D opo 31 giorni di attesa e 63 partite giocate siamo arrivati finalmente all’atto conclusivo. Oggi, alle 17, allo stadio Luzhniki di Mosca, si gioca la finale dei mondiali di calcio, la più imprevedibile e inaspettata da molti anni. Da una parte la giovane Francia di Mbappé, Griezmann e Pogba. E di Deschamps che non si è fatto intimidire dai fantasmi che aleggiavano sopra la sua panchina fin dal primo match. Dall’altra la Croazia di Mandzukic, Modric e Perisic. E di Zlatko Dalić, che è riuscito a mettere a sistema l’enorme talento a disposizione. Decidere per chi tifare potrebbe non essere così semplice e, prima di saltare a facili conclusioni, è meglio sapere come entrambe arrivano a quella che è, a tutti gli effetti, la partita che vale una carriera.
L'attaccante francese Kylian Mbappe
e quello croato Mario Mandzukic
Il dominio della Francia
Se da una parte sono già molti quelli che hanno dichiarato di tifare per la squadra balcanica, altri hanno ricordato quanto la Francia, per aspettative e gioco, si sia meritata di arrivare in fondo al torneo. È stato ricordato troppo poco, ad esempio, come quella di oggi sia la terza finale negli ultimi vent’anni per i francesi. Con un bilancio di una vittoria, in casa, nel 1998 e una sconfitta, a noi molto cara, nel 2006 in Germania. Nessun’altra nazionale è riuscita a tenere l’asticella così in alto, nella massima competizione internazionale, come loro. Il tutto attraversando due generazioni di calciatori e un ricambio continuo di talenti e fuoriclasse.
Il precedente
In Croazia nessuno ha dimenticato la semifinale giocata nel 1998. Fino ad oggi il momento più alto toccato dalla nazionale in un mondiale. Una sfida persa per 2-1 proprio contro la Francia. Allora fu la doppietta di un difensore, Lilian Thuram, a lungo in Italia con le maglie di Parma e Juventus, a decretare la supremazia bleu. Fu un secondo tempo che scrisse una pagina importante nella storia del calcio: l’errore di Boban, il gol di Suker, l’espulsione di Blanc, le giocate di Zidane. E Deschamps che rimase in campo per tutta la partita.
Semifinale della Coppa del mondo 1998
Dario Simic e David Trezeguet / AFP
L’antipatia della (e verso la) Francia è vera?
Ammettiamolo: tifiamo Croazia anche perché i francesi ci stanno particolarmente anticipatici. “Loro, al posto nostro, tiferebbero Croazia”. Ma è il Corriere, in questo pezzo di Aldo Cazzullo, a provare a togliere il velo a quella che, in fondo. è solo una credenza diffusa: i francesi non ci disprezzano ma coltivano da sempre un sentimento di superiorità verso tutti. Ma c’è di più. “La storia dimostra anzi che le élites francesi, da Carlo VIII a Mitterrand, sono ossessionate dall’Italia. Da almeno sei secoli tentano di conquistarla, o di sedurla”. L’Italia, continua Cazzullo, ha dato alla Francia due regine, un cardinale quasi re, un imperatore e molte altre figure di spicco. Senza contare tutti gli artisti che a Parigi hanno trovato una seconda casa. Ma tutto questo è un buon motivo per dimostrarci superiori e quindi, sorpassando ogni pregiudizio storico, tifare per loro?
Il calcio per la Croazia
Chi ha deciso di sostenere i giocatori con la maglietta a scacchi è giusto che sappia quanto il pallone sia importante per un Paese così giovane, nato nei primi anni ’90 del secolo scorso. La guerra per la secessione e l’indipendenza, infatti, è nata in parte anche all’interno di uno stadio. Più precisamente dai disordini scoppiati nel 1990 allo stadio Maksimir di Zagabria, tra la squadra di casa, la Dinamo, e gli ospiti, i serbi della Stella Rossa di Belgrado. A raccontare la vicenda, e le sue conseguenze, sportive e no, è Leonid Bershidsky, giornalista russo di Bloomberg, il cui pezzo è stato tradotto da Internazionale. Vale la pena leggerlo. Così come quello, pubblicato da Il Post, sulla storia di Modric.
Due scuole a confronto
Non stiamo certamente parlando di nazioni che si trovino, geograficamente, agli antipodi del Pianeta. Ma nonostante la vicinanza, Parigi e Zagabria distano circa 13 ore di auto, le due squadre sono profondamente diverse. La Francia multietnica può vantare giocatori che hanno origini più sparse: è “piena di fuoriclasse africani mescolati a buonissimi giocatori bianchi”, come scrive il Corriere. Dall’altra parte c’è la scuola bianca e slava, con forti, fortissime influenze italiane e tedesche. Difficile dire chi sia la migliore. L’unica cosa certa è che il livello di entrambe è altissimo.
Alcune statistiche
La differenza di gioco tra le due finaliste è raccontata anche dai numeri che la Gazzetta ha messo in fila: “I francesi tirano di meno (74 a 99), ma trovano più di frequente la porta (37,7% contro 33,3%), i croati fanno più possesso e quasi il doppio di cross (19 contro 9,8). I Bleus concedono meno tiri in porta (16 a 21) e hanno chiuso senza subire gol 4 gare (contro 2)”. Che la parola chiave sia equilibrio?
Il percorso: dominio “quasi” totale contro montagne “russe”
Se il mondiale dei galletti è stato quasi trionfale, visto che la squadra di Deschamps è rimasta in svantaggio per soli 9 minuti in tutto il mondiale (il momentaneo 2-1 dell’Argentina negli ottavi), quello della Croazia è stato come salire e scendere, senza tregua, dalle montagne russe. Tre volte in svantaggio nelle sfide dei gironi (contro Argentina, Islanda, e Nigeria), due vittorie ai rigori negli ottavi e nei quarti e una, al secondo supplementare, in semifinale. Difficoltà superate grazie anche ai suoi giocatori di maggior rilievo che hanno giocato, nei rispettivi club, molte partite di una certa levatura e importanza.
I recenti esordi
Ci sarebbero, infine, gli ultimi precedenti delle “esordienti” a una finale mondiale a dover generare ottimismo nelle file dei tifosi croati. Le ultime due debuttanti, proprio la Francia nel 1998 e la Spagna nel 2010, sono riuscite a conquistare la Coppa superando rispettivamente Brasile e Olanda. Gli orange, nel 1974, sono stati invece gli ultimi novellini a fallire nell’impresa. La Croazia è la tredicesima squadra in grado di arrivare a giocarsi l’ultimo atto della competizione. Basterà questo dato scaramantico a superare l’ostacolo più duro?