AGI - Vetture computerizzate, regolamenti studiati al millesimo e sicurezza messa al centro. La Formula 1 di oggi appare uno sport per robot, ma non è stato sempre così.
Un pò di anni fa la F1 si correva su strade polverose, le monoposto avevano ruote larghe come quelle di una moto e la sicurezza era praticamente inesistente. Domenica prenderà il via il 72esimo campionato mondiale di Formula 1 sul circuito del Bahrain, una pista avveniristica studiata a tavolino per ospitare i bolidi di Hamilton e compagni. Sembra un altro sport se confrontato con il Gran Premio che si svolse a Pescara nel 1957.
La pista abruzzese vanta tuttora un doppio record in F1: è stato il tracciato più lungo sul quale si sia mai svolta una gara (26 km, ben 3 km in più del famoso Nurburgring); e a tutt'oggi è l'unico circuito cittadino in Italia dove si sia disputata una corsa valevole per il campionato del mondo.
Inizialmente non era previsto di gareggiare a Pescara, ma la cancellazione del GP del Belgio e dei Paesi Bassi, spalancò le porte alla pista italiana che già dal 1924 ospitava una delle più importanti manifestazioni automobilistiche del tempo: la Coppa Acerbo.
Al Gran Premio si arriva sulla scia di una serie di polemiche legate alla sicurezza. Il 1957, infatti, per l'automobilismo era stato un anno funesto: a marzo era morto in un tragico incidente, mentre provava la sua Ferrari sul circuito di Modena, Eugenio Castellotti; e a maggio, durante la Mille Miglia di Guidizzolo, nell'Alto Mantovano, aveva perso la vita Alfonso de Portago, sempre alla guida di una rossa di Maranello. La magistratura, sull'evento, aprì un'inchiesta ed Enzo Ferrari, per protesta, aveva deciso di boicottare il GP di Pescara. Prendono parte alla gara 16 piloti e l'unica Ferrari a scendere in pista è quella privata di Luigi Musso.
Il sabato la pole position la firma il pluricampione del mondo Juan Manuel Fangio su Maserati, seguito dall'inglese Stirling Moss su Vanwall e da Musso. Fangio ci tiene particolarmente a ben figurare a Pescara, date le sue origini abruzzesi.
Sessantaquattro anni fa, il 18 agosto, giorno della gara, il sole splende e rende afosa l'aria. La griglia di partenza è in città, in Piazza Duca, lungo la Nazionale Adriatica.
La prima curva è sulla destra e porta verso Ovest, dove le monoposto sfrecciano tra polverose strade di campagna, piene di buche, che si alternano alle vie strette di paesini come Villa Raspa, Spoltore e Cappelle. Poi si piega a sinistra per andare verso Montesilvano, in direzione del mare, percorrendo un lunghissimo rettilineo dal nome evocativo: il chilometro lanciato. Qui Fangio, qualche anno prima, aveva fatto segnare la velocità record di 310 km/h. Il circuito, quindi, svolta di nuovo a sinistra e da Montesilvano torna a Pescara, sulla Nazionale Adriatica, dove il giro finisce. Al via Musso passa subito in testa, infilando sia Fangio che Moss.
L'inglese, però, ha la vettura più potente del circus e sorpassa prima l'asso argentino e poi l'italiano. Al decimo giro, la Ferrari tradisce Musso, che deve ritirarsi. Fangio sale in seconda posizione, ma non ha la velocità per andare a prendere la più potente Vanwall di Moss. Alla fine l'inglese vincerà davanti all'argentino e a Harry Schell su Maserati, ma non basta a fermare la corsa di Fangio, che si laurea campione del mondo di F1 per la quinta e ultima volta.
La Coppa Acerbo, invece, sopravvive fino al 1961, quando si corre l'ultima edizione, valida per il Campionato del mondo sport prototipi, con il nome di '4 ore di Pescara'. Sarà il canto del cigno della gloriosa corsa, che scomparirà soprattutto per questioni di sicurezza: un tracciato in cui si sfiorano le case di pochi centimetri e le strade di campagna hanno un asfalto inesistente, dove migliaia di persone si accalcano a bordo pista, aveva il suo grande fascino ma non era più tollerabile per le corse moderne.