D iciotto buche, quattro giornate, uno spettacolo unico di inattaccabile solidità e immenso talento. Francesco Molinari entra nella storia del golf mondiale. E lo fa da protagonista, conquistando uno dei quattro principali tornei del circuito internazionale: l’Open Championship (o British Open).
Quello che ogni golfista, soprattutto se nato nel Vecchio Continente, sogna prima o poi di vincere. Molinari lo ha fatto completando l’ultimo giro in coppia con Tiger Woods, senza timori reverenziali e costringendo l’asso americano, tornato a ottimi livelli, e gli altri favoriti del torneo, ad arrendersi.
Il campione torinese, classe 1982, si è aggiudicato il torneo più vecchio, più storico, forse il più affascinante di uno degli sport più nobili. Se parlassimo di tennis il paragone naturale sarebbe quello con Wimbledon. La prima edizione risale al 1860. L’Italia non c’era ancora, il golf sì. E oggi, per la prima volta, dopo 147 edizioni, un italiano è riuscito ad alzarne la coppa.
La cronaca dell’ultimo (emozionante) atto
A metà dell’ultima delle quattro giornate, che Molinari inizia dalla quinta posizione, nulla è già scritto. L’equilibrio regna sovrano con 10 giocatori nel giro di tre soli colpi. Tutti possono vincere o arrivare lontanissimi dal podio.
Basta un banco di sabbia in cui far precipitare la pallina o un bastone sbagliato. Mancano 9 buche. Il vento soffia deciso sul Carnoustie Golf Links (ogni anno il torneo cambia location). Sembra l’unico a provare a sparigliare le carte confondendo traiettorie e ribaltando strategie.
È un circuito molto tecnico. Alcune buche hanno una conformazione stretta, limitata da confini ben delimitati. Lo dimostra Tiger Woods che ad un certo punto è costretto a regalare un guanto a uno spettatore dopo averlo preso in testa con un colpo maldestro. Uno dei pochi del suo torneo.
Il percorso, buca dopo buca, viene completato da coppie di giocatori che sono state costituite in base ai risultati della giornata precedente. Anche la partenza è determinata da quella classifica. Prima di Molinari sono partiti giocatori come Rose e McIllroy, Kuchar e Fletwood. Dietro solo due coppie, i primi 4: Chappell-Kisner e, soprattutto, Schauffele, la rivelazione, e Spieth, il campione uscente. Al termine del suo incredibile giro, Molinari deve aspettare che i suoi rivali arrivino a completare il circuito. E sono momenti di trepidante attesa. Per tutti.
Il punteggio dell’italiano è incredibile: -8 rispetto al par. Ovvero 8 colpi in meno di quelli che il programma prevede per finire tutte le 18 buche. A Spieth serve un miracolo dopo diversi passaggi nei banchi di sabbia e tra i cespugli. Ma Schauffele, a due buche dalla fine, è a -7. Basta un colpo per raggiungere Molinari e costringerlo a quello che sarebbe un duello-spareggio spettacolare. L’italiano è seduto su un divano, nel salotto che ospita i giocatori al termine del giro.
L’italiano si torce le mani, guarda un paio di colpi dell’avversario. Poi si alza ed esce. Afferra un bastone e attende il risultato finale stringendo il ferro del mestiere e parlando con il suo caddy. Ma Schauffele cede all’emozione. Alla fine, alla penultima buca, perderà un colpo chiudendo a -6. Molinari resta lì, inattaccabile e irraggiungibile. Come il suo golf fatto di precisione, sangue freddo e grande sensibilità.
Storia di un campione
Quella di un Molinari è una famiglia di sportivi e golfisti. Anche il fratello, Edoardo, è un giocatore professionista. Insieme, nel 2009, portarono la World Cup per la prima volta nel nostro Paese. Un’impresa di quelle che capitano raramente. E non solo nel golf.
Come la vittoria dell’Open d’Italia che Francesco conquistò nel 2006. Ventisei anni dopo l’ultimo italiano, Massimo Mannelli. Ne vincerà una seconda, dieci anni dopo. Nel 2010 e nel 2012 vince, con il team europeo, sconfiggendo quello americano, la Ryder Cup, la manifestazione a squadre più sentita e seguita da chi ama il golf. America contro Europa. Una questione d’orgoglio oltre che di scuola e tradizione.
Nello stesso anno, Molinari vince anche l’HSBC Champions, il primo torneo del World Tour, e sale al 14esimo nella classifica mondiale. Seguono altri successi come il Reale Seguros Open de Espana, nell’anno del suo centenario. Il 2018, però, è l’anno della consacrazione definitiva. Il 2 luglio scorso arriva la conquista del Quicken Loans National, il primo torneo vinto da un italiano nel circuito Pga Tour, quello americano, uno dei più difficili.
L’ultima affermazione italiana era datata 1947 (e a vincere fu un italo-americano, Toney Penna). E poi, venti giorni, il primo Open Championship. Due trionfi per quello che è, mi scuseranno Grappassonni, Dassù e Rocca, il più grande golfista italiano di sempre.
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