"Ben vengano questi risultati che sono stimolanti per tutta la squadra. Speriamo che questo momento magico delle nostre brave ragazze duri tutto l'anno e che qualcuna di loro riesca a vincere la Coppa del mondo generale che è impresa mai riuscita da un'azzurra. Dico che alle spalle di questi trionfi c'è un grande lavoro di gruppo". Così in un'intervista con l'AGI, Deborah Compagnoni, la più blasonata e conosciuta sciatrice italiana della storia.
Compagnoni, oggi 49 anni, mamma di tre figli che si dedica al volontariato con una sua associazione onlus, è famosa nel mondo anche per essere stata la prima atleta ad aver vinto una medaglia d'oro in tre diverse edizioni dei Giochi olimpici. Deborah, 16 vittorie in Coppa del mondo, tre ori iridati tra il 1996 e il 1997, si è laureata campionessa olimpica nel 1992 in supergigante ad Albertville, nel 1994 in slalom gigante a Lillehammer e nel 1998 sempre in gigante a Nagano dove fu argento in slalom.
Parlando del suo passato paragonandolo alla polivalenza di oggi di Sofia Goggia e Federica Brignone, l'ex campionessa di Santa Caterina Valfurva dice, "quando nel 1992 mi sono infortunata al ginocchio alle Olimpiadi in Coppa occupavo il secondo con solo due discipline (slalom e gigante); mentre oggi Sofia e Federica sono competitive in tre discipline e quindi hanno molte più chance di vincere la Coppa generale".
Dello sci di oggi, Compagnoni afferma che "la squadra italiana merita questi risultati anche in vista dei Mondiali di Cortina del 2021 e speriamo possano essere un volano per i maschi che attualmente sono un po' in crisi nelle discipline tecniche". "Forse c'è un ricambio generazionale molto più forte nelle donne come si evince dai distacchi abbastanza risicati di queste sciatrici giovani", ha puntualizzato la valtellinese.
Due doppiette in questa stagione, le vittorie e i podi di Goggia e Brignone (terza azzurra più vincente in Coppa dopo Compagnoni e Kostner) fanno ritornare alla mente quella storica tripletta del 2 marzo del 1996 guidata proprio dalla Compagnoni nel gigante di Narvik. Nella località norvegese salirono sul podio anche Sabina Panzanini ed Isolde Kostner. "È un ricordo ancora molto vivo sia della gara che del podio, un momento molto speciale della mia carriera perché vincere e avere sul podio due compagne di squadra sono risultati che fanno bene ad uno sport come lo sci che resta individuale anche se ci si allena in squadra - sostiene Compagnoni -. La nostra vita è fatta di trasferte, hotel, allenamenti e gare".
Analizzando gli staff personali, non sempre visti di buon occhio, Deborah Compagnoni porta la sua esperienza di fine carriera (1996-1999). "Il mio tecnico era Walter Durbano ma mi allenavo tanto con la squadra. Dico che per arrivare ad alti livelli sei hai vicino una persona di famiglia o fidata si riesce a rendere meglio: è un qualcosa in più. Dal 1992 al 1999 mi seguiva mio fratello Yuri. Questo aspetto sta già accadendo con Federica seguita dal fratello e questo è positivo. Le campionesse hanno bisogno di un appoggio logistico. Se una persona si comporta bene, sta al suo posto, sta defilata, sta nella posizione che deve stare, non vedo perché ci debbano essere ostacoli soprattutto se si tratta di atleta donna - spiega Compagnoni -. Lo sci resta uno sport maschile di suo, freddo, sacche e borsoni, molto faticoso".
Cosa fa oggi Deborah Compagnoni? "Mamma a tempo pieno e mi occupo della 'Onlus Sciare per la vita' che da 18 anni ha un evento importante a Santa Caterina per raccogliere fondi per la lotta contro la leucemia che vengono destinati alla cura, ricerca e assistenza per le famiglie a favore del reparto di ematologia pediatrica dell'Istituto Maria Letizia Verga di Monza". L'onlus in tutti questi anni ha raccolto circa 600 mila euro. Compagnoni fa anche parte di un progetto per insegnare a sciare ai disabili anche tramite maestri di sci che sono stati ex atleti paralimpici.