S uona quasi come un monito la fatale uscita in libreria oggi, subito dopo il varo del piano industriale 2019-20121 dell’ad Fabrizio Salini e prima della sua audizione in commissione di Vigilanza chiesta dopo il richiamo dell'Agcom per il rispetto del pluralismo, della testimonianza di un giornalista doc che dalla tv pubblica, parole sue, si è sentito “mangiato e poi sputato”.
Nel suo libro ‘Roma non perdona, come la politica si è ripresa la Rai’ edito da Feltrinelli, Carlo Verdelli, neodirettore di Repubblica, il quotidiano artefice dello scoop non smentito sull’irrituale incontro tra il vicepremier Matteo Salvini e Salini che sarebbe avvenuto pochi giorni prima del voto del cda, il 6 marzo, sul suo piano industriale, fa una cruda disamina della sua esperienza: “La Rai mi ha espulso come un corpo estraneo, gli ultimi che sono entrati nella grotta romana di Polifemo per curargli la vista non ne sono usciti benissimo. Il gigante se li è mangiati e poi li ha sputati a pezzettini. Parola di pezzettino”, sintetizza.
Il riferimento dell’epica frase e di tutto il libro che edito da Feltrinelli e anticipato il 6 marzo da una pagina del Corriere della Sera firmata da Ferruccio De Bortoli, sarà presentato da Walter Veltroni a Roma il 17 marzo e da Milena Gabanelli a Milano il 29 marzo, è alla tormentata esperienza da direttore editoriale dell’informazione Rai che Verdelli ricoprì dalla fine del 2015 alla sua resa, via dimissioni, nel gennaio 2017, quando il suo piano di riforma dell’informazione fu sonoramente bocciato dal cda.
l neodirettore di Repubblica era stato chiamato in epoca renziana dall’allora dg Antonio Campo Dall’Orto per coordinare le testate giornalistiche, una direzione poi abolita e a cui pure il nuovo piano industriale ha rinunciato: ora sul fronte informazione Tg1, Tg2 e Tg3 manterranno la loro autonomia, mentre verrà potenziato il polo all news con la creazione di una testata multipiattaforma che integrerà Rainews, Rainews.it, Tgr e Televideo.
La vera novità del piano sta invece nelle direzioni di contenuto, orizzontali, che depotenzieranno i direttori di rete, rendendoli, di fatto dei coordinatori di palinsesto senza risorse per comprare e produrre le trasmissioni. Dovranno prenderli da quelli scelti dalle nove direzioni dedicate a prime-time, intrattenimento day-time, intrattenimento culturale, fiction, cinema e serie tv, documentari, ragazzi, nuovi formati e digital, approfondimenti.
Per ampliare l'offerta della tv pubblica come previsto dal contratto di servizio, arriverà poi un canale in lingua inglese con un palinsesto basato su produzioni originali, contenuti provenienti da archivi Rai, spazi informativi e eccellenze cinematografiche italiane sottotitolate. Il fatto che il canale entri nell’orbita di Raicom, a vocazione commerciale, non è piaciuto al consigliere d’amministrazione eletto dai dipendenti Rai Riccardo Laganà che, insieme alla collega progressista Rita Borioni ha votato contro il piano che nelle intenzioni di Salini dovrà dare un nuovo volto alla Rai tenendo conto “del processo di digitalizzazione dei media, del mutato scenario competitivo” e che tra i suoi obiettivi ha “l’elaborazione di contenuti pensati per piattaforme digitali e un’organizzazione e una cultura della Rai focalizzate sul prodotto e sulle aspettative del pubblico.
L'incontro tra Verdelli e Campo Dall'Orto
Ma questo riguarda il prossimo futuro: tornando al primo fatale incontro tra Verdelli e Campo Dall’Orto i due neanche si conoscevano e come racconta il neodirettore di Repubblica nel libro il dg gli diede un appuntamento in una yoghurteria milanese (poi era chiusa e andarono in un bar vicino) per sondare la disponibilità di un professionista per riorganizzare l’offerta informativa. “Scusa Antonio. Tu sei lì perché ti ci ha messo Renzi, giusto? Gli hai detto di me?”, chiese Verdelli. Risposta del direttore generale: "Non credo sia necessario".
Ma poi glielo comunicò ricevendo una risposta tranquillizzante: “conta il curriculum”. Verdelli, così racconta, non aveva fatto i conti però con il muro che gli eressero a viale Mazzini l’Usigrai (sul piede di guerra anche adesso) l’allora presidente Monica Maggioni, e gran parte del consiglio d’amministrazione con Arturo Diaconale, in quota centrodestra, sicuro che venendo dal Corriere della sera e avendo collaborato con Repubblica, Verdelli fosse espressione di “un certo tipo di rapporti con due lobby molto forti, la Fiat e De Benedetti, i due puntelli principali del premier”.
Ostilità diffusa e acuita dall’ingaggio nella sua nuova struttura, dell’editorialista di Repubblica Francesco Merlo a cui si aggiunse, dopo un po’, il fuoco amico del cerchio magico renziano, guidato dal deputato Michele Anzaldi, definito “il pallido Lothar di Renzi” e la bocciatura del grillino Roberto Fico, allora capo della commissione di Vigilanza e oggi presidente della Camera: "Il punto oscuro della Rai è la struttura che fa capo a Verdelli", sentenziò Fico, facendo seguire lo slogan “fuori i partiti dalla Rai”. Scrive Verdelli riferendosi ai grillini: “Loro sì che hanno liberato il servizio pubblico: dagli altri”.
Perché il libro è certamente critico sulla Rai renziana che lo masticò e lo espulse, con il direttore che a un certo punto si rivolge direttamente all’ex premier scrivendo:
“Caro Matteo, a proposito di share e numeri televisivi. I dati della Rai che proprio tu avevi voluto non erano male, eppure dubito della tua estraneità circa l’espulsione di chi li aveva ottenuti. Forse, dico forse, l’hai addirittura incoraggiata, attribuendo al servizio pubblico la colpa, tra le tante, di non aver fatto abbastanza per farti vincere quel maledetto referendum”.
Ma il libro sull’abbraccio mortale tra la capitale, la politica e la tv pubblica risparmia affatto la Rai gialloverde: il neodirettore di Repubblica ricorda la frase del vicepremier Luigi Di Maio, secondo cui la più grande sfida del suo governo è quella di “mettere le mani sulla Rai, farla ripartire e garantire il merito, una sfida che dovrà essere combattuta non solo dal presidente Marcello Foa e dall’amministratore delegato Fabrizio Salini ma da tutti noi politici tenendo le mani della politica il più lontano possibile dalla Rai”. E Verdelli la commenta così: “Metti le mani, togli le mani. Un po’ come “metti la cera, togli la cera del maestro Miyagi a Karate Kid”.