
Altri tempi, altre racchette (di legno), altri tuffi in campo, altro approccio rispetto ad oggi, con una Davis che ha cambiato completamente volto, rinunciando anche ai mitici tre set su cinque.
Meglio il tennis e le atmosfere allora o il bum -bum di oggi? Difficile stabilirlo, ma è grazie a quella squadra che come ha sottolineato Bertolucci, il tennis ha lasciato la nicchia ed è diventato popolare.