N emmeno un’emergenza internazionale come il #coronavirus è riuscita a mettere tutti d’accordo nel mondo del calcio. Dopo alcuni giorni tesissimi con la Lega e i presidenti delle 20 squadre di Serie A incapaci di trovare una soluzione, ci ha pensato il governo, dopo aver consultato il Comitato tecnico scientifico, a prendere una decisione: per almeno un mese lo sport si farà senza spettatori e le partite si disputeranno a porte chiuse.
Dopo il rinvio delle due semifinali di ritorno della Coppa Italia, la decisione è parsa inevitabile per tentare di contenere la diffusione del virus. Il rischio era (e resta) persino quello di fermare tutte le manifestazioni sportive fino a data da definirsi. Anche le scuole sono state chiuse in tutta Italia fino a metà marzo. Insomma, siamo di fronte a una situazione senza precedenti.
Ma la passione degli sportivi è più forte di tutti i pericoli a quanto pare. Infatti, sui social, la maggioranza dei tifosi (di tutte le squadre) non è d’accordo: quasi il 56% di loro non condivide lo stop, “The show must go on” nonostante tutto, il calcio è bello in compagnia perciò tutti allo stadio, a loro parere.
Il #coronavirus in relazione allo sport ha prodotto 128 mila conversazioni ma ancora più sorprendente è l’analisi delle emozioni rilevabili all’interno dei contenuti. Vi troviamo disapprovazione e rabbia nel 70% dei tweet. In tanti non comprendono la gestione complessiva dei campionati (ad esempio perché in serie B si è giocato e in A no).
Tutti i protagonisti delle decisioni (governo, Lega e dirigenti dei club), non trovano consenso e la piazza social restituisce un’immagine di sé stessa conflittuale e confusa. Come un grande stadio pieno di tifoserie divise sul da farsi.
Il governo ha messo la parola “fine” alla discussione attraverso il discorso del Ministro per le politiche giovanili e lo sport, Vincenzo Spadafora: “La Serie A può andare avanti ma a porte chiuse”.
Ho sentito dire che per via dei tanti impegni i calciatori rischiano di essere sotto stress, giocando tante partite. Permettetemi di obiettare: io penso anche ai 3 infermieri che da 10 giorni lavorano all'ospedale di Codogno senza fermarsi mai. Ecco,loro davvero sono sotto stress https://t.co/xNLPr8mLO7
— Vincenzo Spadafora (@vinspadafora) March 1, 2020
Questa cosa che il #Coronavirus gira indisturbato in Serie A, dove hanno appena rinviato 5 partite, e non in Serie B, dove si gioca regolarmente ovunque, i virologi dovranno studiarla bene.
— matteo grandi (@matteograndi) February 29, 2020
Questa cosa che il #Coronavirus gira indisturbato in Serie A, dove hanno appena rinviato 5 partite, e non in Serie B, dove si gioca regolarmente ovunque, i virologi dovranno studiarla bene.
— matteo grandi (@matteograndi) February 29, 2020
Coronavirus:
— Tifoblog (@tifoblogIT) March 4, 2020
Il calcio italiano sta mostrando il volto più vergognoso che mai si possa mostrare. Se la gioca con il governo a figuracce...
C'è da farci un sondaggio #COVID19 #coronavirusItaly #4marzo #NapoliInterhttps://t.co/rB1BQpKHfP
Eppure a tutti è chiara l’ampiezza del problema: la frase più presente all’interno dei contenuti è proprio “epidemia è partita” ma evidentemente la voglia di gol e spettacolo è più forte della paura di ammalarsi.
Il picco delle conversazioni si è avuto il 28 febbraio con oltre 10 mila tweet, quando la Lega ha deciso di far disputare il derby d’Italia, Juventus-Inter, il 13 maggio (decisione poi non confermata nei giorni a seguire. Juventus-Inter si disputerà domenica 8 marzo a porte chiuse).
Sui social è scoppiata la polemica per diverse ragioni, riaccendendo l’ostilità tra tifosi juventini e interisti: i biglietti erano già stati venduti, e si stimava che la partita avrebbe portato un incasso stimato di circa 5 milioni di euro.
C’era quindi il problema per la Juventus dell’eventuale rimborso ai tifosi. Ma è stata l’Inter a lamentarsi sentendosi penalizzata più delle altre squadre, rischiando di dover disputare a maggio tantissime partite, soprattutto pensando all’eventuale passaggio del turno in Europa League.
Su Instagram l’attacco di Zhang a Dal Pino: “Pagliaccio!”
Il coronavirus tra le tante conseguenza negative è riuscito a innescare tensioni in un mondo, quello del calcio, già notoriamente pieno di polemiche.
Le decisioni della Lega non sono piaciute al giovane presidente dell’Inter Steven Zhang, che dal suo profilo Instagram (477 mila follower) ha lanciato un fortissimo attacco al Presidente della Lega Serie A, Paolo Dal Pino, con una Instagram Stories. Dal Pino è stato apostrofato come il "più grande pagliaccio che abbia mai visto".
Un messaggio che mantiene visibilità per 24 ore prima di autoeliminarsi, a meno che non venga salvata tra i “preferiti” (nel profilo non è attualmente più visibile). La procura della Figc ha aperto un’indagine. Una conversazione che ha provocato un sentiment negativo principalmente sul presidente delle Lega (63% negativa), mentre il 47% dei tifosi si schiera col dirigente dell’Inter.
Toni durissimi, al punto da mettere in dubbio la regolarità del campionato: "E tu parli di sportività, di campionato regolare - continua Zhang - Cosa dici sul fatto che non proteggiamo i nostri giocatori e allenatori e chiedi loro di giocare 24 ore al giorno e 7 giorni su 7. Sto parlando a te, il nostro presidente di Lega, vergognati”.
Dal Pino: "Io devo difendere l'immagine della Serie A nel mondo"
— Daniele Mari (@marifcinter) March 2, 2020
Allora ci dica, signor presidente: che immagine ha nel mondo una Serie A che, al 2 marzo, ufficialmente non può terminare la stagione a meno che una delle sue squadre non venga eliminata dall'Europa League?
#DalPino dice di aver proposto a #Marotta lo spostamento di #JuveInter al lunedì ma non spiega perché la #LegaserieB non si è posta il problema e ha giocato a porte chiuse.
— Fabrizio Biasin (@FBiasin) March 1, 2020
Un sistema che in tempi di #Coronavirus distingue tra tesserati di serie A e B è un sistema pericoloso.
Sulla specifica polemica la frase più presente all’interno dei contenuti è proprio “campionato è falsato” ovviamente con la massima quantità di conversazioni concentrata tra Lombardia e il Piemonte.