I l 1 luglio parte la centoquattresima edizione di una delle tre corse a tappe ciclistiche più prestigiose del mondo, il Tour de France. L’edizione 2017 si contraddistingue per un ridimensionamento dei chilometri delle prove a cronometro, soltanto 36,5 contro i 54 dello scorso anno, una decisione in controtendenza rispetto alla storia recente della corsa francese.
Sui 3540 chilometri totali di questa nuova edizione della Grande Boucle c’è tanta salita, divisa equamente in cinque tappe collinari e cinque di alta montagna. Si partirà dalla Germania con un cronoprologo di 14 km in quel di Dusseldorf, per poi attraversare il Belgio. La prima vera prova d’esame per i candidati alla vittoria finale arriverà alla sesta tappa che va da Vittel a La Planche des Belles Filles, che prevede nel finale una salita di 5,6 km con una pendenza media dell’8,5%, con punti di pendenza massima del 20%: una salita veramente dura che potrebbe dire chi non lotterà più per la vittoria finale.
Le altre tappe da segnalare sono: il tappone pirenaico, dodicesima tappa da Pau a Peyragudes di 214 km, con due salite di prima categoria, Col de Menté e Col de Peyresourde, e l’Hors Catégorie del Col de Balès, ultimi 100 km di questa tappa che fanno su e giù: qui le squadre saranno importanti nella gestione della corsa dei favoriti.
Si va poi sulle Alpi: le tappe 17 e 18 potrebbero rivelarsi decisive. La prima è un tappone vero è proprio di 183 km da La Mure a Serre-Chevalier che affronterà salite storiche che hanno fatto la storia del Tour, in sequenza Croix-de-Fer, Col du Télégraphe e Galibier potrebbero fare la differenza anche se la lunga picchiata verso il traguardo potrebbe permettere un eventuale recupero di corridori che si sono attardati sulla salita.
Il giorno dopo tocca alla Briançon-Izoard: 179,5 km, di cui i primi piuttosto tranquilli, ma poi si va verso la lunga scalata al Col de Vars posto a 2100 metri. Si scende quindi a valle, a Guillestre, per poi risalire verso lo storico Izoard, salita leggendaria legata al mito di Fausto Coppi. Questa sarà l’ultima opportunità per gli uomini di classifica prima della crono di Marsiglia che servirà soltanto a consolidare le graduatorie, per poi spostarsi alla passerella finale di Parigi.
Tappe e velocità medie
L’edizione numero 104 del Tour propone quindi 3540 km divisi in 21 tappe, per cui ogni tappa ha una lunghezza media di 168,57, perfettamente in linea con i dettami del ciclismo moderno. Agli albori della competizione transalpina, però, le cose andavano diversamente: le prime edizioni, 1903 e 1904, erano contraddistinte da un chilometraggio totale inferiore (2500 km circa) ma suddiviso in sole sei tappe, creando una lunghezza media di più di 400 chilometri.
La sesta tappa del primo Tour (replicata anche l’anno successivo) prevedeva un percorso da Nantes a Parigi di 471 chilometri: non sorprende più di tanto, quindi, che sugli 84 ciclisti al via della manifestazione, soltanto 21 atleti raggiunsero la capitale.
Il Tour all’inizio del Novecento proponeva tappe talmente lunghe che, con una velocità media di 25 chilometri all’ora, richiedevano circa 16 ore per essere portate a termine. Prove massacranti per i corridori e anche difficilmente fruibili per gli appassionati, dal momento che le tappe erano così lunghe da essere percorse anche durante ore di buio.
Il trend del ciclismo moderno si è invertito. I chilometri totali sono circa mille in più ma sono spezzati in molte più tappe. Tappe più brevi, miglioramenti tecnici e progressi nel campo medico e dell’allenamento hanno quindi alzato nettamente le velocità medie della competizione: il record - tenuto conto del fatto che il dato non è interpretato alla luce dei dislivelli e delle altimetrie - spetta all’edizione 2005, quando il Tour fu completato a una velocità media di 41,654 km/h (ma quel record è viziato dal doping, essendo stato stabilito da Lance Armstrong, poi squalificato).
Negli ultimi anni assistiamo a un leggerissimo abbassamento delle velocità medie, ma come detto occorre precisare che i percorsi non sono sempre uguali e altimetrie e dislivelli possono nettamente contribuire a influenzare il dato.
I favoriti
A cronometro si è deciso il Giro d’Italia del Centenario a favore dell’olandese Tom Dumoulin - che, va detto, si è difeso egregiamente anche in salita - ma Oltralpe quest’anno sembra che la vittoria finale possa essere appannaggio di scalatori più puri. Il favorito d’obbligo del Tour 2017 è Chris Froome che, anche grazie al supporto del suo team Sky, ha dominato tre delle ultime quattro edizioni. Nonostante un inizio di stagione un po’ sottotono sarà sicuramente l’uomo di riferimento della corsa transalpina. Un altro nome da seguire con attenzione ma le cui quotazioni sembrano un po’ in ribasso è il madrileno Alberto Contador. Il trentaquattrenne è fin qui il corridore in attività che ha vinto più grandi giri (2 Giri d’Italia, 2 Tour de France e 3 Vuelta di Spagna). Da quest’anno corre con la nuova squadra Trek-Segafredo e ha concentrato tutta la sua stagione sul Tour. Pur sapendo di non essere l’uomo imbattibile di un tempo, ha dalla sua parte un grande senso tattico che lo rende capace di cambiare la corsa da un momento all’altro.
