AGI - Magari non lo dicono, anche se lo pensano. Ma di fronte alla possibilità che, di qui a qualche ora, Rafael Nadal conquisti il 21° titolo dello Slam, scavalcando in via pressoché definitiva il loro idolo in una classifica che forse più di ogni altra potrà servire da architrave su cui fondare l’analisi di un periodo tennistico irripetibile, non solo non si schiereranno apertamente per l’avversario. Ma, tutto sommato, guarderanno allo spagnolo con grande favore.
I soggetti in questione sono i membri della chiesa laica di Federer, che per definizione rifiutano l’appellativo di tifosi. Secondo la categoria del normale tifo sportivo potrebbero ragionevolmente augurarsi che Medvedev batta Rafa nella finale che andrà in scena a Melbourne stamattina alle 9.30. Così facendo il russo, che non appartiene all’empireo di Fab Four ma altro non è, ai loro occhi, che un giovane arrembante bel lontano dal poter aspirare ad un posto nel mito, impedirebbe a Nadal di conquistare il 21° titolo dello Slam, lasciandosi dietro le spalle Djokovic e soprattutto Roger. Con il primo che ha ancora tutte le carte per tentare un controsorpasso nell’arco dell’anno in corso e di quello futuro; e il secondo che non sembra in grado di poter vincere un altro titolo major.
Però, c’è un però. Se uno fra i due contendenti dovrà per forza far meglio di Roger, prende corpo il pensiero che questo qualcuno debba essere Rafa, non Nole. Perché Rafa è stato ed è parte insostituibile del cammino di Roger. È stato l’avversario, il nemico, la sua nemesi. Senza Nadal non avrebbe potuto esserci Federer. Lo spaventoso talento dello svizzero non avrebbe potuto evolversi in qualcosa di mai visto nella storia del tennis se non avesse dovuto confrontarsi con la spietatezza agonistica di colui che con un talento simile non era nato: ma che ha dovuto coltivare il proprio talento fino a farlo diventare qualcosa che potesse duellare alla pari contro Federer.
Dopo aver perso la finale di Melbourne 2009 proprio contro Rafa, Roger scoppiò in lacrime alla premiazione dicendo: “Questa cosa mi sta uccidendo”. Massima espressione emotiva che mai si sia palesata su un campo da tennis, una sorta di incoronazione che Roger fece del suo avversario: elevarlo al rango di yang quando si è lo ying.
Con Djokovic mai nulla del genere è successo. Se Roger e Rafa sono amici, hanno un comune sentire (vaccinazione anti Covid compresa) si parlano con un linguaggio condiviso (perfino per litigare, ed è successo soprattutto per questioni “politiche” interno ad Atp) Nole non è mai riuscito a trasformare quel “pas a deux” in un “pas a trois” nonostante sia molto probabile che sarà il serbo lui a risultare il più titolato negli storia degli Slam.
Ecco perché, alla fine, i federasti non si strapperanno le vesti se Nadal vincerà più del loro totem. Perché Rafa è parte di quel totem, Nole no. Se poi invece vincerà il russo (ipotesi assai fondata) beh si potrà sempre fare ricorso a Rossella O’Hara: domani è un altro giorno.
E Roger, nel frattempo, si sta allenando.