S ono Davide, Sofia, i Booda e i Sierra i quattro finalisti dell’edizione 2019 di XFactor. L’edizione forse più sofferta e meno riuscita di un programma giunto in scioltezza fino alla dodicesima edizione, quella dello scorso anno, e incappato proprio alla numero 13 in un calo piuttosto preoccupante.
Colpa della sfortuna, sicuramente - non ci si poteva aspettare la rinuncia di tre giudici dello scorso anno su quattro - ma anche di scelte sbagliate. Il format è diventato abbastanza ripetitivo, batte il passo con quello schema fisso che naviga liscio tra cover, giudizio, televoto ed eliminazione, ma su questo si può intervenire fino ad un certo punto.
La debacle più grave riguarda i nuovi giudici. Sfera Ebbasta non è un tecnico, dell’artista ha solo i follower, per il resto manca della giusta credibilità, eppure probabilmente vincerà lui con la sua Sofia Tornambene, la timida diciassettenne di Civitanova Marche che, pur non svolgendo un percorso di gara fluido (certe sue esibizioni sono davvero da dimenticare), ha dalla sua un inedito riuscitissimo dal titolo “A domani per sempre” che sta già scalando le classifiche.
Mara Maionchi è l’ultima superstite del cast dei giudici degli ultimi anni, se funziona o meno è difficile dirlo (anche se sicuramente più dell’anno scorso) perché lei ha unito il suo volto a quello di questo programma e pensare a un XFactor senza lei - anche se non impensabile - sarebbe perlomeno sgradevole. Non ha alcuna possibilità di vincere dato che tutti i suoi concorrenti sono stati buttati fuori, avrebbe avuto qualche possibilità con Eugenio Campagna, che avrebbe potuto mettere sotto la sua ala tutta quella fetta di pubblico dedita all’ascolto del famigerato “indie”, ma il ragazzo nelle ultime puntate è andato totalmente fuori strada sotto tutti i punti di vista, sia vocale con delle esibizioni indegne di quel palco, sia caratteriale con quel “sono stanco” per il quale è stato rimproverato dal pubblico in studio, da quello sui social, da Cattelan, dai genitori e dalla stessa Maionchi. Morte annunciata, siamo pur sempre in tv.
Le sorprese arrivano tutte in zona Malika Ayane, partendo dalla stessa cantautrice che ci dispiace non aver potuto vedere alle prese con dei compagni di banco più tenaci. La Ayane fa quello che in versione Lexotan ha fatto Manuel Agnelli negli ultimi due anni: la cattiva. Non risparmia niente a nessuno, sta antipatica praticamente a tutti, ma è l’unica che parla di musica a quel tavolo ad un certo livello e sculaccia dialetticamente il giovine trapper Ebbasta diverse volte e sempre con una grazia invidiabile. Così facendo porta in finale, con enorme sorpresa da parte di tutti quanti, Davide Rossi, 21enne di Rieti, personaggio piuttosto anonimo che finora è riuscito a sopravvivere in gara più grazie ai fallimenti altrui che ai propri meriti. Quotata bassissima la sua uscita prima del round finale.
E poi c’è Samuel, voce dei Subsonica, artista che insieme alla sua band ha già lasciato un segno indelebile nella storia della discografia italiana. Nonostante un’incisività televisiva che rasenta il nulla cosmico, riesce a portarsi dietro in finale due band. I Booda, ovvero Alessio, Federica e Martina, tre ragazzi che propongono un mood techno/allegrotto che funziona moltissimo, specie se abbinato a scenografie scintillanti e coreografie ben architettate. Sono gli unici che possono davvero contendere la vetta a Sofia, quelli che funzionano meglio dal punto di vista musicale e televisivo. I Sierra invece vengono da Roma, sono due rapper che hanno viaggiato comodamente sulla scia aperta l’anno scorso da Anastasio; una sorta di gara a parte la loro dato che, di fatto, hanno presentato ogni settimana un inedito rap cantato sulla base di un pezzo più famoso. Massima resa con il minimo sforzo, prima di tutto perché, a prescindere dalla vittoria, stanno già sul mercato non con un singolo, ma con un intero album.
La differenza con Anastasio, che per cavalcare un cavallo imbizzarrito quale è il titolo di vincitore di XFactor (che mica sempre aiuta), sta svolgendo un percorso paziente e ben ponderato, è che i Sierra mancano, oltre che di uno stile di scrittura così strutturato e potente, anche di quel carattere, di quella storia, quel malessere che veste così bizzarro addosso a un 21enne e che ha fatto affezionare il pubblico della scorsa edizione ben oltre la messa in onda dello show. Insomma, difficile ce la facciano ad arrivare in fondo, dalla loro hanno solo il fatto di produrre musica del genere che più va in questo periodo storico, ma stringi stringi risultano deboli e innocui.
Questo è stato XFactor fino ad oggi, fino alla finale, e forse per la prima volta il programma non ci mancherà.