L 'emergenza coronavirus ferma l'Italia ma (almeno per il momento) non il calcio. Ieri si è giocato il recupero della ventiseiesima giornata. Per domani è stato convocato un Consiglio Federale straordinario della Figc per decidere su una possibile sospensione del campionato.
"La decisione spetta a chi conosce le condizioni generali del paese e a chi ha il potere di fare continuare o chiudere", dice all'AGI Dino Zoff. Il campione del mondo ed ex numero uno della Juventus e della nazionale sostiene: "E' facile parlare. Chi di dovere decida. Sono cose così delicate sotto tutti gli aspetti. Chi ha il potere di fare, faccia. Nel bene o nel male si vedrà dopo".
Altro campione del Mondo, altra opinione. Franco Causio, anche lui nella nazionale dell'82, dice: "Io credo che per la salute della gente si doveva sospendere prima il campionato. Avrei fermato tutte le competizioni sportive. Ora non so che decisioni prenderanno, secondo il mio punto di vista era da sospendere prima".
Non azzarda previsioni sulla riunione di domani ma spera si "mettano da parte tutti gli interessi economici che ci sono, non e facile, ma si pensi soltanto alla salute della gente". "La salute è un bene pubblico", dice Giuseppe Furino all'AGI. L'ex capitano bianconero e calciatore simbolo della Juventus anni '70 e '80 spera venga presa una decisione il prima possibile. "Occorre che le istituzioni stiano attente e diano le giuste disposizioni", dice l'ex centrocampista.
"Si vive anche senza calcio. Spero non per tanto tempo ma la cosa più importante è uscire da questa situazione", sottolinea con una battuta. "Non sono in grado di dire se si debba sospendere o meno il campionato", aggiunge, "ma se va fatto sta alle istituzioni prendere questa decisione".
La salute in primis, come aveva detto Damiano Tommasi, presidente Assocalciatori, che in un comunicato diffuso sul sito dell'associazione parlava di "situazione grave e seria" e chiedeva una sospensione del campionato, anche per tutelare la salute dei giocatori. Un appello lanciato anche da alcuni calciatori.
Mario Balotelli su Instagram chiedeva di non giocare: "Giocare significa entrare in contatto con tante altre persone e soprattutto viaggiare. A causa del coronavirus non posso vedere i miei figli e non vorrei attaccare niente a mia madre. Dovremmo giocare per far divertire qualcun altro? Oppure per non far perdere soldi a qualcuno? Riprendetevi, con la salute non c'è nulla da scherzare".
Anche Andrea Petagna sullo stesso social, dopo la partita vinta dalla sua Spal contro il Parma, scriveva: "In questo momento di difficoltà il calcio deve essere messo da parte. La salute di tutti gli italiani al primo posto. Poi torneremo a giocare".
Filippo Inzaghi, allenatore del Benevento con vista sulla Serie A spiega: "La salute viene prima di tutto, il calcio deve tornare quando sarà il momento giusto". Anche lui è favorevole alla sospensione: "Spero che ci facciano capire ciò che sta succedendo e che fermino tutto perché così non ha senso più nulla. Onestamente faccio fatica a parlare di calcio".
Anche perché le streghe, che stanno disputando una stagione fantastica, "meritano di tornare in campo con lo stadio pieno per godersi un campionato storico per tutta la serie B. Questa squadra - aggiunge Inzaghi - merita di festeggiare con il suo pubblico. Però, in questo momento, non riesce a godersi più nulla".
Una delle possibili decisioni, per far fronte all'emergenza, sarebbe quella di "congelare" il campionato. In questo modo non si assegnerebbe alcun titolo e salterebbero anche retrocessioni e promozioni, invalidando la stagione fantastica del Benevento.
Le altre soluzioni vanno dalla richiesta di slittamento degli Europei che iniziano il 12 giugno alla decisione di un calendario alternativo che però pare difficile visti gli impegni dei diversi club. Qualora si rinviasse la manifestazione continentale si potrebbe sospendere il campionato e trovare con maggiore calma altre date disponibili in estate.
Da Nyon nessuno pare aprire all'ipotesi, quindi resta da valutare una possibile ulteriore soluzione, soprattutto perché l'appello di buona parte del mondo degli sportivi va in un'unica direzione, quella di non giocare.