U n pilota di sim racing, le gare automobilistiche che invece di essere sull’asfalto si svolgono in modo virtuale grazie a simulatori e software online, ha sconfitto un ex pilota di Formula 1 e campione di Formula E in una gara vera, in pista. A compiere l’impresa, la prima di questo genere, è stato un ragazzo italiano di 23 anni: si chiama Enzo Bonito, vive a Reggio Emilia e la sua vittoria ha fatto il giro del mondo: ne hanno parlato Top Gear, South China Morning Post e il Guardian. “È stata un’emozione unica, quando sono sceso in pista per le prove ho visto che andavo veloce come gli altri piloti, così ho cominciato a prendere confidenza”, racconta Bonito all’Agi. Pilota del team Red Line da sette anni, nel 2018 ha preso parte anche al mondiale di F1 Esports correndo per la McLaren dove ha chiuso al dodicesimo posto, unico degli italiani in competizione.
A fine gennaio è volato in Messico per prendere parte alla Race of Champions, l’evento durante il quale si sfidano uno contro l’altro i migliori piloti rally, di pista e di sim racing. Proprio lì ha sconfitto Lucas Di Grassi, 35 anni, un veterano delle piste con 19 gare in F1 e il titolo di campione del mondo di Formula E nel 2017 nel curriculum.
Big upset! Sim racer @EnzoBonito17 takes the scalp of @LucasdiGrassi! #ROCMexico @McLarenShadow pic.twitter.com/MMa98Pd4lP
— #ROCMexico (@RaceOfChampions) 19 gennaio 2019
Sgomberiamo il campo da equivoci: i software di sim racing non hanno niente a che fare con i classici videogiochi. Questi sono passatempi che mirano a far divertire il giocatore eliminando le variabili più complicate; i software di sim racing riproducono invece in maniera pressoché perfetta gli effetti che si provano alla guida, dal consumo dei pneumatici agli urti attutiti dalle sospensioni. “Ti preparano molto all’asfalto e lo usano anche i piloti di pista – spiega Bonito – Io ad esempio mi alleno spesso con Lando Norris, il nuovo pilota della McLaren in F1”.
Quali differenze rimangono tra guidare un’auto vera e un simulatore?
Non così tante, in realtà. Quella principale è la velocità: le auto che ho guidato in Messico fanno 0-100 km/h in due secondi e mezzo. Una volta superato, però, puoi applicare la tecnica del sim racing alla pista senza problemi. Anzi, l’auto vera ti dà più feeling, in un certo senso ti aiuta.
Cosa significa essere pilota di sim racing?
Allenarsi molto, innanzitutto: io preferisco dividere la mia giornata, fare magari due ore al mattino e altre due o tre al pomeriggio, e staccare ogni tanto. Oltre agli allenamenti ci sono le competizioni, i campionati proposti dai diversi sviluppatori dei software. Ci sono le qualifiche che si corrono da casa e, se vanno bene, arriva il momento delle gare. Le gare invece sono un po’ diverse, specialmente nel campionato di F1.
In che senso?
Il mondiale di F1 si corre in tre tappe: per quella di Londra, per esempio, McLaren ci ha messo a disposizione una casa dove ho vissuto con i miei compagni di squadra. Lì avevamo a disposizione i nostri simulatori e ci allenavamo insieme.
Lei è pilota di sim racing di professione: si guadagna bene?
Ho uno stipendio fisso: negli ultimi anni questo mondo sta crescendo molto e la paga permette di applicarsi tutti i giorni e di farlo come lavoro vero. Tantissimi sponsor si stanno interessando a queste corse e la sensazione è che il movimento continuerà a crescere molto anche in Italia. Oggi lo stipendio fisso varia dagli ottocento fino ai duemila euro al mese per i piloti davvero bravi. All’estero parliamo già oggi di cifre che arrivano a quindicimila euro al mese. Al fisso, poi, si aggiungono i montepremi delle varie corse.
I premi sono decisamente ricchi: nel 2017 la Visa Vegas eRace assegnava complessivamente un milione di dollari ai piloti. Bonito arrivò quarto, ndr).
Com’è diventato pilota di sim racing?
Fin da ragazzino ho sperato di salire su un’auto. Non avendone la possibilità ho cominciato con il sim racing. Volevo provare le stesse sensazioni: bastano un pc e un volante da attaccare alla scrivania, l’iscrizione online ed è fatta. Fino a un paio di anni fa usavo un tavolo di legno e la sedia normale; poi quando le cose si sono fatte più serie ho cambiato attrezzature. Oggi, nella mia cameretta, ho tante postazioni con cui guidare e poi il sedile, il volante e i monitor del computer.
E se suona il citofono mentre è in pista?
Lo dico sempre in casa mentre corro una gara: ‘Fate come se non ci fossi, come se fossi al lavoro!’. Per il resto no, se mi sto allenando e suona il citofono pazienza, stacco due minuti e torno. In fondo a casa è facile distrarsi, andare al frigorifero o fermarsi a guardare la televisione (ride, ndr), ma trovare la concentrazione non è un grande problema. I miei genitori sono molto coinvolti, sanno quello che mi piace fare e mi aiutano.
Pensa di farlo per tutta la vita?
Bella domanda… Ovviamente non puoi stare sul simulatore fino a 40 anni, per il futuro mi piacerebbe aprire un sim center, uno spazio dove fare sessioni di coaching per i ragazzi e allenare piloti che scelgono questa disciplina.