W ashington - Il presidente americano, Barack Obama, potrebbe partecipare ai funerali di Muhammad Ali che si svolgeranno venerdì prossimo a Louisville, in Kentucky. "So che lo sta prendendo in considerazione", ha riferito il sindaco della cittadina americana, Greg Fisher. La Casa Bianca non ha confermato l'eventualita'. "Ali era una persona super che si è distinto in tutti i campi, dallo sport alle arti, alle attivita' umanitarie. Apparteneva al mondo intero". Louisville e' la citta' natale di Cassius Clay. I funerali si terranno venerdi' prossimo e l'elogio funebre è stato affidato per scelta della famiglia all'ex presidente Bill Clinton.
Intanto trapelano alcuni dettagli sulla morte del grande pugile. Il decesso è avvenuto per uno shock settico causato da ragioni naturali, ha riferito un portavoce della famiglia, Bob Gunnell, nel corso di una conferenza stampa in Arizona. Il portavoce ha peraltro confermato che al suo arrivo giovedì sera in ospadale, le condizioni di Ali non apparivano così gravi.
"Il suo cuore ha continuato a battere per 30 minuti, mentre tutti gli organi avevano smesso di funzionare", ha raccontato su Instagram una figlia di Ali, Hana, "una cosa mai vista. A testimoniare la forza del suo spirito e della sua volontà".
L'ex campione del mondo dei pesi massimi si è spento al'età di 74 anni a Phoenuix, in Arizona, dove era stato ricoverato giovedì pomeriggio per problemi respiratori. Le sue condizioni erano state subito dichiarate critiche. La sua salute era gradualmente peggiorata da quando gli era stato diagnosticato il morbo di Parkinson nel 1984, quando aveva 42 anni.
I funerali si terranno venerdì prossimo nella sua città natale Louisville in Kentucky, dove il mito e' stato omaggiato con corone di fiori e bandiera a mezz'asta in segno di lutto. L'elogio funebre è stato affidato per scelta della famiglia all'ex presidente Bill Clinton. Elemento che non potra' non giovare alla moglie Hillary, impegnata a conquistare la nomination democratica per le elezioni presidenziali, anche se l'ex First Lady dovrebbe riuscire già tre giorni prima del funerale, il 7 giugno a conquistare i 2.383 delegati necessari per assicurarsi la candidatura, quando si voterà in diversi Stati, tra cui la California.
"E' stato un campione che ha combattuto per quello che era giusto, ha combattuto per noi", l'omaggio di Barack Obama. "Ha scosso il mondo, un mondo che per questo e' migliore". E' stato "il piu' grande, punto e basta. La sua battaglia fuori dal ring gli e' costata il suo titolo, gli ha procurato tanti nemici", ha aggiunto il presidente che si e' detto "grato a Dio per averlo potuto conoscere di persona".
VIDEO - I 10 K.O. più famosi di Muhammad Alì
Muhammad Alì, all'anagrafe Cassius Marcellus Clay Jr., è considerato il più grande pugile di tutti i tempi e un paladino dei diritti umani. Ha vinto tre volte il titolo mondiale dei pesi massimi, dopo l'oro olimpico conquistato a Roma nel 1960. Era nato a Louisville, in Kentucky il 17 gennaio del 1942. Ma la sua influenza, fuori dal ring, non è stata da meno, dalla conversione all'Islam al gran rifiuto ad andare a combattere in Vietnam che gli costò il ritiro della licenza pugilistica e l'interruzione dell'attivita' dall'aprile del 1967 al settembre del 1970, quando era già il numero uno.
