AGI - "Una donna se rimane incinta non può conferire un danno a nessuno e non deve risarcire nessuno per questo. L’unico danno lo abbiamo avuto io e il mio compagno per la nostra perdita, e tutto il resto è noia e bassezza d’animo". Con questo messaggio su Facebook, la pallavolista Lara Lugli (giocatrice con lunghi trascorsi in Serie A tra Ravenna, Soliera, Mazzano, Firenze, Sassuolo e Casalmaggiore e tuttora in attività) denuncia il contenzioso legale che la vede protagonista con il club in cui militava nel campionato di B1 2018/2019 a Pordenone.
"Rimango incinta e il 10 marzo comunico alla società il mio stato e si risolve il contratto" spiega la giocatrice su Facebook, rendendo noto che, purtroppo, il mese successivo ha perso il bambino a causa di un aborto spontaneo. In seguito, la stessa Lugli avrebbe chiesto al club di saldare lo stipendio di febbraio "per il quale avevo lavorato e prestato la mia attività senza riserve", specifica nel post.
In risposta al successivo decreto ingiuntivo, le arriva una citazione per danni “per non aver onorato il contratto”. "Le accuse - spiega la pallavolista nel post - sono che al momento della stipula del contratto avevo ormai 38 anni (povera vecchia signora) e data l’ormai veneranda età dovevo in primis informare la società di un eventuale mio desiderio di gravidanza, che la mia richiesta contrattuale era esorbitante in termini di mercato e che dalla mia dipartita il campionato è andato in scatafascio".
Tra le contestazioni che le vengono mosse ci sarebbe anche quella di un ingaggio troppo elevato, mentre il contemporaneo calo delle prestazioni della squadra nel momento della risoluzione del contratto avrebbe causato l'allontanamento degli sponsor. Questione che Lara Lugli considera abbastanza discutibile: "Viene contestato l’ammontare del mio ingaggio troppo elevato – scrive - ma poi dicono che dopo il mio stop la posizione in classifica è precipitata e gli sponsor non hanno più assolto i loro impegni".
Alla pallavolista ribatte il presidente del Volley Pordenone, Franco Rossato. "La verità ribaltata - commenta - per cavalcare una storia in cui si calpesterebbe una maternità che noi abbiamo invece all'epoca salutato con grande gioia". "Secondo quanto era scritto nel contratto, che ci è stato proposto dalla persona che rappresentava i suoi interessi, in caso di interruzione anticipata – spiega - si sarebbero attivate clausole penalizzanti per l'atleta. Di fronte alla maternità ci siamo limitati a interrompere consensualmente il rapporto mantenendoci in costante contatto con la giocatrice anche nel doloroso momento che ha affrontato poche settimane dopo”.
“Per testimoniarci l'affetto che sembrava legarla all'esperienza in Friuli – aggiunge Rossato - ci ha perfino chiesto di tenere il materiale tecnico come ricordo e noi glielo abbiamo lasciato con piacere". "Ad un tratto molti mesi dopo abbiamo ricevuto la comunicazione del suo legale per presunte spettanze. Solo quando ci è arrivata l'ingiunzione di pagamento ci siamo opposti e abbiamo attivato le clausole del contratto”.
“Citare le parole del freddo atto – precisa - serve a farci sembrare dei mostri, quando invece ci siamo solo difesi di fronte alla richiesta di un rimborso non dovuto. Fosse stato per noi, non avremmo mai chiesto nulla. Per far capire la dimensione della società, lo scorso anno con la pandemia abbiamo interrotto l'attività e rinunciato all'iscrizione al campionato successivo".