Cinquant'anni fa è stata scritta la storia sportiva di un popolo intero. Gigi Riva aveva portato il suo Cagliari alla conquista del primo, e unico, scudetto. Per una volta il dominante nord del pallone veniva sconfitto e un'intera isola conquistava la sua piena cittadinanza agli occhi della nazione. Una rivoluzione correva su un prato verde di uno stadio che, più di ogni altra cosa, evocava già nel nome il sacrificio e la lotta che quegli undici guerrieri portarono avanti in una cavalcata quasi mitologica
Lo scudetto di un'isola intera
Una squadra destinata a cambiare tutte le carte in tavola. "Lo scudetto del Cagliari rappresentò il vero ingresso della Sardegna in Italia. L'isola aveva bisogno di una grande affermazione e l'ha avuta con il calcio". Per Gianni Brera furono un pallone, due porte, una folla esultante e una passione infinita a (ri)battezzare nuovamente quella terra così antica e così orgogliosa
In panchina, Manlio Scopigno e le sue sigarette. Lo chiamavano il filosofo. Non era un allenatore tenero neanche con il sistema calcio e i giornalisti. "La Juventus è a un punto? Bene, con un punto in più, se il regolamento non cambia, lo scudetto lo vincerà il Cagliari.“ E così fu.
Chi ha il cuore rossoblù, quella "poesia" di undici versi la recita ancora a memoria. Albertosi, Martiradonna, Zignoli, Cera, Niccolai, Tomasini, Domenghini, Nenè, Gori, Greatti, Riva. C'è anche chi aggiungeva qualche nome, come Comunardo e Ricciotti. Chi soltanto una sorta di epiteto, tipico dei grandi guerrieri: Rombo di Tuono.
"Cagliari campione". Titoli, sommari, occhielli, foto, commenti ed elezeviri. Ritagli di tempo, tra archivi e racconti. Un profluvio di parole trionfanti per celebrare un'impresa degna di Amsicora
Una saracinesca alta quanto il Gennargentu. Un fuoriclasse capace di blindare qualunque porta. Solo gli strepitosi autogol di Niccolai e, forse la grandezza di Pelé, potevano scalfire la forza di un portiere come Enrico Albertosi. Non credete agli altri, è lui il più grande di sempre