AGI - Se nasci in Africa da una famiglia povera non hai tante possibilità. La tua vita è già segnata. A meno che tu non sia un fuoriclasse con il pallone. Allora puoi cominciare a sognare. Perché qualcuno prima di te ce l’ha fatta, uno su mille. Un sogno che può trasformarsi in un incubo se finisci nelle mani delle persone sbagliate. Se cadi nella rete dei finti procuratori che ogni anno truffano migliaia di giovani africani, abbandonandoli in Europa dopo aver venduto loro la promessa di raggiungere la gloria sui campi da calcio. E’ la storia di Amadou, protagonista di 'Non dire addio ai sogni' (Strade blu Mondadori, 218 pp, 18 euro), l’ultimo romanzo di Gigi Riva, giornalista e scrittore, editorialista de L’Espresso, che per anni ha raccontato le guerre in Medio Oriente e nei Balcani.
Il racconto si basa su una storia vera, romanzata per mettere a nudo un mondo complicato e crudele dove si sovrappongono tanti drammi: miseria, patriarcato, estremismo, degrado e droga, ma è anche una storia di speranza e riscatto. "Almeno quindicimila ragazzi africani, stima per difetto l’Ong francese Foot Solidaire attiva dal 2000, arrivano ogni anno in Europa col sogno di diventare calciatori professionisti. Solo uno su mille ce la fa. A reclutarli falsi procuratori o semplici truffatori che promuovono loro provini con club blasonati in cambio di importanti somme di denaro. Salvo poi abbandonarli al loro destino", è l’incipit del libro.
"Proprio dall’archivio dell’Ong parigina è partito il mio studio del fenomeno, che dovevo raccontare per la prestigiosa rivista cultura Poésie ma che poi ho sviluppato in questo romanzo", spiega Riva. La richiesta dalla rivista è arrivata a ridosso della pubblicazione in Francia del suo precedente libro, 'Le dernier pénalty' (Seuil, Parigi 2016, poi uscito in Italia da Sellerio col titolo 'L’ultimo rigore di Faruk'). Un romanzo sull’implosione della Jugoslavia vista attraverso la dissoluzione della sua squadra nazionale che mette insieme calcio e politica estera.
E il calcio resta filo conduttore della storia di Amadou, che parte da un polveroso campo di Palo, un villaggio nel Senegal, dove il 14enne mette in mostra davanti ai compagni le sue doti da calciatore e sogna di seguire le orme dei suoi connazionali, i pochissimi che sono riusciti ad arrivare in Europa e affermarsi come campioni. Le vicende si sviluppano tra i mesi prima dei mondiali in Brasile del 2014 e la fine del 2016: in mezzo vi è l’ondata di attentati che ha sconvolto la Francia, da Charlie Hebdo alla strage di Nizza.
La famiglia di Amadou si lascia stregare da un finto procuratore francese e un suo assistente locale, truffatori di professione che campano sui sogni dei disperati. Chiedono somme di denaro, piccole per noi ingenti per loro, in cambio della promessa di garantire un futuro al gioiello di famiglia. E per racimolare quella somma servirà un doloroso compromesso: la sorella 16enne di Amadou, Aisha, da dare in sposa al 47enne ricco del villaggio. La giovane, disperata, non ha voce in capitolo e non può che arrendersi. Anche se poi penserà prima al suicidio poi alla fuga per raggiungere il fratello. Arrivato a Marsiglia Amadou viene abbandonato all’aeroporto e realizza nel giro di qualche ora di essere stato raggirato. Non può però raccontare nulla alla famiglia, per orgoglio e per non destare preoccupazione.
“Tante delle vittime non raccontano nulla per questo il fenomeno è ancora difficile da inquadrare con precisione”, spiega Riva. Il 14enne si ritrova quindi a fare i conti con la banlieu francese che vive di spaccio e, nel momento più buio della storia recente francese, si alimenta di radicalismo islamico. Vive gli attentati alla televisione e fugge di volta in volta, da minore immigrato irregolare. Dopo Marsiglia trova appoggio a Nizza e poi a Roma, dove evita i pedofili, ma non gli spacciatori. A Termini inizia però la sua rinascita: qui scopre l'amore per una giovane di periferia che lo accoglie in casa. Un passo falso lo porta su una buia spiaggia di Genova ma Amadou riesce ad avere sempre una speranza di riscatto.