I l primo giorno è sempre il primo giorno, è carico di tensioni e pensieri, curiosità e paure. Figurarsi com’è il primo torneo stagionale, il WGC Mexico Championship di questo fine settimana, per un neo campione, uno che si è appena aggiudicato il primo Major, gli Open Championship, peraltro come primo italiano di sempre.
Nella stagione in cui ha firmato anche Wentwort, il primo titolo Pga, il Quicken Loans, ed è diventato il più vincente nella storia della trionfale Ryder Cup conquistata dall’Europa, con 5 punti su 5. Per poi chiudere la stagione come numero 1 dell’ordine di merito europeo, ed arrivare al 5 del mondo. Collezionando altrettanti storici primati per il golf nostrano.
Conoscendolo, sapendo quanto sia attento ai particolari e ai miglioramenti, eravamo certi che, fedele alle abitudini, avrebbe sperimentato anche stavolta qualche cambiamento nella tecnica, nell’alimentazione, negli attrezzi. Questi, peraltro, che sta testando da mesi e che presenta in Messico, non rappresentano una rivoluzione perché il nuovo marchio è di fama mondiale e gli garantisce una vasta gamma di prodotti di altissima qualità e varietà.
Francesco Molinari (Afp)
La differenza è altrove ed è ancor più appariscente di una scritta. Si vede da subito, dal primo colpo dal tee, nel drive. Che il direttore tecnico del suo team, Denis Pugh, col quale ha costruito la carriera da professionista dell’èlite del golf a Londra, mostra in un tweet: “I freni sono stati disattivati per F.Molinari, oggi, aggiungendo yard tramite l'allenamento della velocità invernale a una combinazione di tecnica e fisico. #boom””. Ebbene, nel nuovo movimento Chicco fa uno squat, si abbassa cioè con le ginocchia, sfrutta la forza del terreno, mettendo insieme rotazione e forza, e poi solleva il piede sinistro. Che, alla fine del colpo, compie proprio un saltello.
Fa così Justin Thomas. Fanno così altri pro di alto livello. E, adesso, anche Chicco colpisce in punta di piedi. Perché? Perché sostanzialmente, istigati dalle statistiche, oggi tutti i professionisti del golf lottano per tirare più lungo: meglio arrivare un po’ storti a 300 metri che dritti a 250, perché poi la metti in buca più facilmente. Questo dicono le percentuali, questo ripetono i coach, questo chiedono i giocatori.
E così il drive è il colpo sempre più valorizzato. A dispetto dei maestri che continuano ad insistere coi giovani apprendisti stregoni perché si allenino tanto anche nel putt, e curino anche la precisione e la scelta dei ferri negli approcci. Che sono stati il punto di forza di Molinari, la leva che l’ha portato in alto. Da cui, la legittima domanda se questo cambiamento, che poi si riflette anche sui successivi colpi, non comporti il rischio di rovinare il meraviglioso giocattolo del protagonista dell’ultima Ryder Cup.
Francesco Molinari (Afp)
Sicuramente la decisione è scaturita da studi e analisi anche col resto del team, tutti esperti super-specialisti, e Francesco ha dimostrato ampiamente di sapere il fatto suo. Non ha mai sbagliato una scelta: dal trasferimento a Londra alla sfida sul Pga, ai nuovi tasselli che ha continuato ad aggiungere per evolversi e migliorare continuamente. Merita fiducia, e anche fortuna. Sicuramente è più maturo ed ha un carattere diverso dal veronese Matteo Manassero, che aveva più talento tecnico, più sensibilità e più capacità nel putt del torinese ma, proprio per tirare più lungo, ha smarrito il magico tocco. E ancora non l’ha ritrovato.