I sogni del Milan si fermano a Nyon. L’Uefa ha negato al club rossonero il settlement agreement, vale a dire il patteggiamento delle sanzioni per la “violazione delle norme del Fair Play Finanziario”. La camera investigativa del Club financial control body aveva già deciso a dicembre scorso di non concedere il voluntary agreement. Non è stata sufficiente l’ambizione dell’ad Marco Fassone che sperava di incassare un giudizio positivo contando sui dati positivi della semestrale.
Prossima tappa: il processo. Il Milan andrà a giudizio, all’incirca a metà giugno. Quel giorno, i tre giudici del consiglio decideranno come sanzionare il club per aver sforato il bilancio nel triennio precedente (2014-2017). Il ventaglio delle possibili sanzioni è ampio. A fronte di un deficit di oltre 100 milioni, tra le ipotetiche punizioni – stop al mercato, restrizioni della rosa, multe – non è esclusa la più severa: l’esclusione dalle Coppe. Cioè, addio Europe League.
La notizia è di per sé eclatante: in genere l’Uefa e i club calcistici riescono a raggiungere un accordo. Nel caso del Milan, ricostruisce Gazzetta dello Sport, la (tacita) strategia di Nyon era stata di concedere tempo al Milan nella speranza che arrivassero elementi positivi in merito al rifinanziamento, alla proprietà, ai ricavi futuri. Ma nessuna buona notizia è giunta a cambiare la decisione finale.
Perché l’Uefa ha bocciato il Milan? I motivi del rinvio a giudizio, scrive Gazzetta, sono gli stessi del no al voluntary (qui il comunicato ufficiale dell’Uefa).
Troppe incertezze sul rifinanziamento del debito (non ancora completato) di 303 milioni - contratto con il fondo americano Elliott - e “sugli effetti passivi da pagare entro ottobre 2018”. A pesare, scrive il Corriere della Sera, i troppi dubbi sulla affidabilità finanziaria del principale azionista del Milan, Li Yonghong, e sulla continuità della gestione economica.
Hanno indiscutibilmente nuociuto al Milan i continui rinvii del rifinanziamento da parte del misterioso uomo d’affari, a rischio default. Il patron del Milan, 48 anni, è al centro di numerose inchieste giornalistiche per numerose truffe e il millantato impero (recente la notizia del fallimento della sua cassaforte, la società Jie Ande). Non solo: la procura di Milano ha aperto un’inchiesta sulla cessione del club all’imprenditore cinese,
Non è bastata la garanzia di continuità aziendale da parte del fondo Elliott. Le incertezze permangono anche nell’eventualità che alla scadenza del debito (ottobre 2018) il fondo americano subentri come nuovo proprietario (vorrà vendere a sua volta?). Non solo. L’Uefa bacchetta il Milan anche sul piano dei ricavi: il business plan si basa su ipotetiche entrate prive di riscontro (qualificazione alla Champions League e nuovi sponsor asiatici: peccato che il mercato cinese sia stato ancora avviato).
Tutti questi elementi sono emersi nelle numerose inchieste dell’Agi sulla incerta provenienza dei soldi con cui il 13 aprile 2017 la Rossoneri Sport Investment Luxembourg di Li Yonghong ha rilevato da Fininvest il 99,93% di AC Milan.
I giudici decideranno le sanzioni in base alle informazioni attuali, quindi è difficile che il Milan riesca in un mese a produrre informazioni dettagliate su Li o a concludere il rifinanziamento.
Gazzetta non esclude l’ipotesi che Li, impossibilitato a rifinanziare il prima possibile, decida di vendere. Scenario paradossalmente migliore per il futuro della squadra: un nuovo proprietario potrebbe infatti strappare condizioni migliori all’Uefa.
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