La farfalla e il profeta, la rivoluzione del "Greatest of all Time"
Gli effetti del morbo di Parkinson, il grande rivale che fronteggiava dalla metà degli anni '80, furono svelati al mondo dal tremore delle mani mentre accendeva la torcia olimpica nel 1996, ai Giochi di Atlanta. Lui lo accettò come "un messaggio di Dio" senza mai farne un dramma: "Un giorno ero in cima al mondo, il più veloce, il più bello, il miglior pugile di tutti i tempi", rievocò, "il giorno dopo tremavo, tremavo... Esattamente come è successo agli altri 2 milioni di persone che nel mondo soffrono per il Parkinson. Ma non sono arrabbiato, né disperato". L'unica sua certezza era che non fosse la conseguenza dei colpi subiti sul ring: "O tutti e due i milioni di malati di Parkinson sono pugili?", era la sua osservazione. "Dio mi ha messo in cima al mondo, e adesso mi sta sottoponendo a un esame". Tra i primi a esprimere il cordoglio ci sono stati proprio i grandi del pugilato. Bellissimo il tweet di George Foreman, il grande rivale insieme a Jose Frazier, morto nel novembre 2011: "Alì, Frazier & Foreman eravamo una persona sola. Una parte di me se ne è andata, la parte più importante". "Dio si è preso il suo campione", ha twittato Mike Tyson.
VIDEO - Lo storico incontro Muhammad Alì e George Foreman a Kinshasa nel 30 ottobre del '74
La velocità e la forza, la lunga battaglia per i diritti civili e quella contro la malattia, ci mancherà #MuhammadAli
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 4 giugno 2016
"The Greatest of all time" era stato ricoverato l'ultima volta nel gennaio del 2015 per una forte infezione alle vie urinarie e già in quell'occasione si era temuto per il peggio. La sua ultima apparizione in pubblico risaliva al 9 aprile a Phoenix, dove risiedeva diversi mesi l'anno, alla cena delle Celebrity Fight Night: indossava occhiali scuri e sembrava indebolito.
L'Islam e quel pugno in faccia all'America cristiana
Negli anni, il deterioramento della sua salute non ha fiaccato il suo spirito da lottatore. Lo scorso dicembre aveva fatto irruzione anche nella campagna elettorale americana con una dichiarazione contro il candidato repubblicano alla presidenza Donald Trump che ha proposto di bandire i musulmani dagli Usa. "Noi come musulmani - aveva avverto Alì - dobbiamo reagire contro coloro che usano l'Islam per portare avanti la loro agenda personale".
It's been said it was Rope a dope, Ali beat me with no his beauty that beat me. Most beauty I've know loved him pic.twitter.com/G64WX3eyZC
— George Foreman (@GeorgeForeman) 4 giugno 2016
Sul podio dei più grandi di tutti i tempi della boxe, ad Ali si possono avvicinare solo Sugar Ray Robinson, Joe Louis e Rocky Marciano. La sua era una boxe innovativa e fantasiosa, un misto di intelligenza tattica e agilità che gli permetteva di sferrare colpi devastanti con un guizzo improvviso. Ma la sua leggenda nacque anche fuori dal ring: le sfide verbali ai grandi rivali Joe Frazier e George Foreman, e le battaglie per i diritti civili rimarrannno scolpiti nella storia dello sport. Proprio Foreman lo definiì "un profeta, un eroe, un rivoluzionario", un tributo al "più grande".
Muhammad Ali aveva un antenato italiano. Nel vastissimo albero genealogico del più grande pugile della storia spunta Bartolomeo Tagliaferro divenuto negli anni Bartholomew Taliaferro. Un grado di parentela molto lontano, legato alla mamma di Cassius Marcellus Clay jr, Odessa Lee Grady Clay, che aveva soprattutto antenati irlandesi ed inglesi. Bartolomeo Tagliaferro era un cittadino della Repubblica di Venezia che, attorno al 1550, si trasferì a Londra nel Regno d'Inghilterra dove, come narra la storia, divenne musico alla corte di Elisabetta I d'Inghilterra. Il nipote di Bartolomeo, Robert, figlio di Francis, nel 1647 si trasferì in Virginia negli Stati Uniti. La dinastia dei Taliaferro si conclude nel 1726 con la morte di Martha. (AGI)