N apoli - Non solo il traffico di sostanze stupefacenti ma anche puntate su gare di calcio taroccate. L'ombra della camorra sul mondo del pallone. Alcuni uomini della "Vanella Grassi", ovvero quelli che si sono separati sia dai Di Lauro che dagli Amato-Pagano, scatenando la cosiddetta "terza faida", sono finiti nel mirino della Procura di Napoli e stamattina, cosi' come confermato dal pm Filippo Beatrice titolare dell'inchiesta, si "è chiuso il cerchio". Dieci le ordinanze di custodia cautelare eseguite dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Napoli, delle quali 7 in carcere e 3 agli arresti domiciliari, firmate dal giudice per le indagini preliminari Ludovica Mancini, per un'inchiesta partita nel 2012 e riaccesasi nel 2015 grazie alla collaborazione dei tre boss Rosario Guarino, Mario Pacciarelli e Antonio Accurso, quest'ultimo fratello di Umberto, arrestato l'11 maggio dopo due anni di latitanza e sospettato di essere il mandante della sventagliata di mitra contro la caserma dei carabinieri di Secondigliano. E' indagato anche il giocatore del Genoa, ex Napoli e Avellino, Armando Izzo. "E' un colpo importante - spiega Beatrice - perché ci fa capire che la Vanella Grassi e i clan di Secondigliano non sono chiusi in se stessi e quando hanno la possibilità investono in altre attività i soldi proventi dei traffici di droga".
Sono due le gare per le quali la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ipotizza il reato di frode sportiva. In entrambe c'è di mezzo l'Avellino. La prima del 17 marzo 2014 contro il Modena e la seconda del 25 maggio dello stesso anno contro la Reggina. A quanto pare Antonio e Umberto Accurso, entrambi ritenuti esponenti del clan Vanella Grassi, avrebbero messo a disposizione 200mila euro e ne avrebbero consegnato una parte, 30mila, al calciatore Francesco Millesi tramite l'ex giocatore Luca Pini. Millesi avrebbe utilizzato tale somma - sempre secondo l'accusa - per corrompere altri giocatori. in particolare, avrebbe "influito" su Maurizio Peccarisi per favorire la rete del Modena contro l'Avellino in conformità dell'accordo illecito. Sulla gara in questione gli Accurso avrebbero scommesso 400mila euro euro, guadagnandone 60mila. In relazione ad Avellino-Reggina, sempre secondo l'accusa, Antonio Accurso avrebbe sborsato 50mila euro che sempre Pini avrebbe consegnato a Millesi per corrompere giocatori della squadra calabrese, non identificati, e favorire la vittoria dell'Avellino sulla quale lo stesso Accurso aveva scommesso 400mila euro guadagnandone 110mila.
Stando agli inquirenti, nel 2007 Armando Izzo, ancora quindicenne, aveva chiesto allo zio di essere affiliato alla camorra ma il boss, conoscendo le qualità da calciatore del nipote, disse di no. A prova di questo due verbali depositati agli atti dell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Napoli Ludovica Mancini. Accurso parla di un tentativo di "taroccare" una partita della Triestina, accordo saltato all'ultimo istante, perchè "Izzo - spiega il pentito - all'epoca era un ragazzino e mio fratello Umberto forse non seppe concludere l'accordo. Izzo successivamente mantenne frequenti contatti con noi essendo nipote anche lui di nostro zio Salvatore Petriccione, anzi posso dire che nel 2007 Izzo non voleva piu' giocare a pallone e voleva affiliarsi con noi della Vanella Grassi, ma noi ritenemmo importante per lui che giocasse a pallone e non gli demmo importanza". Anche Mario Pacciarelli in un verbale dice: "Armando è il fratello di Gennaro. Anche lui è cresciuto nel Lotto G. Armando, quando c'era Petriccione in libertà, voleva diventare un affiliato della Vanella Grassi, disse anzi al cugino Gaetano Petriccione che voleva fare 'il suo ragazzò, affiancarlo cioè in attività criminali e all'epoca Petriccione, pur se minorenne e suo coetaneo, già faceva parte del clan. Ma Salvatore Petriccione fece giungere al figlio un'ambasciata dal carcere, dicendo che Izzo, avendo un talento come giocatore di calcio, doveva seguire questa sua vocazione, come avrebbe desiderato il padre che era deceduto".(AGI)