Dall’Australia ecco Richie Porte, l’alfiere della BMC sembra nella sua stagione di grazia. La sua ottima prestazione al Giro del Delfinato (ha chiuso al secondo posto) lo ha distinto quale uno dei più in forma tra tutti i pretendenti al Tour. Bisognerà vedere se riuscirà ad essere costante nell’arco delle tre settimane. Il suo curriculum nei Grandi Giri, come si vede dai grafici, non è incoraggiante: nessuna tappa finta finora e nessuna classifica generale vinta. In casa Movistar abbiamo invece una coppia di capitani: il trentaseienne Alejandro Valverde, protagonista nelle classiche di primavera, che proverà a lottare per un posto nei primi cinque e per portare a casa almeno una vittoria di tappa, provando ad aiutare quel Nairo Quintana che quest’anno ha fallito di pochissimo il suo primo obiettivo, ovvero il Giro d’Italia.
Quintana dovrà correre con carattere e mettersi in prima linea se vuole vincere il Tour. Le sue capacità di scalatore sono indiscutibili, ma non lo è altrettanto il suo modo di approcciare la corsa, spesso troppo prudente. Un altro colombiano che sarà da tenere d’occhio è il piccolo Esteban Chaves, ciclista in grande ascesa. Lo scorso anno è arrivato a un soffio dalla vittoria del Giro e si è classificato terzo alla Vuelta.
Quest’anno il Tour presenta un percorso che fa proprio al caso suo e per questo Chaves potrebbe dare grande spettacolo. Per quanto riguarda gli italiani, le speranze sono riposte soprattutto nel neocampione d’Italia Fabio Aru. Il Cavaliere dei 4 Mori, questo il soprannome del sardo, si ritrova alla partenza del Tour dopo che un problema al ginocchio lo ha costretto a saltare il Giro d’Italia. Al suo rientro al Delfinato si è mostrato molto attivo e importante nella causa del compagno di squadra al danese Jackob Fulgsang (fresco vincitore del Giro del Delfinato 2017) nella corsa francese.
È proprio su quest’ultimo che l’Astana ha deciso di affidarsi per la classifica generale del Tour, lasciando però la possibilità al sardo di conquistarsi i gradi di capitano sulla strada. Per ultimi non possiamo che menzionare i ciclisti transalpini. Il sogno dei francesi è sempre quello di vedere un connazionale sul gradino più alto del podio, ma ciò non accade da ben 32 anni, ovvero dalla vittoria nel 1985 di Bernard Hinault. Tuttavia, Romain Bardet in questo momento sembra poter rappresentare più che una speranza per i transalpini.
L’anno scorso riuscì a conquistare la seconda piazza generale dietro Froome e quest’anno pare deciso almeno a riconfermarsi. Da ricordare anche la presenza di Thibaut Pinot e Pierre Rolland che hanno portato a casa dal Giro due tappe e potrebbero fare bene anche in casa. Fuori dalla classifica generale non si può non menzionare il campione del mondo Peter Sagan, che lotterà sicuramente per importanti successi di tappa distinguendosi come sempre per il suo carattere estroso.
Vittorie per nazionalità
Su 96 Tour assegnati su 103 quattro nazioni dominano per titoli conquistati, spartendosi quasi l’80% dei Tour in palio: la Francia domina con 36 titoli - ma, come detto, non vince da 32 anni - e doppia il Belgio (fermo a 18 e a digiuno dal 1976 con la vittoria di Lucien Van Impe).
La Spagna è recentemente diventata la terza forza, grazie ai cinque Tour vinti da Miguel Indurain nel quinquennio 1991-1995 e alle vittorie negli anni Duemila di Oscar Pereiro (2006), Alberto Contador (2007 e 2009, più quello 2010 revocato per doping e assegnato al lussemburghese Andy Schleck) e Carlos Sastre (2008).
L’Italia è quarta a quota dieci vittorie: l’ultima nel 2014, grazie a Vincenzo Nibali, capace di riportare il Tricolore italiano sul pennacchio più alto agli Champs Elysèes 16 anni dopo l’impresa di Marco Pantani, ultimo corridore che ha realizzato nello stesso anno la doppietta Giro d’Italia - Tour de France.
Guardando questa classifica per nazioni più nel dettaglio, vediamo come sia in ascesa la Gran Bretagna, che fino alla vittoria di Bradley Wiggins del 2012 era a quota zero, ma oggi grazie alla tripletta di Chris Froome (2012, 2015 e 2016) è già a quota 4 a una sola lunghezza dal Lussemburgo, quinta forza di questa classifica.
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Chris Froome ha l’occasione di fare un passo verso il record di vittorie del Tour e arrivare a quota quattro. Finora il record è pari a 5 vittorie ed è co-detenuto da quattro corridori: Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault e Miguel Indurain. Nessun corridore ha collezionato quattro primi posti, mentre a tre, oltre a Froome, troviamo Philippe Thys, Louison Bobet e Greg LeMond, che rimane l’unico americano a fregiarsi della vittoria del Tour de France dopo lo scandalo che ha cancellato il dominio di Lance Armstrong e la vittoria nel 2006 dell’altro americano Floyd Landis, squalificato a sua volta per doping.