L a nuova stretta di Pechino sugli investimenti cinesi all’estero – ordinata dal Consiglio di Stato il 18 agosto scorso - punta a limitare in modo più rigido rispetto al passato le acquisizioni nello sport, negli alberghi e nell’intrattenimento. Ma le direttive del governo cinese non porteranno a zero le acquisizioni nel calcio, che le nuove disposizioni fanno rientrare tra i settori “ristretti”. Ne sono convinti gli analisti interpellati da AGI. Dopo lo shopping cinese di Inter, acquistata dal colosso Suning di Zhang Jindong, e del Milan, comprata da Rossoneri Sport Investment di Li Yonghong, le recenti indiscrezioni sul possibile interesse di Great Wall Motors all’acquisto di Fca - smentite dal Lingotto - per qualche fantasioso tifoso bianconero potrebbe tradursi nell’immediata possibilità di un’estensione delle mire cinesi sulla Juventus. Ipotesi da fantamercato? La doppietta Pirelli-Inter suggerisce un’equazione perfetta (la prima acquistata da ChemChina nel 2015): se i cinesi comprano Fiat o parti di essa, anche il club calcistico detenuto dalla famiglia Agnelli potrebbe un giorno passare in mano cinese?
Lo scenario dopo le voci sull'acquisto di Fca
“Non escludo che i cinesi possano mostrare un interesse per la Juventus”, ha detto all’AGI Michele Geraci, docente di economia alla Nottingham University Business School China e direttore del Global Policy Institute China. Ci muoviamo chiaramente nel campo delle ipotesi. “Se un gruppo cinese dovesse comprare Fca, vi sarebbe una logica industriale dietro a un eventuale operazione di acquisto che riguarderebbe il club calcistico della famiglia Agnelli”. Come a dire: un marchio importante a consolidare la presenza cinese a Torino. Nell’ambiente di restrizioni che oggi regna in Cina, un ipotetico investimento sulla Juve “potrebbe passare il filtro perché storicamente associato al brand Fiat”. Il pensiero corre a Pirelli passata nelle mani di ChemChina per un valore di sette miliardi di euro, operazione cui è seguito anni dopo l’acquisto dell’Inter da parte del gruppo guidato da Zhang Jindong. Il terreno era pronto: “Non è che Suning si è svegliata all’improvviso”. Senza dimenticate le voci di un possibile interesse di investitori cinesi su Mediaset mentre procedeva la trattativa di Li Yonghong sul Milan.
“L’ipotesi di un interesse cinese per la Juventus per il momento è fantamercato”, commenta Alberto Rossi, responsabile Marketing Operativo e Analista CeSIF della Fondazione Italia Cina, co-autore insieme a Filippo Fasulo di “Cina 2017”. “Bisognerebbe prima immaginarsi che Great Wall arrivi a comprare Fca. In questo caso, l’acquisto del club bianconero non sarebbe di certo automatico, e non solo per una questione di passaggi societari, visto che di fatto la Juve è controllata da Exor”.
L’influenza della politica cinese sugli investimenti nel calcio italiano
La politica restrittiva di Pechino – motivata principalmente dalla lotta alla fuoriuscita di capitali - non significa rubinetti completamente chiusi, “ma certo ha inciso sulla fatica con cui procedono gli acquisti dell’Inter”, ha spiegato Alberto Rossi. Anche la Gazzetta legge nel recente cambiamento di strategia di mercato da parte di Suning - “si compra solo se prima si incassa” con Sabatini e Ausilio che si sono visti “svuotare il portafoglio” - un riflesso dei recenti indirizzi del governo cinese.
Ma Rossi invita alla prudenza: meglio aspettare l’esito del Congresso del PCC in autunno, che sancirà il rinnovamento della leadership e segnerà l’inizio del secondo mandato dell’attuale presidente Xi Jinping, prima di correre a facili conclusioni. “In questa fase di preparazione al Congresso, molte aziende e figure si stanno riposizionando”, ha detto l’analista. “Non bisogna stupirsi più di tanto se un’azienda privata come Suning non abbia fatto acquisti faraonici in tema di campionato. Di certo non è questo il clima adatto per andare contro le direttive del governo, che impone attenzione in certi settori”. Bisogna dunque attendere l’appuntamento politico autunnale per capire il posizionamento di Suning, e stabilire se il clima politico cinese possa avere o meno ripercussioni sui futuri investimenti dell’Inter.
