“Sei straordinario, lo sei sempre stato ma volevi arrivare a questo obbiettivo e sei riuscito a migliorare tutto quello che serviva per diventare storia del nostro sport! L’esempio per tutti noi”. Messaggi così arrivano a pochi, soprattutto da parte di colleghi, di rivali della stessa nazionalità, addirittura più giovani, peraltro più dotati di talento e già avvezzi al successo come Matteo Manassero.
Messaggi così premiano Francesco Molinari quanto, se non di più, del Claret Jug, del successo all’Open Championship, del testa a testa col mitico Tiger Woods, dell’ingresso nella storia del golf italiano come primo azzurro ad aggiudicarsi un Major, della promozione alla nazionale europea nella sua terza Ryder Cup, del numero 6 della classifica mondiale, della conferma del numero 1 nella Race to Dubai, della borsa di 1.625.387 euro.
Perché sono l’attestato di una dignità avvalorata, senza dubbi, del rispetto del gruppo, senza invidia. Ecco, quando vince Chicco vincono un po’ tutti, perché lui non ha il dono di altri: quella caratteristica tutta italiana di salvare capra e cavoli con un colpo solo, una fiammata sola, un giorno solo, un’impresa. Il 35enne di Torino vince col lavoro, con la serietà, con la coscienziosità, costruendosi un pezzo dietro l’altro, come una forbicina alacre e intelligente. Molto intelligente.
Chi è Francesco Molinari: la sua carriera
Importantissima è la famiglia, mamma Micaela e papà Paolo che gli hanno dato solide basi, valori legati al lavoro e al rispetto degli altri, il fratello Edoardo “dodo”, maggiore appena di un anno. Nato a Torino l’8 novembre 1982, golfista già dagli 8 anni al Circolo di Torino frequentato dai genitori, da amateur, dimostra subito di avere qualità di testa e di tocco importanti, così come idee chiarissime, conquistando due volte lo Stroke Play Championship, a 22 anni passa già professionista, laureato in Economia per tenersi una porta aperta nel mondo del lavoro, a 23 conquista la carta per l’European Tour, a 24 entra dalla porta principale nella storia del golf “de noartri”, che è tuttora terribilmente snob e costoso, legato a lobby e agli amici degli amici, e non principalmente alle qualità.
Lui che non ha il pedigree dell’atleta bello ed elegante, potente e paludato, all’Open d’Italia si aggiudica il primo titolo pro della carriera diventando il primo azzurro ad imporsi nel torneo di casa dal 1980 (da Massimo Mannelli, uno di quei nomi che i golfisti conoscono a memoria). Qualcuno storce pure il naso.
Chicco insiste, imperterrito, sale al 38° posto nell’ordine di merito e comincia seriamente la sua costruzione di campione. Dal 2007 al 2009 non vince più, ma si crea le basi, con venti piazzamenti fra i “top 10”, inclusi tre secondi posti. Alla scarsa considerazione che gli viene riconosciuta in patria dai puristi risponde coi fatti:
- 60° nell’Ordine di Merito nel 2007,
- 24° nel 2008,
- 14° nella Race to Dubai 2009.
A ottobre 2009, a 27 anni non ancora compiuti, Molinari entra fra i top 50 della classifica mondiale, un mese dopo, insieme al fratello, guida l’Italia alla conquista della World Cup in Cina. E, nel 2010, comincia a volare, scrollandosi di dosso tutte le scomode etichette: non è abbastanza potente, non è abbastanza bravo nel putt, non è abbastanza creativo, non è abbastanza. A novembre, vince il WGS-HSBC Champion a Shanghai, dando la prima zampata sulla grande ribalta, lasciando a un colpo uno dei più in forma del momento, Lee Westwood, finendo a -19. Risultato che, insieme a undici “top 10” stagionali (con due secondi posti) lo porta alla classifica mondiale record di n. 19 mondiale e al 5 in quella europea.
Il trasferimento a Londra
Chicco si è già trasferito a Londra con la moglie Valentina perché lì ha le condizioni ideali per un golfista professionista, a cominciare dalla lingua inglese, per continuare con i campi e, soprattutto, con coach Denis Pugh - già maestro storico di Colin Montgomerie e poi di Ross Fisher - a The Wisley in Surrey, un club privato dov’è iscritto già dal 2000. Anche se nella sua testa è già pianificato un futuro massimo, sul Pga Tour americano. Intanto, a ottobre 2010, scrive un’altra pagina storica, rappresentando l’Europa alla Ryder Cup a Celtic Manor, ed infiammando l’atmosfera col ritornello dei tifosi locali sui due fratelli in Coppa: insieme ad Edoardo, pareggia nei fourballs e perde nei foursomes, e poi nel singolo cede a Tiger Woods 4 e 3, con la squadra continentale che s’impone gli Usa 14.5 a 13.5.
