AGI - I gemelli diversi del tennis italiano stupiscono il mondo. Matteo Berrettini e Jannick Sinner, due azzurri nei quarti di uno Slam: solo pochi anni addietro sarebbe stato azzardatissimo anche solo prevederlo. Non succedeva dal 1973 quando Panatta&Bertolucci centrarono eguale risultato al Roland Garros: ma quelli erano tempi in cui era convinzione diffusa che gli italiani potessero competere con efficacia solo sul rosso. Tempi lontani. E poi il rapporto fra Adriano e Paolo era certamente diverso da quello che oggi contraddistingue Matteo&Jannick: in quel vaso c’era una personalità congenitamente dominante (Adriano) e una più disposta alla mediazione specie nei confronti degli altri membri della squadra di Davis (Paolo).
Venticinque anni, numero 7 del mondo il romano che in carriera ha raggiunto i quarti in tutti gli Slam, 20 anni e alla decima posizione del ranking l’altoatesino cresciuto in alta montagna che prima d’ora aveva agguantato i quarti solo al Roland Garros. Per chiarire quale sia il rapporto che unisce i due azzurri di oggi basta risalire alla fine del 2021: quando alle Finals di Torino Matteo si ritirò per un improvviso riacutizzarsi della lesione agli adduttori e Jannick, che scese in campo in qualità di prima riserva, dedicò a Matteo il suo successo e lo rese pure “segno grafico” sull’obbiettivo della telecamere che lo inquadrava. Il tennis è sport individualistico alla massima potenza, si sa: ma i nostri due sono consapevoli di essere l’architrave su cui poggia il fantastico momento del tennis italiano e si comportano di conseguenza. In comune hanno regole di comportamento in campo e fuori che nulla hanno in comune con certe terribili abitudini che serpeggiavano fra i tennisti italiani, professionisti e non: misura, disponibilità alla comunicazione, rispetto degli avversari e di chi sta guardando.
Sul piano emotivo colui che arriva dalle montagne di Sesto Pusteria, Jannick, è quello più estroverso: il romano trapiantato in Costa Azzurra, Berrettini, è invece più disposto all’introspezione e fatica magari più dell’amico a elaborare fatiche e sconfitte. Ma ottiene comunque ottimi risultati, prova ne siano i messaggi social che hanno preceduto il match contro Carreno Busta. Prima vittima di dissenteria e poi di una storta in campo che avrebbe potuto avere conseguenze gravi, Matteo si è lasciato andare, sorridendo, a gesti scaramantici molto italici. Come a dire: ormai ci ho fatto l’abitudine, vediamo di andare oltre. Quella stessa scaramanzia che lo porta a depositare a bordo campo, prima di ogni match, la collanina che mamma Claudia gli ha regalato molto tempo fa, quando i genitori Berrettini credevano fermamente che uno di quei due loro figli (Matteo e Jacopo) sarebbe arrivato lontano con il tennis.
Appassionati di playstation entrambi, tifosi di calcio (Matteo tifa Fiorentina, Jannick il Milan ma da ex sciatore continua ad amare parecchio anche la neve), i due nuovi gemelli del tennis si differenziano soprattutto sul piano sentimentale. Matteo è più disposto, in forza dei suoi 25 anni, a pensare se stesso in una relazione stabile e confortante. Quale di fatto è quella con Ajla Tomlianovic, suggellata dal primo Natale con le due famiglie riunite.
Pur essendo una prof di alto livello, Ajla assume sempre più i connotati della Mirka Vavrinec (la signora Federer) di turno: la compagna che nasconde il volto mentre Matteo sta giocando ma con gli occhi detta la linea. Jannick, che di anni ne ha venti, non è ancora inserito in una prospettiva del genere. Una donna con cui vive il classico fuori-dentro-fuori delle relazioni giovani c’è ed è Maria Braccini, influencer da 80mila follower: lui che ufficialmente l’ha lasciata tre mesi fa, è ancora generoso di cuoricini sul suo profilo Instagram, lei a dicembre ha postato una sua foto su un campo da tennis con dei pantacollant attillati, non esattamente tennistici.
Un messaggio neanche tanto subliminale? Chissà… Ma il cotè sentimentale è marginale in questo momento nella sua vita. Per entrambi sono fondamentali invece i team-famiglia: capitani da Vincenzo Santopadre nel caso di Matteo da Riccardo Piatti in quello di Jannick. Team che hanno accompagnato la crescita dei pargoli senza mettere in secondo piano la loro crescita personale. I nostri sono parte di questi team manon ne sono dipendenti: e a ben vedere la loro crescita tennistica è figli anche e soprattutto di questa crescita della personalità. Due ragazzi bravi e pure belli le cui caratteristiche positive e la loro differente capacità di comunicazione non sono sfuggite ai main spender della sponsorizzazione visto che Matteo è diventato testimonial unico di un brand prestigioso come Hugo Boss e Jannick, grazie anche a un volto da modello che ha sostituito quella da “Pippi calzelunghe” che aveva al suo esordio, ha un portafoglio di contratti degno di un top player affermato.
La loro diversità è la loro fortuna e anche quella di chi ama il tennis. Due primattori di una rappresentazione che ogni giorno che passa annovera nuovi attori: da Musetti fino a Flavio Cobolli e Luca Nardi. Due ragazzi splendidi che, in via del tutto ipotetica, agli Australian Open si potrebbero affrontare solo in finale. Ma questa è un’altra storia.