AGI - Quel gioco che non c'è mai stato e quei risultati arrivati solo in parte. E quei giocatori, adatti al suo gioco, che non hanno mai vestito la maglia bianco e nera o che lui, Maurizio Sarri, non e' riuscito a plasmare pienamente attraverso la sua idea di calcio facendoli ingrigire.
Quella stessa idea che aveva fatto innamorare gli empolesi e i napoletani ma non i londinesi e i torinesi, piu' abituati ad alzare coppe che a nutrirsi di stile e bel gioco. Alla fine "la stagione agrodolce", copyright Andrea Agnelli, costa la panchina al tecnico nato a Napoli ma di famiglia toscana, che dopo 14 mesi lascia Torino e l'Allianz Stadium. Vincente, in parte. Convincente, quasi mai.
Il nono scudetto consecutivo della Vecchia Signora, conquistato con un solo punto di margine sull'Inter a due giornate dal termine, non e' bastato per la conferma. Nonostante Agnelli avesse sottolineato dopo la sfida con il Lione "la pagina di storia del calcio" scritta da quello che forse era già un ex allenatore. Una pagina corta, forse cortissima.
La Juventus, in fondo, era abituata a dominare in terra italica. Vincere di un soffio il campionato, perdere la Supercoppa contro la Lazio, perdere la Coppa Italia contro il Napoli. La bilancia, a guardarla bene, non pendeva troppo verso il tecnico 61enne. Così i margini di quella pagina si son fatti fin troppo stretti.
Adatti solo a contenere un'altra parola: esonero. Gli infortuni di Dybala e Chiellini in momenti chiave della stagione, l'addio anticipato di Pjanic, una rosa "vecchia" come ha ricordato lo stesso Agnelli. Anche le possibili attenuanti sembrano piu' giustificazioni per qualcosa che è mancato. E che non si chiama solo "entusiasmo".
Ma è stata la cocente sconfitta (non placata dalla tiepida vittoria di ieri) con il Lione in Champions a segnare la fine del percorso di Sarri alla Juventus. Perché la coppa dalle grandi orecchie è ormai un sogno diventato ossessione che tormenta i tifosi e alimenta gli sfottò degli avversari. E questa eliminazione ha fatto più male del solito. Perché è avvenuta agli ottavi di finale, troppo presto; perché è arrivata contro una squadra più che abbordabile, il Lione di Rudi Garcia e non con il Real di Zidane o il Manchester City di Guardiola; perché avvenuta all'indomani di una gara regalata, almeno per metà: quella dell'andata in terra francese pre-pandemia. Il punto piu' basso, forte, della stagione sarriana.
Perché, a vedere le statistiche, Cristiano Ronaldo non usciva agli ottavi di finale dalla stagione 2009-10. E la Juve, oggi, a scanso di altre clamorose sorprese, è la squadra del portoghese. "Un pilastro", ha ricordato Agnelli cercando, almeno a voce, di tenerselo stretto. Quello che non e' riuscito a Sarri. Entrare nelle grazie dei tifosi e diventare insostituibile. Almeno per piu' di una, seppur lunghissima, stagione.