C i sono nomi, nello sport, che si pronunciano a fatica, sono troppo pesanti anche solo per metterli a paragone con quelli di grandi speranze, anche aggiungendoci il fatidico “nuovo”. Uno di questi, nel basket, è Drazen Petrovic, la mitica guardia-tiratrice di Sebenico che ha fatto grande prima l’ex Jugoslavia e poi la Croazia, per quindi trasformarsi nel geniale pioniere dell’emigrazione delle stelle europee nella Nba, dove si è esaltato fino a diventarne un eroe, spegnendosi ad appena 28 anni in un incidente d’auto nel 1993 (replicando la triste fine di quell’altro fenomeno, Radivoj Korac, nel 1969).
Ebbene, solo oggi, a distanza di venticinque anni, c’è un altro nome che si stacca perentoriamente dal selezionato gruppo di pretendenti a quell’eredità e si segnala come il nuovo fenomeno che possa replicare le imprese dell’immenso Petrovic, “il Mozart dei canestri”. Si chiama Luka Doncic, è lo sloveno di Lubiana che è transitato anche lui dal Real Madrid all’Nba, e col nomignolo di “Ragazzo dei sogni” regala gli stessi squarci di genio e la medesima, unica, facilità dei campioni immortali, sempre come immancabile e implacabile tiratore, sempre come atleta agile, creativo, non altissimo: 2.01 il biondo di 99 chili (molti messi su in estate), 1.96 Drazen di 91 chili. Misure vicinissime, considerate le epoche diverse.
Un esordio precocissimo nell'Nba
Doncic arriva all’Nba ad appena 19 anni, ancor prima di Drazen che ci riuscì a 25, e ci arriva sulla scia di una stagione trionfale con la nazionale slovena che ha portato al primo, storico, titolo europeo e alla duplice affermazione, campionato ed Euroleague col Real, peraltro come Mvp della Liga spagnola, di quella europea e anche delle final four di coppa. Terza scelta ai draft, è stato scambiato dagli Atlanta Hawks coi Dallas Mavericks in cambio della prossima prima scelta. E, dopo un’estate a far pesi in palestra, sta facendo meraviglie già da rookie, mentre Petrovic all’inizio stentò.
Sabato Luka il biondo con la faccia da putto ha deciso, da solo, il 107-104 contro Houston. Tanto che il profilo Twitter dei Mavs ha raccontato l’impresa così: “Quella volta in cui Luka Doncic ha realizzato un parziale di 11-0 da solo…”. Per raccontare i quattro canestri di fila coi quali a meno di tre minuti dalla fine l’asso sloveno ha rovesciato la partita dal -8: ha infilato una tripla dall’angolo davanti alla panchina dei Rockets, ne ha piazzata una frontale contro Clint Capela per il -2, ha inventato una tiro in galleggiamento per il pareggio, quindi ha centrato la tripla del sorpasso contro Capela, fintando la penetrazione e poi facendo un passo indietro sulla linea dei tre punti. In un crescendo strepitoso, un bolero elettrizzante, una parentesi magica che ha ricordato proprio le fiammate irrefrenabili di Drazen Petrovic.
Proprio come il croato, anche lo sloveno ha una naturale abilità nel trascinare le folle, ma Luka è più dolce nel viso e nei modi del “diavolo di Sebenico” che era proprio cattivo, in campo. Sabato, all’intervallo, dopo il brutto 3/13 dal campo e i soli 10 punti realizzati, il pubblico ha preso a intonare “Halleluka”, la canzone di Leonard Cohen personalizzata su di lui. Caricandolo al massimo. “E’ chiaro che Doncic ha una predisposizione per questi momenti: non ha paura di nulla, ha messo insieme tre-quattro minuti assolutamente unici”, ha chiosato coach Rick Carlisle. Che sta imparando a conoscere il “ragazzo dei sogni”. Avrebbe detto lo stesso di "Mozart".