AGI - “La scherma a Tokyo2020 finora ha reso al di sotto delle aspettative, ha una responsabilità molto grande perché tutti si aspettano risultati prestigiosi, ma il bilancio rimane incoraggiante, ci manca solo un oro. In generale c’è bisogno di riprogrammare: con alcune messe a punto si può riprendere il cammino vincente delle precedenti edizioni, la qualità degli atleti c’è”. A dirlo all’AGI è Michele Maffei, ex schermidore olimpico con 3 medaglie d’argento e una d’oro, che si candiderà nel 2023 a presidente di Federscherma.
Gli azzurri della scherma sono arrivati in Giappone con un brillante percorso di qualificazione, conquistandosi la partecipazione a tutte le 12 competizioni in programma, prima volta nella storia olimpica. Ma al dunque gli atleti non sono riusciti a fare la differenza come previsto: il bilancio al momento recita una medaglia d’argento e tre bronzi, contro l’oro e i tre argenti di Rio2016. “Il numero è lo stesso – sottolinea Maffei - ed è migliorabile perché ancora mancano quattro gare, con una medaglia d’oro potremmo ribaltare la situazione, non credo che il ciclo azzurro si sia esaurito”.
Partiamo dalle note positive: l’argento conquistato da Aldo Montano nella sciabola individuale alla quinta olimpiade...
"Una grande soddisfazione, gara incredibile che mi riporta alla mente tanti ricordi. Il papà di Montano, Mario Aldo fu il mio compagno di squadra alle Olimpiadi di Monaco di Baviera 1972, Montreal 1976 e Mosca 1980: insieme vincemmo una medaglia d’oro e due argenti nella sciabola a squadre. Il padre era molto forte nell’attacco e nella progressione, Aldo pur avendo un buon attacco ha dalla sua un’ottima difesa e un bagaglio tecnico completo. Un fuoriclasse: efficace nel rendimento, ha sempre espresso una sciabola sempre di alto livello".
In generale quali schermidori della squadra olimpica l’hanno colpita finora?
"Oltre a Montano e a Garozzo, che nel fioretto è stato incredibile, mi ha entusiasmato nella sciabola Samele. Ha una buona tecnica, un mancino efficace, è un elemento che ha lavorato bene al circolo Virtus Bologna ed è cresciuto molto. Nel femminile mi piace molto invece la Errigo nel fioretto, tecnicamente molto valida".
Nel mezzo ci sono stati alcuni campanelli d’allarme, soprattutto nella scherma femminile che è salita sul podio solo nella spada a squadre. Le donne azzurre nel fioretto dopo 33 anni non sono andate a medaglia. Come spiega questo risultato inatteso?
"Il ricambio generazionale ha sovraccaricato di pressioni le atlete che hanno reso meno di quanto avrebbero potuto. Noi abbiamo rallentato e gli altri hanno iniziato a correre, accorciando le distanze. Bisogna spingere per una diffusione maggiore delle scuole di scherma e lo sviluppo di società sul territorio: ora ci sono pochi grandi centri con i campioni che però ‘chiudono’ gli spazi a talenti emergenti. Questa problematica depaupera il movimento e lo sviluppo dei futuri schermidori che subiscono un rallentamento nella crescita sportiva".
Quanto ha inciso nel femminile l’assenza di Elisa Di Francisca che dopo l’oro a Londra 2012 e l’argento di Rio 2016, ha rinunciato a questa edizione per la nascita del figlio?
"Molto, non è detto che avrebbe mantenuto lo standard passato, ma le capacità per salire sul podio le aveva. Chiuso il capitolo Vezzali e con la rinuncia di Di Francisca le donne, nonostante il buon livello, hanno sofferto la presenza di una leader. Ma può essere un insegnamento per il futuro, che responsabilizza le ragazze e diventa la forza di questo gruppo che è molto coeso".
Nel fioretto la sorpresa è stata l’americana Lee Kiefer che ha portato gli Stati Uniti per la prima volta sul gradino più alto del podio. In futuro gli Usa possono diventare un avversario temibile?
"Gli Stati Uniti devono superare un gap generazionale ma hanno fatto passi enormi, molto dipenderà dalla crescita del movimento. Nella sciabola hanno fatto grandi progressi, nel fioretto un po’ meno. Ho notato però carenze tecniche che ancora li rendono gregari. Gli atleti statunitensi sono forti fisicamente ma soffrono una sudditanza psicologica e non hanno molta strategia. Gli serve un po’ rodaggio, ma in futuro potrebbero ritagliarsi un ruolo in questo sport".
Cos’è cambiato in termini di preparazione atletica, fisicità, tecnica rispetto a quando tirava lei negli anni ’70-‘80?
"Avverto una fisicità abbastanza evidente, ora c’è una preparazione fisica di alto livello e una velocità di esecuzione progressivamente maggiore, mentre è diminuita la tecnica di esecuzione, specialmente nella sciabola. Si assiste a un fraseggio e un bagaglio di espressione ridotto. La scherma è diventata più spettacolare ma con qualche limitazione di tipo tecnico. C’è una differente impostazione, cambiamento netto rispetto ai miei anni ma lo giudico come un fatto positivo, anche grazie alla tecnologia che diminuisce gli errori di una volta".
La pandemia e la scelta di un’Olimpiade a porte chiuse ha penalizzato lo spettacolo, impattando anche sul rendimento degli atleti?
"Il virus ha influenzato l’evento e tolto una parte spettacolare dei giochi: senza il pubblico si toglie atmosfera e agonismo. Ma tutto sommato sono contento che si sia svolta, altrimenti sarebbe stato un dramma, un cedimento pesante. Questa edizione particolare comunque rimarrà nei nostri ricordi".