Si investirà meno sul calcio. Ma non niente
Di un simile avviso è Michele Geraci. “La stretta del governo cinese sulle acquisizioni estere non porterà a zero gli investimenti sul calcio: le restrizioni porteranno sì a una diminuzione degli investimenti nei settori vigilati ma non a un azzeramento”, spiega l’economista. “L’obiettivo di Pechino è di monitorare con maggiore attenzione le acquisizioni portando avanti quei progetti che presentano chiari interessi economici e strategici – continua Geraci -. Il calcio non fa eccezione: il governo cinese approverà gli investimenti strategici utilizzando criteri più rigidi che daranno luogo a una selezione più stretta”.
Stretta che non fermerà gli investimenti cinesi nello sport “anche perché siamo a cinque anni dalle Olimpiadi invernali che si disputeranno in Cina nel 2022”, ha spiegato all’AGI Davide Cucino, presidente della Camera di Commercio italiana in Cina. Il focus di Pechino non sarà solo sugli sport invernali ma anche sulla “riqualificazione del settore in generale”. In altre parole: “Potrebbe esserci sì un giro di vite sulla corsa a comprare i club esteri più importanti, ma è difficile immaginare una stretta generale”, ha aggiunto Cucino. Proprio in questi giorni – dicono fonti all’AGI - una delegazione del Trentino con al seguito aziende nel settore degli sport invernali è in visita in Cina per portare avanti dialoghi nella cornice del Comitato olimpico. Oltre all’impegno cinese sulle Olimpiadi, c’è di più. “La Cina sta perseguendo un piano di medio-lungo termine che riguarda il rilancio del pallone”, con misure che vanno dall’introduzione del calcio tra le materie obbligatorie nelle scuole elementari e medie alla riforma dello sport che punta a far crescere i campioni locali, creando 50mila nuove scuole di calcio entro il 2025. “L’ambizione del presidente Xi Jinping – dice Cucino - è di ospitare un giorno i Mondiali”. E magari vincerli.
Il presidente Xi Jinping anni fa aveva puntato sul calcio e sull’intrattenimento. Negli ultimi tre anni le aziende cinesi hanno speso decine di miliardi di euro per comprare club calcistici nel Regno Unito, in Spagna, in Francia, in Italia e in Germania. Le squadre cinesi della Super League hanno speso 451,3 milioni di dollari nel 2016 per assicurarsi i grandi campioni, arrivando al quinto posto a livello mondiale (dal ventesimo, raggiunto nel 2015) dietro Premier League, Bundesliga tedesca, Liga spagnola, Serie A italiana.
“Oggi il panorama è mutato: la tensione finanziaria e il calo della valuta estera hanno chiaramente portato le autorità a frenare gli investimenti ritenuti non strategici”, ha sottolineato Alberto Rossi. Oggi – con la nuova stretta e il Congresso alle porte - se un gruppo cinese volesse partire all’acquisto di una squadra di calcio, farebbe sicuramente molta fatica.
Il destino del Milan
La nota del Consiglio di Stato e la circolare dell’NDRC della scorsa settimana, non fanno riferimento alla scadenza del 30 settembre relativa alle precedenti restrizioni, decise a fine novembre del 2016, invocate dall’attuale proprietario del Milan, Li Yonghong, come la causa della mancata autorizzazione a versare le rate per l’acquisto del club, vedendosi così costretto a rinviare diverse volte il closing e infine a comprare la squadra rossonera con un nuovo veicolo societario offshore, e soprattutto con un prestito sostanzioso del fondo americano Elliott. Per ottenere il prestito da 303 milioni dell’hedge fund, sono state impegnate le azioni del club, con un tasso di interesse molto alto, dell'11,5% per 18 mesi, come anticipato nel nostro ebook Diavoli e Dragoni. Ed è possibile immaginare che sia uno dei motivi per cui il Milan ha faticato a impegnare ulteriori azioni a garanzia delle fideiussioni per l'acquisto di Bonucci e Biglia - due tra gli acquisti più importanti del nuovo Milan - che fino al 4 agosto non potevano essere schierati in campo senza una banca che garantisse i soldi per il loro acquisto. Le due fideiussioni, in un primo momento negate da Banca Bpm, sono state depositate da Banca Ifis nel pomeriggio del 4 agosto.
“Se la scadenza del 30 settembre viene prorogata, Li Yonghong avrà una motivazione in più per continuare a sostenere di non poter utilizzare la cordata di investitori che da tempo sostiene di aver creato in Cina. Ma se la scadenza fosse ancora effettiva, a quel punto Li si troverebbe a dover dimostrare l’effettiva esistenza della medesima cordata”. In ogni caso, al misterioso uomo d’affari resta il problema di come ripagare Elliot entro la fine del 2018. Esclusa la quotazione alla Borsa di Hong Kong, per la quale occorrono requisiti che il Milan non ha (tra cui almeno tre anni sotto la gestione dello stesso management), per risarcire Elliott, a Li non resta che sperare su una lista di investitori cinesi.