Nel 2011 non raccoglie altri successi, ma si consolida ancora, con sette “top 10”, incluso il, terzo posto al WGC-Cadillac Championship, e quindi al 21° posto finale nella Race to Dubai. Dando contorni sempre più internazionali e sempre più di alto livello alla sua caratura di giocatore. Tanto che, il 6 maggio 2012, firma il Reale Seguros Open di Spagna, recuperando con un magico 65 finale - miglior giro del torneo - nell’ultima giornata i quattro colpi di svantaggi che aveva al via delle ultime 18 buche, staccando di tre colpi Canizares, Kjeldsen e Larrazabal.
Quindi a luglio, una settimana prima dell’Open Championship, perde ai playoff all’Aberdeen Asset Management in Scozia, battuto alla prima di spareggio da Milkha Singh. Guadagnando l’automatica convocazione alla seconda Ryder Cup, perdendo i foursomes con Westwood e anche i fourball insieme a Juston Rose, ma pareggiando l’ultimo giorno nel singolo contro Tiger, garantendo quel mezzo punto decisivo per il 14.5 a 13.5 finale, a completamento di una storica rimonta nei singoli da 6-10 al via dell’ultima giornata.
Il coronamento del sogno del ragazzo di Torino
Il 2013 e il 2014 portano esperienza a Chicco anche sul pga Tour, dove ottiene tre “top 10”, fra i quali il prestigioso sesto posto ai Players Championship, in pratica il quinto Major, garantendosi la carta per il massimo circuito pro del 2014-2015. E’ il coronamento del grande progetto del ragazzo di Torino che, comunque, si alterna anche sull’European Tour. E a settembre 2016 diventa il primo italiano ad aggiudicarsi due volte l’Open di casa, superando di incolpo Danny Willet.
Collezionando, in Europa, il secondo posto all’Open di Spagna 2015 e a quello di Francia 2016 e, negli Usa, il terzo nel Memorial Tournament. E, cosa più importante di tutte, continua a crescere, ad elaborare il suo gioco, facendo volare la palla più alta, trasformandosi finalmente da stratega dei ferri in grande attaccante in fresco finalizzatore nel putt. Allargando il team alla ricerca dei migliori specialisti, allargando la visuale dove nessun altro italiano avrebbe osato, si aggancia al “coach della prestazione“ Dave Alred, che s’è fatto un nome nel rugby aiutando il mitico Johnny Wilkinson, e quindi nel golf l’ex numero 1, Luke Donald. “Era la figura che mi mancava, che ha spinto tutta la squadra a fare qualcosa in più, ha lavorato molto sul mentale e quindi sul mio gioco in generale, quello corto in particolare”.
L'ultimo step: il coronamento da campione
È la spinta decisiva di questa stagione memorabile. Dopo il bruciante secondo posto nel Pga Championship dell’anno scorso. A maggio, Chicco firma il quinto titolo European Tour e il primo Rolex Series, aggiudicandosi il BMW Pga Championship in un campo storico del golf come Wentworth, con un ultimo giro da scintille col quale lascia a due colpi anche un fuoriclasse come Rory McIlroy. Eguagliando così il primato del pioniere del golf italiano, il suo idolo, Costantino Rocca, con cinque successi sul tour europeo.
Manca di un soffio il terzo urrà all’Italian Open, ma diventa il primo azzurro dal 1947, ma in pratica il primo italiano in assoluto, a vincere un torneo sul Pga, al Quicken Loans National con un 62 finale che gli consente di imporsi con addirittura 8 colpi di vantaggio. Allenandosi al testa a testa, tecnico e psicologico, contro Tiger, nell’ultimo giro insieme. E meritandosi i complimenti del Fenomeno.
Nella sua crescita non c’è niente di casuale: anche quell’esperienza, quella spinta psicologia, gli servono. Infatti, all’Open Championship sferzato dal vento di Carnoustie, gioca le ultime 18 buche proprio accanto al Fenomeno, una circostanza che ha stroncato la carriera a molti, e che invece Chicco gestisce alla grande, chiudendo l’ultima giornata come la penultima senza bogey. Prima rispettando la consegna: “è il giorno dei par”, poi sprintando con due birdie e staccando tutti col 65 finale. La corsa è finita: ha vinto anche un major, il già antico del golf, stabilendo un altro record italiano.
Finita? macché, conoscendolo, come tutti i grandi, ora che s’è fatto campione, vuole già diventare un pluricampione, un supercampione, forse ancor di più. Ma in silenzio, con umiltà, dedizione, tranquillità, silenzio e lavoro, tanto lavoro. Grandissimo esempio da seguire per tutti. A cominciare dalla Federgolf che lancia la prima Ryder Cup italiana del 2022 con quest’ultimo regalo della buona sorte, chiamato Francesco Molinari, neo numero 6 del mondo, 1 della Race to Dubai, neo convocato d’ufficio alla terza Ryder Cup di Parigi, candidato al successo ai Pga Championship di agosto.
Impariamo tutti da Chicco, chiediamo aiuto a Chicco, seguiamo e imitiamo Chicco, l’italiano anomalo che programma e costruisce senza chiasso le proprie fortune.