I l pareggio, chiamatela disfatta, tra Italia e Svezia è un dispiacere ancora troppo fresco per essere dimenticato dagli italiani che ieri hanno tifato inutilmente la nazionale di Gian Piero Ventura. Eppure c’è qualcosa che si può fare per provare a lenire questa tristezza e, allo stesso tempo, dare voce a un movimento che ne ha assoluto bisogno. La nazionale femminile di calcio è in piena lotta per conquistare i suoi di mondiali che si disputeranno, in Francia, nel 2019. Una partecipazione che manca dal 1999. Una competizione dove le azzurre non sono mai andate oltre i quarti di finale del 1991. Eppure, proprio quest’anno, si inizia a respirare una nuova aria.
La sfida con il Belgio
Per ora quello della calciatrici italiane è un percorso netto. Tre partite e tre vittorie. Superata la Romania, due volte, e la Moldavia, ora toccano gli impegni più complicati: il Portogallo, la gara si giocherà il 24 di questo mese, e soprattutto il Belgio. La formula di qualificazione, infatti, non lascia scampo a calcoli. A passare saranno soltanto le prime dei 7 gironi. Le migliori 4 seconde giocheranno solo uno spareggio allargato per staccare l’ultimo biglietto disponibile. Le ragazze di Milena Bertolini dovranno dunque imporsi in terra lusitana per poi giocarsi tutto contro il Belgio, la vera favorita del girone.
Un movimento in crescita
Non è un caso se quest’anno il movimento stia godendo di migliore salute. Si sta disputando un campionato più competitivo con il coinvolgimento delle grandi società, come la Juventus e il Sassuolo, e un allargamento dei vari campionati, sia la Serie A che la Serie B vedono 12 squadre iscritte, che stanno facendo venire fuori nuovi talenti e decretando quel cambiamento generazionale che potrebbe garantire uno storico, e tanto atteso, traguardo.
Un problema di riconoscimento
Insieme alle sfide sui campi di pallone, però, il movimento femminile italiano sta combattendo un’altra battaglia, quello del riconoscimento delle atlete come professioniste parificate ai colleghi maschi. In un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, Bertolini insiste su quello che è un punto fondamentale e che riguarda, oltre alla maggioranza degli sport nel nostro Paese, anche “il ruolo della donna nella nostra società”. Quali sono queste battaglie? Assicurare premi e remunerazioni per le calciatrici e per le sportive che siano uguali a quelli dei colleghi maschi, riconoscere il professionismo dove si parla ancora di dilettantismo (ma che spesso fa vincere medaglie alle Olimpiadi), annullare la differenza nei montepremi di gare e competizione (l’ultimo caso pochi giorni fa nelle Marche), nominare figure femminili nei principali ruoli dirigenziali italiani. Una parità di genere che lo sport italiano fatica a riconoscere e che oggi, invece, è urgente come non mai.